Mostre, “Sacra Neapolis”: alla Pietrasanta il tempo sacro del vivere

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di Fiorella Franchini

Nell’antica Neapolis abitata da Greci e Romani, genti italiche e comunità di egiziani, giudei e fenici, ognuno dei quali ha portato con se usi, costumi e religioni diverse, pur evocando un’idea di straordinarietà, il sacro ha sempre coinciso con la normalità, con il quotidiano, con il vivere. Dentro questo tempo sacro che abita intorno e dentro di noi, dentro il centro storico della città contemporanea, fino al 15 settembre 2019, è possibile ammirare una esposizione suggestiva intitolata “Sacra Neapolis – culti, miti, leggende”, collocata nel Lapis Museum, presso la Basilica della Pietrasanta, complesso religioso fondato sopra i resti del Tempio di Diana, protettrice delle donne. Nella cripta i reperti, provenienti dai depositi del Museo Archeologico ed esposti al pubblico per la prima volta, rimandano a un intreccio di storia, credenze, ritualità reciprocamente intrecciate che, armonicamente lette, danno ordine e bellezza a questo mondo e, come sosteneva Marco Aurelio, “…E quest’ultimo è unico, formato da tutte le componenti, unico è il dio che le attraversa tutte quante, unica la sostanza e unica la legge, la ragione comune a tutti i viventi intelligenti, unica la verità …”. Un progetto che nasce dalla collaborazione tra il Mann e l’Associazione Pietrasanta Polo Culturale Onlus per consolidare il già forte legame con l’Archeologico, ormai punto di riferimento nel tessuto urbano e simbolo dell’identità cittadina, che vuole rilanciare un modello efficace di collaborazione pubblico-privato che innesti altri progetti virtuosi per fabbricare sapere di qualità. Monete in argento e bronzo con incisi volti femminili, inscrizioni, sculture in marmo, busti e teste di donna risalenti tra il III e il IV secolo, piccole riproduzioni in terracotta componenti la stipe votiva di Sant’Aniello a Caponapoli, un bassorilievo ricco di simboli mitraici, le statue di Iside e Nike, restituiscono tracce del multiforme orizzonte mitico e religioso della Napoli greco romana. Parthenope, Artemide, Mitra, Iside, Janare e Menadi suggeriscono una spiritualità che era ed è un principio dinamico di cultura, che governa alcuni dei campi più importanti dell’attività umana: la magia, la religione, la morale e l’organizzazione sociale. Se da un lato fa percepire alla coscienza di essere al cospetto di qualcosa d’immenso e di avere sopra di sé un senso predefinito di destino che la sovrasta, una forza che gli si impone, dall’altro l’attrae fascinosamente. Ne consegue che, riprendendo il pensiero del teologo Vito Mancuso, “senso del sacro e retto esercizio della ragione guardano nella medesima direzione: più si utilizza la ragione, più aumenta il senso del sacro”. Sacra è anche la terra e i suoi movimenti, spesso divinità infernale e volubile, il percorso, infatti, si snoda nel pozzo dell’antico acquedotto fino a circa 40 metri sotto il piano stradale raccontando storie di conoscenza delle cavità sotterranea dove si evidenziano le tracce dei mastri cavatori di almeno 2000 anni e quelle dei pozzari, custodi dell’antico sistema idrico neapolitano. La mostra “Napoli – Storia, Arte, Vulcani”, curata dal vulcanologo Mauro Di Vito, illustra i fenomeni scientifici del territorio con una gigantografia di 5 metri sulla stratigrafia del sottosuolo, i diversi tipi di roccia e un filmato sull’eruzione del Tufo Giallo Napoletano, e quattro videowall col touch interattivo che consentono di visualizzare gli epicentri dei terremoti delle aree vulcaniche napoletane, attraverso un sistema, per la prima volta pubblico, che replica quello presente nella sala di sorveglianza dell’Osservatorio Vesuviano. Il progetto è completato dall’istallazione in Basilica, di 15 gouaches del Settecento e dell’Ottocento della collezione dell’Osservatorio Vesuviano, alcune delle quali di pittori famosi, che mostrano le emissioni del vulcano nei secoli scorsi, quando era in uno stato di attività semipersistente, con eruzioni spettacolari, completato dalle opere dell’artista Gennaro Regina che rimarcano il profondo legame tra l’arte, la scienza, il vulcano, il territorio. Tutto ci fa percepire di essere dipendenti da qualcosa di più grande e il sentimento di questo mistero continua nei cunicoli del sottosuolo non ancora accessibili dove altri simboli, forse legati ai riti d’iniziazione templari, rimandano a una devozione enigmatica e secolare. “Non ci interessa un sacro che non sia fioritura d’umano, che non accada al centro della vita” ha scritto Ermes Ronchi e a Napoli la spiritualità aleggia ovunque, si contamina con il profano permeando una filosofia che mette al centro l’essere e il senso ultimo dell’esistere nel vivere.