Morbo di Parkinson, nuove scoperte aprono la strada alla diagnosi precoce. Ceinge nel team di ricerca

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Nuove prospettive per la diagnosi precoce e la ricerca di cure innovative contro il Parkinson. Un team di ricercatori interamente italiano, composto da neuroscienziati, biochimici e neurologi del centro di ricerca Ceinge Biotecnologie Avanzate Franco Salvatore, dell’Università Vanvitelli, dell’Università di Pavia e dell’Ircss Mondino, ha messo in evidenza l’esistenza una nuova traccia neurochimica che correla i livelli sanguigni dell’aminoacido atipico D-serina con la malattia di Parkinson. In particolare, lo studio ha evidenziato che i pazienti con elevate concentrazioni nel sangue di D-serina hanno un esordio dei sintomi più tardivo rispetto ai pazienti con bassi livelli di D-serina, suggerendo un possibile effetto neuroprotettivo del D-amino acido sull’insorgenza della malattia. Inoltre, i ricercatori hanno trovato livelli di D-serina aumentati in pazienti di sesso femminile, mentre non hanno riscontrato differenze tra maschi affetti e rispettivi casi controllo. Questa scoperta, sottolineano i ricercatori, “apre nuovi scenari di applicazione della cosiddetta medicina di genere nell’ambito della malattia di Parkinson”. I ricercatori sono già al lavoro per studiare se le alterazioni del metabolismo della D-serina possono essere legate allo stress ossidativo, anch’esso implicato, come rilevato da precedenti studi, nella patogenesi della malattia di Parkinson. I risultati della ricerca, condotta da Alessandro Usiello, direttore del Laboratorio di Neuroscienze traslazionali del Ceinge e professore di Biochimica clinica dell’Università Vanvitelli, dalla professoressa Enza Maria Valente, responsabile del Centro di Ricerca in Neurogenetica della Fondazione Mondino di Pavia e dal dottor Alberto Imarisio, neurologo e dottorando presso l’Università di Pavia, sono stati pubblicati sulla rivista internazionale di settore Neurobiology of Disease. “Si tratta di uno studio preliminare – sottolinea Usiello – che potremo approfondire su casistiche di pazienti più ampie”. La ricerca è stata supportata dalla Fondazione Cariplo e dal progetto Mnesys finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca nell’ambito del Pnrr.