Monopolio, muro imbattibile? Consigli dal Rinascimento

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Secondo lo stile che ricorda Niccolò Machiavelli e Francesco Guicciardini, l’arbitro deve far bella mostra di possedere, insieme alla fermezza, le qualità dell’onestà, della lealtà, del fair play

Nelle gare che si giocano nel campo dell’innovazione del Bazar delle Follie può accadere che il vincitore prenda tutto. Il potere di mercato del nuovo monopolista è tale da generare forti disparità nella distribuzione del reddito e della ricchezza. Le crescenti diseguaglianze non si producono solo tra gli individui; anche le imprese ne sono soggette. Quelle tra loro che alzano alte barriere monopolistiche possono ottenere rendimenti sugli investimenti effettuati diverse volte superiori ai valori mediani. Epicentri della creazione del valore, le città si trovano di fronte a una stretta traiettoria tracciata dall’innovazione tra progresso e disparità. Come percorrerla? Se seguissero l’approccio schumpeteriano all’innovazione, non dovrebbero preoccuparsi dei nuovi monopoli. La loro forza cadrebbe di fronte alle forti spinte esercitate dai concorrenti potenziali, determinati a entrare nei più promettenti mercati emergenti. Dunque, lasciare che il mercato faccia il suo corso sarebbe la strategia migliore. E se i profitti monopolistici degli incombenti resistessero agli attacchi? Insomma, che fare se i mercati non fossero così efficienti ed equi come si potrebbe supporre? Il laissez-faire dovrebbe cedere il passo all’intervento pubblico regolatore delle anomalie che presentano i mercati. I diversi livelli di governo che entrano in campo in veste di arbitri: questo è ciò che siamo abituati a vedere. In prima linea nella battaglia contro i poteri monopolistici affinché si affermi la democrazia economica nell’ecosistema urbano dell’innovazione, quali motivazioni spingono i comportamenti arbitrali degli amministratori locali? Motivazioni che hanno le loro radici nella simulazione e negli interessi personali del principe o altre che li rigettano? Secondo lo stile che ricorda Niccolò Machiavelli (1469-1527) e Francesco Guicciardini (1483-1540), l’arbitro deve far bella mostra di possedere, insieme alla fermezza, le qualità dell’onestà, della lealtà, del fair play. Non è però detto che l’apparenza debba corrispondere alla realtà. Ciò che vale per i mercati dei prodotti e servizi non è meno vero nel mercato della politica dove il principe può con la sua condotta arbitrale curare il suo “particulare” e così costruirsi un monopolio politico, anch’esso foriero di disparità tra cittadini e tra imprese. Diversamente, l’arbitro che non aspira né alla conquista e al mantenimento di un potere monopolistico, né all’elogio della folla catturata dall’apparenza del suo agire, intende arbitrare realmente in modo corretto al fine di perseguire una prosperità condivisa e offrire opportunità non soffocate da qualsivoglia potere monopolistico. Saranno rinascimentali le città che daranno alla sfera dell’intervento pubblico la forma che aiuta a migliorare la vita della gente comune, le loro famiglie e le comunità, e pone pure le basi per l’imprenditorialità innovativa che sostiene i valori della democrazia economica contro una nuova era di monopolio imbattibile. 

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