Mobbing, analisi del fenomeno e profili penali

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Il mobbing,termine frequentemente usato nella pratica giudiziaria, è un’attività persecutoria posta in essere da uno o più soggetti. Si tratta di un comportamento vessatorio sistematico, avente le caratteristiche oggettive di una discriminazione reiterata e sorretta dalla consapevolezza di determinare uno stato di sofferenza tale da rendere penosa la permanenza sul luogo di lavoro.

I comportamenti connessi al fenomeno del mobbing nascondono talvolta un substrato motivazionale caratterizzato da discriminazioni di genere, religione, disabilità, cultura, orientamento sessuale e numerose tipologie di diversità. Le forme che può assumere sono varie: semplice emarginazione, assegnazione di compiti dequalificanti, critiche ingiustificate, fino a giungere al licenziamento.

Il lavoro, inteso come baricentro del benessere di una società e del singolo, viene demolito, poiché il mobber incide negativamente sulla produttività e sulla realizzazione della vittima.

Esperti in neuropsichiatria e in medicina del lavoro hanno evidenziato che il fenomeno è diffuso in tutte le realtà lavorative e che le condotte di mobbing determinano gravi ripercussioni sulla salute psico-fisica della persona, la quale può somatizzare le tensioni. I disturbi relativi alla sfera psichica possono essere: attacchi di panico, crisi di pianto, nevrosi depressive.

L’individuo può persino porre in essere condotte auto ed etero lesive: fare abuso di alcol, farmaci. Non di rado si ravvisano tendenze all’isolamento che possono degenerare in disturbi psichici tali da sostanziarsi in tentativi di suicidio.

Sul datore di lavoro grava il generale obbligo del neminem laedere, ma anche l’obbligo specifico di protezione del lavoratore, integrato poi dalle obbligazioni derivanti da contratto di lavoro.  Dunque «l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro».

Non esiste un “reato di mobbing”, sono differenti le fattispecie criminose riconducibili alle condotte del mobber. Gli atti posti in essere dal persecutore in esecuzione del proprio disegno possono integrare i reati di ingiuria e diffamazione (lesivi del decoro e della reputazione della persona), violenza privata, lesioni, maltrattamenti o abuso d’ufficio.

Negli ultimi anni la Giurisprudenza tende ad inquadrare il mobbing nel reato di maltrattamenti in famiglia. La configurabilità del delitto di cui all’art. 572 c.p. richiede però la sussistenza di un rapporto, tra agente e soggetto passivo, caratterizzato da un potere autoritativo, esercitato dall’agente sul soggetto che versa in una condizione di apprezzabile soggezione. La Suprema Corte è intervenuta sulla questione precisando che il delitto di maltrattamenti in famiglia è applicabile ai rapporti di lavoro purché abbiano carattere parafamiliare. Sono necessari un’impronta fiduciaria e uno stretto legame lavorativo, come tra l’avvocato e il praticante, il padrone di casa e il domestico.

Nelle realtà aziendali di medie o grandi dimensioni non si instaura quella intensa relazione tra datore e dipendente, per cui in tali ipotesi le condotte vessatorie integrano, di caso in caso, differenti tipologie di reato.