Al titolare del Bazar delle Follie, rivolgiamo questa domanda: chi è il dio dei venti della nuova imprenditorialità? Sono i politici, gli incombenti nei mercati o, ancora, gli interessi particolari saldamente radicati nella società civile? E se, invece, come noi pensiamo, si fosse quel dio incarnato nelle persone appassionate – più o meno giovani, ma tutti di talento – che, seguendo il pensiero di Michelangelo, credono che “Il più grande rischio per la maggior parte di noi non sta nel fissare un obiettivo troppo alto e non riuscire a raggiungerlo, ma nello stabilirne uno troppo basso e ottenerlo”? Il futuro appartiene agli entusiasti che abbracciano lo spirito imprenditoriale. Costoro aspirano all’autonomia, vogliono mettere a frutto la loro creatività, sono intenzionati a dare un nuovo significato alla loro vita. La generazione del Millennio è alla testa dell’avanguardia imprenditoriale. Nel Gennaio 2104, il Deloitte Millennial Survey indicava nel 70% la quota dei Millennial che preferisce un lavoro indipendente rispetto al tradizionale posto di lavoro alle dipendenze. Lo spirito imprenditoriale soffia ancora più forte di quanto segnalato dalla Deloitte. Un numero crescente di lavoratori dipendenti si propone di agire imprenditorialmente nell’impresa che li occupa. La loro aspirazione è di creare nell’impresa qualcosa che oggi non esiste. Essi aprono nell’edificio del lavoro una nuova finestra professionale, quella dell’intraprenditore. La tecnologia cancella posti di lavoro. Nelle startup innovative la sproporzione è forte tra la loro valutazione sul mercato e i posti di lavoro creati (YouTube e Instagram docet) – si tratta di imprese raramente ad alta intensità di lavoro. Ci vogliono quindi tanti investimenti per creare tante imprese affinché un’onda molto alta di crescita imprenditoriale possa penetrare nel terreno altrimenti arido del lavoro. È proprio vero, come pretendono taluni economisti di grido e decisori politici estranei alla cultura e alla pratica dell’imprenditorialità innovativa, che la politica macroeconomica è la stella guida della nostra vita economica? Quanto peso hanno, invece, i grandi sommovimenti tecnologici congiunti con l’imprenditorialità che li porta sul mercato? Quanto dell’inedito scenario è alla vista dei decisori politici? Il loro sguardo è rivolto al domani? Oppure essi scrutano oggi il mondo con un occhio che è rivolto alle pratiche del passato? Deve il contenitore delle politiche economiche finora messe in atto essere svuotato essendo le misure fin qui adottate chiaramente inadeguate e insufficienti se confrontate con la Grande Trasformazione in corso?