Mezzogiorno “seconda Italia”, l’appello dei vescovi: liberare creatività del Sud

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“È necessario “porre argine a una delle disuguaglianze storiche dell’Italia”, la distanza tra Nord e Sud. Lo scrive la commissione della Conferenza episcopale italiana (Cei) per i problemi sociali e il lavoro in un messaggio per il primo maggio. “Il Meridione – si legge nel testo diffuso oggi – è una terra che nel corso dei decenni ha subìto un depauperamento economico e sociale tale da trasformare queste regioni in una seconda Italia, povera, sofferente e sempre più infragilita. L’emigrazione è il tratto macroscopico di questa situazione: negli ultimi dieci anni hanno abbandonato il Sud oltre 700mila persone, giovani, laureati, studenti, imprenditori tutte persone che, quasi sempre a malincuore, hanno lasciato la propria terra con l’amarezza di non poter contribuire alla sua rinascita. Ciò che colpisce e inquieta di questa situazione è la mancanza di consapevolezza rispetto al fatto che il destino delle diverse aree del Paese non può essere disgiunto: senza un Meridione sottratto alla povertà e alla dittatura della criminalità organizzata non può esserci un Centro-Nord prospero. Non è un caso che le mafie abbiamo spostato gli affari più redditizi nelle regioni del Nord, dove la ricchezza da accaparrare è maggiore”. 

Sotto questo profilo, prosegue la Cei, “le misure da mettere in campo sono numerose. In prima battuta, è necessario prevedere uno strumento di contrasto alla povertà che poggi su basi universalistiche e supporti le persone che hanno perso il lavoro, soprattutto gli adulti tra i 40 e i 60 anni che non riescono a trovare una ricollocazione. Oltre a quanto già indicato circa l’incentivazione di forme di dialogo scuola-lavoro, bisogna dare spazio all’innovazione e alla creatività, creando le condizioni per un sistema produttivo capace di liberare la fantasia e le capacità dei giovani e di tutte le persone con buone idee. A ben vedere, lungo queste direttrici qualcosa si sta muovendo, sia a livello istituzionale sia dentro la società civile e il mondo dell’impresa. Tuttavia, la strada è ancora lunga perché l’Italia è stata per troppo tempo ferma: è giunto il momento di ricominciare a camminare, nessuno escluso, mettendo in pratica quell”ecologia integrale’, che è la base del nostro stare al mondo”.