Mercati esteri, la Campania cancella la crisi: spingono l’agroalimentare e l’aeronautica

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L’export della Campania ritorna ai livelli pre-crisi grazie alle nuove tecnologie e, ancor di più, grazie alla tradizione. Forti dell’impareggiabile appeal che esercitano sui consumatori internazionali, il food e il luxury L’export della Campania ritorna ai livelli pre-crisi grazie alle nuove tecnologie e, ancor di più, grazie alla tradizione. Forti dell’impareggiabile appeal che esercitano sui consumatori internazionali, il food e il luxury targati Made in Naples fanno infatti da traino alla ripresa. Una ripresa che nei prossimi anni sarà spinta, manco a dirlo, dai mercati emergenti. Ma attenzione: oltre che nei celebri “Brics”, si faranno affari anche in destinazioni meno battute come Arabia Saudita, Angola, Cile, Filippine e Thailandia oltre che in paesi collaudati come Canada e Francia. È quanto emerge da Rethink, il rapporto previsionale elaborato da Sace sull’evoluzione del nuovo export italiano presentato a Napoli lo scorso 7 luglio a Palazzo Partanna nell’ambito di un dibattito cui partecipano il presidente dell’Unione Industriali di Napoli, Ambrogio Prezioso, il numero uno e il responsabile Studi economici di Sace Giovanni Castellaneta e Alessandro Terzulli, l’amministratore delegato di Magnaghi Paolo Graziano, il patron di Harmont & Blaine e vicepresidente all’Internazionalizzazione dell’Unione Industriali, Domenico Menniti, il presidente di Adler Group Paolo Scudieri. Crescita a due cifre Motori della ripesa economica sui mercati esteri sono, come detto, innanzitutto i settori del Made in Italy tradizionale che permettono di registrare un 2 per cento di crescita complessiva nel 2013 per le esportaizoni campane. “Non è una cifra da capogiro – precisa Terzulli – ma considerando il contesto di stagnazine è una performance molto buona”. In cima alla classifica dei prodotti campani più venduti all’estero ci sono quelli dell’agroalimentare con 2,3 miliardi di euro di exporte e una crescita del 5 per cento rispetto all’anno scorso; segue il settore moda, che ha realizzato 1,1 miliardi di euro di export, in crescita del 7 per cento, con risultati ancora più sorprendenti nell’alto di gamma. Boom dei distretti Ma spiccano anche i comparti a medio- alta tecnologia, molto internazionalizzati e inseriti nelle catene globali del valore. Molto positiva ad esempio la performance estera del settore dei mezzi di trasporto, con 1,7 miliardi di export e una crescita del 3 per cento. Vero traino di questo risultato è il polo aeronautico, che si è arricchito negli anni di una filiera di piccole e medie imprese locali, e che da solo rappresenta oltre il 60 per cento dell’export del settore. A fare la differenza, in questo caso, è il boom di vendite in Francia e Stati Uniti che hanno fatto registrare una crescita del 22,1 per cento. E in effetti, proprio dai distretti arrivano i segnali di maggiore dinamicità. Quello della pasta, del caffè e dei prodotti da forno realizza una crescita del 10,8 per cento, il distretto delle calzature dell’8,2 per cento, il distretto delle conserve di Nocera dell’8,4. Unico neo il polo farmaceutico di Napoli, che segna un tonfo dell’11 per cento. “In questo caso – precisa Terzulli – hanno contato le strategie di delocalizzaizone delle multinazionali che in Campania non hanno veri poli produttivi”. A dare ancora più fiducia sono i dati previsionali. Tutti i comparti più forti della Campania trovano posto nella classifica Top Sector di Rethink, ovvero la classifica dei settori di punta per l’export italiano nei prossimi quattro anni (2014- 2017): dall’agroalimentare, best performer a livello nazionale, con previsioni di crescita dell’export all’8,9 per cento, alla meccanica strumentale (8,5 per cento) , fino al tessile e abbigliamento (più 7 per cento).