Nel contesto attuale, caratterizzato da rapide trasformazioni economiche e tecnologiche, è fondamentale soffermarsi su una riflessione molto importante ossia: come affrontare le sfide e cogliere le opportunità offerte da scenari globali in evoluzione?
Marco Mizzau, durante il suo intervento a Nextamina ha esplorato questo tema centrale, offrendo una visione che intreccia geopolitica, finanza e innovazione digitale.
Un approccio, a cui Mizzau ha dato il titolo di “A Time for Choosing” ispirandosi al famoso discorso di Ronald Reagan del 27 ottobre del 1964, che sottolinea la necessità di fare scelte consapevoli e strategiche per il futuro.
L’importanza del contesto geopolitico
Per comprendere il presente e pianificare il futuro, è essenziale partire dal quadro globale. Negli ultimi decenni, siamo passati da un mondo multipolare, come descritto nel report “The rise of the multi-polar world – Accenture ” pubblicato da Accenture nel 2007, a un sistema decisamente bipolare.
Da un lato troviamo l’Occidente, guidato dagli Stati Uniti, e dall’altro il blocco BRICS, con Cina, Russia e India in primo piano.
Questa transizione ha portato a una serie di cigni neri che rappresentano anche tendenze emergenti, come l’inflazione, l’emergenza climatica, l’invecchiamento della popolazione e l’ascesa di tecnologie dirompenti.
Tuttavia, Mizzau ricorda che, come affermava Einstein, “le crisi nascondono opportunità straordinarie”. Ma per riuscire ad affrontare queste sfide, le aziende devono concentrarsi su innovazione e produttività.
Le crisi economiche: lezioni dal passato
Se volgiamo lo sguardo alle grandi crisi economiche del passato, emerge un modello ricorrente che può insegnarci molto su come affrontare i momenti difficili del presente.
Dalla guerra del Kippur negli anni ’70, alla crisi dei mutui subprime nel 2008, fino al recente shock economico causato dalla pandemia di Covid-19, le crisi globali hanno sempre richiesto un arco temporale di almeno otto anni per una piena ripresa.
Tuttavia, questa ripresa è stata possibile solo grazie all’implementazione di strategie basate sull’innovazione e sull’aumento dell’indice di produzione industriale.
“Il mondo non è mai stato così ricco, ma mai così diviso”, sottolinea Mizzau, evidenziando un dato chiaro: le risorse globali sono cresciute, ma le disuguaglianze economiche si sono acuite. Questa dualità rappresenta una sfida particolarmente significativa per l’Europa, che fatica a mantenere la propria competitività di fronte a un mondo sempre più polarizzato.
L’Italia, nello specifico, viene definita dall’Economist il “grande malato d’Europa”. Questa definizione deriva non solo da una produttività stagnante, ma anche da un modello economico che stenta a innovarsi.
La dipendenza dalle piccole e medie imprese, senza un adeguato approccio industriale e sistemico per gli investimenti in infrastrutture e tecnologie avanzate, rappresenta un limite significativo alla crescita del Paese.
L’approccio di Ray Dalio e il ciclo economico
In questo contesto, l’analisi di Ray Dalio offre spunti preziosi per comprendere i meccanismi alla base delle crisi economiche e delle riprese successive. Dalio, uno dei più grandi investitori al mondo, basa le sue strategie sull’osservazione dei cicli del debito a breve e lungo termine.
Secondo Dalio, l’economia si basa sostanzialmente su due fattori chiave: inflazione e crescita. L’inflazione, ovvero l’aumento generale dei prezzi, riflette il costo della vita e la perdita di potere d’acquisto della moneta.
La crescita economica, invece, misura la capacità di espandersi, produrre beni e servizi e migliorare il benessere complessivo della popolazione.
Questi due indicatori, se bilanciati correttamente, possono guidare un Paese verso un percorso di sviluppo sostenibile.
Tuttavia, quando uno dei due fattori sfugge al controllo — come nel caso dell’inflazione galoppante o di una crescita stagnante — le conseguenze possono essere devastanti.
In questa inversione di marcia del mondo, dove c’è una guerra calda tra Russia ed Ucraina ed una guerra fredda tra Cina (19% Pil mondiale) ed USA (15%) “L’Europa si è messa in scia degli Stati Uniti” osserva Mizzau, ma “l’Europa dipende dal resto del mondo per gran parte delle sue materie prime essenziali e deve fare i conti con sfide interne ed esterne che ne limitano il potenziale”.
Bisogna dunque –secondo Mizzau– considerare lo scenario economico globale che vede:
- gran parte delle «terre rare» in Cina (nichel, rame, litio, cobalto, uranio);
- un terzo delle riserve mondiali di materie prime critiche nei giacimenti africani (la Cina ha il controllo su quasi 2/3 di essi);
- la stessa Cina che ha intuito da tempo il potenziale dell’Africa ed ha finanziato le infrastrutture critiche.
“Se il presente si chiama Cina, il futuro Africa (ma occhio anche all’India)”.
In tutto questo scenario dove si colloca l’Italia? Se l’Italia fosse un’azienda, che azienda sarebbe?
Mizzau afferma: se dovessi guardare con l’occhio clinico di un consulente, di un fondo di private equity, fondamentalmente l’Italia ad oggi sarebbe una piccola-media impresa, ovvero una società ad alto potenziale, a bassa crescita e con pochi azionisti privati ricchi.
Negli ultimi 10 anni il tasso di disoccupazione in Italia è aumentato del 70%, negli ultimi 25 anni ha avuto il tasso di crescita più basso in Europa e se guardiamo alla capitalizzazione di mercato valiamo due volte quella di LVMH, oltre al fatto che abbiamo solo 5 aziende nel ranking mondiale di Fortune delle prime 500 aziende per fatturato.
Nel 2019, quando è iniziata la crisi del Covid, l’Italia era ancora 3 punti percentuali sotto i livelli precrisi del 2008, data in cui arrivò l’impatto dell’effetto Lehman Brothers.
Ma ricordiamoci che nel 1962 l’Italia era la quarta potenza economica mondiale, tanto che addirittura Kennedy venne a visitare l’allora presidente Segni.
L’Italia era passata da un’economia agricola a un’economia industriale: nascevano i distretti, c’era la ceramica, l’occhialeria, nascevano le grandi industrie. Poi che cosa è successo?
Molti pensano che la crisi sia arrivata da quando siamo entrati nell’euro, altri che sia stato l’effetto rebound della crisi Lehman Brothers, altri ancora che la colpa risieda nella crisi del debito sovrano.
In realtà, la crisi di produttività in Italia è iniziata alla fine degli anni ‘80 quando la meritocrazia è calata ed il paese si è gremito di liberi professionisti, partite IVA, piccole e medie imprese, ed i distretti non si sono reinventati e le grandi aziende hanno cominciano a ridursi e a delocalizzarsi.
Come ci ricorda Roger Abravanel sono le grandi aziende industriali che generano high value jobs.
L’intelligenza artificiale come risposta alle crisi economiche
In un panorama così complesso, l’intelligenza artificiale può essere uno strumento essenziale per affrontare le sfide economiche e promuovere una ripresa sostenibile.
L’IA, grazie alla sua capacità di automatizzare processi, analizzare grandi quantità di dati e ottimizzare le risorse, può rappresentare una soluzione concreta per migliorare la produttività e stimolare l’innovazione.
Le piccole e medie imprese italiane, che costituiscono il 90% del tessuto economico nazionale, possono trarre enormi benefici dall’adozione di soluzioni basate sull’IA.
Tuttavia, come sottolinea Mizzau, solo il 33% delle PMI ha già avviato investimenti in questa direzione. Questo dato evidenzia la necessità di un cambio di mentalità e di un maggiore supporto da parte delle istituzioni.
“I fondi di private equity sono oggi più attenti che mai a valutare i rischi e le opportunità legati ai trend ESG e Deep Digital, e in particolare all’IA”, spiega Mizzau: “L’approccio tradizionale di acquisire il 100% del capitale di una PMI sta lasciando spazio a operazioni di aumento di capitale mirate, finalizzate a rendere le aziende più resilienti e competitive nei nuovi scenari globali”.
L’intelligenza artificiale offre opportunità straordinarie per promuovere la sostenibilità. Progetti come il QuantumBlack di McKinsey o le soluzioni di IBM per la filiera alimentare dimostrano come queste tecnologie possano affrontare problemi globali in modo innovativo.
Tuttavia, per sfruttare appieno questo potenziale, è necessario un approccio etico e consapevole.
“Dobbiamo reinventarci, ideando nuovi lavori che valorizzino ciò che ci rende distintivamente umani: emozioni, compassione, creatività”, conclude Mizzau.
Private equity, ESG e Deep Digital: le nuove leve per le PMI
In questo contesto, l’attenzione torna sulle piccole e medie imprese (PMI), che rappresentano il cuore pulsante dell’economia italiana. I fondi di private equity giocano un ruolo chiave nel supportare queste realtà, ma con un approccio rinnovato. Come evidenzia Mizzau:
“Oggi i fondi di private equity non si limitano più a comprare il 100% del capitale di una PMI, ma preferiscono operazioni di aumento di capitale per patrimonializzare le imprese, a patto che i proprietari abbiano chiari gli investimenti necessari in ESG, AI e Deep Digital per rendere l’azienda resiliente e competitiva.”
Questa transizione è guidata dalla consapevolezza che le imprese, per sopravvivere e prosperare, devono integrare strategie sostenibili e abbracciare le tecnologie emergenti. ESG (Environmental, Social, and Governance) e intelligenza artificiale non sono più opzioni, ma leve strategiche imprescindibili per il successo.
Cultura, educazione e innovazione: le fondamenta del cambiamento
Un altro tema molto importante che ha voluto affrontare Marco Mizzau, infine, è il ruolo dell’educazione nel preparare i giovani al futuro. Negli Stati Uniti e in Cina, i percorsi scolastici promuovono competenze pratiche e spirito imprenditoriale, mentre in Italia il sistema è ancora troppo tradizionale.
Mizzau propone dunque l’introduzione di corsi dedicati a innovazione, coding, progettazione di brevetti e personal development già nelle scuole, al fine di rafforzare una delle risorse più importanti per il futuro dell’Italia e della sua economia: i giovani.
I giovani saranno la base del futuro economico del nostro paese e insegnando loro fin dalla scuola come poter sfruttare appieno le nuove tecnologie ma anche le loro risorse creative, possiamo sperare in una crescita prosperosa per il nostro paese.
Infatti, oltre all’educazione e l’impegno, alla base del successo c’è anche la creatività e l’immaginazione: “Ogni grande imprenditore inizia con la capacità di immaginare. Non si tratta solo di risolvere problemi esistenti, ma di creare possibilità mai considerate prima”, afferma Mizzau.
Il messaggio di Marco Mizzau durante il suo intervento a Nextamina è chiaro: ci troviamo in un momento rilevante per ridefinire il nostro futuro. Le aziende devono abbracciare l’innovazione e integrare strategie sostenibili per affrontare le sfide globali e sfruttare le opportunità offerte dall’intelligenza artificiale.
“A Time for Choosing” non riguarda solo i leader aziendali, ma tutti noi. Il futuro dipende dalle scelte che faremo oggi, e queste scelte devono essere guidate dalla visione, dalla responsabilità e dalla capacità di immaginare un domani migliore.
Marco Mizzau, Top Manager e Strategic Advisor, nella sua carriera ha ricoperto importanti incarichi in holding industriali e società di consulenza strategica.