Mappato il Dna dei mari impresa targata Dohrn

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A cura di Cristian Fuschetto

Tre anni di navigazione nelle regioni “illuminate” dei mari del globo per raccogliere quella che costituisce la più grande collezione di Dna al mondo. I ricercatori del consorzio “Tara Oceans” rivelano un patrimonio di conoscenze in grado di cambiare radicalmente la visione del plancton marino, un ecosistema chiave per il funzionamento della biosfera fatto di migliaia di organismi che abitano lo strato oceanico raggiunto direttamente dalla luce del sole (in generale va dalla superficie a qualche decina di metri di profondità, raggiungendo gli oltre 200m al centro dei grandi bacini oceanici). Il plancton oceanico è infatti il più grande ecosistema del pianeta, produce tanto ossigeno quanto tutte le foreste terrestri e svolge un ruolo strategico nell’equilibrio climatico.A questo enorme database della biodiversità marina hanno lavorato anche gli scienziati della Stazione Zoologica Anton Dohrn e che ieri, insieme ai colleghi della spedizione internazionale, sono stati celebrati in un numero speciale di Science.Solo per citare qualche dato basta dire che i ricercatori hanno decifrato quasi un miliardo di sequenze di Dna ribosomiale provenienti da 334 siti di campionamento per un totale di 30 mila campioni biologici (e 13 mila misure ambientali) su tre profondità. “Con Tara l’uomo si riappropria degli oceani, non più solo per attraversarli a scopo commerciale, ma per conoscerli e riconoscerli come possessori di un patrimonio segreto che parla in maniera intima ed originaria del nostro Pianeta” spiega il presidente della Stazione Zoologica Roberto Danovaro. La spedizione Tara utilizzando una goletta, nel segno della eco-compatibilità, è riuscita a coniugare il rispetto del mare con le tecnologie più avanzate avvalendosi di uno staff composto da centinaia di scienziati distribuiti in tutto ilmondo. La loro analisi mostra la mappatura di una vastissima gamma di organismi planctonici, esplora la loro straordinaria biodiversità, offre una comprensione di come i loro effetti siano influenzati dall’ambiente. L’unicità dell’approccio di “eco-sistema biologici” del progetto Tara è di aver campionato sistematicamente gli oceani in tutti i campi della vita: dai virus agli animali, includendo una ricca varietà di dati legati alle condizioni ambientali di vita del plancton.I dati generati rappresentano una base, su scala mondiale, per valutare l’impatto dei cambiamenti climatici sugli ecosistemi oceanici in futuro.Gli scienziati hanno trattenuto dai campionamenti virus, microbi e eucarioti microscopici – organismi con cellule complesse, dalle alghe monocellulari a larve di pesci. Hanno catalogato il loro materiale genetico in un database completo ora a disposizione della comunità scientifica per ulteriori studi. Le analisi hanno rivelato circa quaranta milioni di geni, molti dei quali ancora del tutto sconosciuti, suggerendo così una biodiversità molto più ampia di plancton di quanto pensato finora. Innovativa anche le metodologie di analisi: grazie ad una strategia unica che unisce ogni campione di plancton con misure precise di fattori ambientali – come la temperatura, l’acidità, e nutrienti – gli scienziati sono stati in grado di determinare in che modo ciascuno di questi fattori influenza questi organismi microscopici che galleggiano nell’oceano.Dalla ricerca è emerso inoltre un fenomeno per molti versi sbalorditivo e anch’esso del tutto socnosciuto: le comunità planctoniche cambiano e cavalcano le Agulhas, “correnti circolari” che separano l’Oceano Indiano dal Sud Atlantico. A metterlo in luce proprio uno scienziato dell’Anton Dohr, Daniele Iudicone. “È come se il plancton passasse attraverso un ciclo di lavaggio a freddo sulla punta del Sud Africa”, spiega. “Le correnti formano enormi vortici che mescolano drasticamente e raffreddano il plancton che le attraversa , limitando così il numero di specie che riescono ad arrivare all’Atlantico”.