Mafia, in cattivo stato 7 beni confiscati su 10: per il riutilizzo trascorrono 10 anni

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Sono 524 le realtá del volontariato, dell’associazionismo, del mondo religioso, soprattutto associazioni e cooperative sociali, impegnate nel riutilizzo di bene immobili, appartamenti, ville, capannoni e terreni, confiscati alla criminalità organizzata. Sono concentrate in Lombardia (124), Sicilia (116), Campania (78) e Calabria (77) e svolgono per lo più attività di sostegno alle persone in disagio sociale e promozione culturale o sportiva. Nel 69% dei casi però il bene arriva alla fase del riutilizzo in cattivo stato, questo anche per la lunghezza dell’iter tra il sequestro e l’effettivo riutilizzo, per il quale in media passano 10 anni.
I dati vengono dal dossier “BeneItalia. Economia, welfare, cultura, etica: la generazione di valori nell’uso sociale dei beni confiscati alle mafie”, di Libera e della Fondazione Charlemagne Italia, presentato oggi a Roma, alla Casa del Jazz, anch’essa bene confiscato. Si tratta del primo censimento delle esperienze di riutilizzo sociale e, tra l’altro, Libera sottolinea che una banca dati dei soggetti gestori non esiste. Sono passati 20 anni della legge per l’uso sociale dei beni confiscati alle mafie, per ottenere la quale Libera raccolse un milione di firme. Da allora i beni si sono trasformati in ricchezza per i territori, alla base di un sistema di welfare volontario e pulito, che significa lavoro, accoglienza per le persone fragili, formazione e impegno per i giovani. Gli immobili diventano sedi operative, abitazioni a disposizione di persone in situazioni di disagio o magazzini per lo stoccaggio merci. Secondo i dati dell’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati aggiornati a febbraio di quest’anno, citati in ‘Beneitalia’, sono 19.157 i beni immobili confiscati, in più ci sono 2.876 aziende, di cui 4 all’estero. Di queste aziende, 830 sono già state destinate.