Nel 2016 il saldo commerciale dei prodotti ‘made in Italy’ ha registrato un valore positivo pari a 121,6 miliardi di euro: dato pressoche’ in linea con quanto avvenuto negli ultimi anni. Un risultato, comunque, che ‘oscura’ quello negativo realizzato dai prodotti manifatturieri ‘non made” (-31,2 miliardi di euro) che, tradizionalmente, sono riconducibili a settori caratterizzati prevalentemente da imprese molto strutturate.
VOLANO MACCHINARI, MODA E PRODOTTI IN METALLO – Tra i prodotti “made”, la parte del leone l’hanno fatta i macchinari (motori, turbine, pompe, compressori, rubinetteria, forni, bruciatori, macchine per l’industria delle pelli, delle calzature e per la lavorazione dei metalli, etc.) con un saldo positivo di ben 48 miliardi di euro (pari al 39,5 per cento del saldo del “made in”). Ottima la performance anche del comparto della moda (tessile, abbigliamento, calzature e accessori) che ha raggiunto un risultato positivo di 18 miliardi e dei prodotti in metallo (cisterne, serbatoi, radiatori, coltelleria, stoviglie, generatori di vapore, utensili, etc.) che hanno raggiunto quota +10,9 miliardi e dei mobili (+7,2 miliardi). Per contro, le altre produzioni manifatturiere, quelle cioe’ non ascrivibili al “made in Italy”, si sono caratterizzate per saldi commerciali molto negativi: l’industria della carta, stampa e del legno (escluso i mobili) con -1,4 miliardi, il tabacco con -1,8 miliardi, i prodotti metallurgici (fonderie, produzioni di ferro, acciaio, ferro-leghe, tubi, condotti, cavi, etc.) con -2,9 miliardi, le auto con -4,7 miliardi, la chimica-farmaceutica con 8,6 miliardi e i computer e l’informatica con -11,6 miliardi. In generale, ricordano dalla CGIA, per prodotti “made in Italy” si identificano principalmente quelli ascrivibili ai settori delle “quattro A”: ovvero l’Abbigliamento-moda; l’Arredo-casa; l’Automazione-meccanica e l’Alimentare. Comparti che in larghissima parte sono contraddistinti dalla presenza di Pmi a conduzione famigliare che, in molti casi, hanno raggiunto nei propri settori posizioni di leadership mondiale. A seguito di questo straordinario fenomeno che ha avuto inizio nei primi anni ’60 del Novecento, l’espressione “made in Italy” si e’ trasformata in qualcosa di molto piu’ importante di un semplice marchio di origine, giungendo ad assumere le caratteristiche di un vero e proprio “brand”, dotato di un’identita’ ben definita e divenuto sinonimo di qualita’ e affidabilita’ che ci sono riconosciute in tutto il mondo.
A livello territoriale, le Regioni protagoniste di questo straordinario risultato sono, in particolar modo, tre: il Veneto (con un saldo “made in” pari a +25,5 miliardi), l’Emilia Romagna (+ 23,6 miliardi) e la Lombardia (+21,4 miliardi). Si pensi che nel 2016 l’incidenza percentuale di queste tre realta’ sul saldo commerciale Italia e’ stato del 58,7 per cento. “Grazie a questo risultato – esordisce il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA – possiamo dire che il successo delle produzioni made in Italy ha disegnato il nuovo triangolo industriale del paese. Se il motore dell’economia si concentrava tra Milano, Torino e Genova, da qualche decennio, invece, questa figura ha mantenuto un vertice sulla citta’ meneghina, ma si e’ spostata su due di nuovi: Venezia e Bologna. All’interno della Pedemontana lombardo-veneta, della via Emilia e dell’asse Bologna-Venezia, infatti, si concentrano conoscenze, saperi, qualita’ produttive, elevata mobilita’ professionale e sociale che hanno proiettato stabilmente quest’area tra le macroregioni piu’ avanzate d’Europa”.
I NOSTRI PRODOTTI SPOPOLANO IN GERMANIA, FRANCIA, USA E REGNO UNITO – Germania (30,8 miliardi di euro), Francia (28,3 miliardi), Stati Uniti (25,9 miliardi) e Regno Unito (14,9 miliardi) sono i principali mercati di sbocco dei prodotti “made in Italy”. In questi quattro Paesi confluisce il 37 per cento del totale delle esportazioni “made”. “I prodotti del made in Italy – segnala il Segretario della CGIA Renato Mason – costituiscono, ancora oggi, le voci principali delle esportazioni italiane e, nel corso degli anni, il surplus commerciale fatto registrare da queste merci ha consentito al Paese di finanziare l’acquisto di energia e materie prime da cui dipende. Da tutto cio’ si deduce l’importanza cruciale di perseguire politiche idonee al mantenimento e all’accrescimento delle posizioni di competitivita’ fino ad ora raggiunte, soprattutto dai distretti industriali che continuano ad essere l’habitat naturale per la nascita di queste produzioni”.
LE ESPORTAZIONI TIRANO ANCHE NEI PRIMI MESI DEL 2017 – Sempre in riferimento al “made in Italy”, i dati riferiti alle esportazioni sono molto confortanti anche nei primi quattro mesi di quest’anno. Rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, infatti, le vendite all’estero sono aumentate di 4,4 miliardi di euro (+ 5,1 per cento). In termini assoluti spicca il dato riferito alla raffinazione dei prodotti petroliferi (+1,7 miliardi di euro) e ai macchinari (+1 miliardo di euro). Sempre in relazione alle sole esportazioni, sono in crescita anche quelle dei prodotti “non made”: in particolar modo la chimica-farmaceutica (+1,8 miliardi) e degli autoveicoli (+1,2 miliardi di euro).