di Antonio Prigiobbo
Gli incentivi pubblici non vengono mai analizzati adeguatamente, né dalle maggioranze né dalle opposizioni, nonostante essi rivelino tanto la capacità o l’incapacità politica quanto gli interessi di chi governa e i meccanismi alla base della creazione del consenso.
Nella pubblica amministrazione, gli incentivi e i finanziamenti, come eventi, bandi e simili, rappresentano la cartina tornasole della strategia politica. Essi non solo guidano, o tentano di guidare, i comportamenti, ma possono anche essere utilizzati per ricambiare o favorire chi sostiene o sponsorizza una determinata politica o un politico. Questo principio offre una lezione fondamentale per comprendere e migliorare le politiche economiche nelle regioni del Mezzogiorno.
Gli incentivi, in senso più ampio, costituiscono uno strumento cruciale per orientare i comportamenti di persone, imprese e organizzazioni. Questa semplice verità fornisce spunti essenziali per analizzare l’efficacia e affrontare le sfide delle politiche economiche attuate nelle regioni del Mezzogiorno d’Italia.
Quando una startup si trova di fronte a due opzioni di investimento – una sicura e una più rischiosa – tende spesso a scegliere la strada più ambiziosa. Perché? La struttura degli incentivi, come i finanziamenti pubblici o le agevolazioni fiscali, riduce il rischio diretto (limitando il capitale privato da impegnare) e offre un potenziale di guadagno elevato. Questo approccio incoraggia l’innovazione e il coraggio imprenditoriale, elementi essenziali per rilanciare l’economia locale.
Tuttavia, nel Mezzogiorno, tali incentivi sono spesso carenti. Perché non destinare maggiori risorse alla creazione di nuovi imprenditori indipendenti? E quali sono le implicazioni di concentrare i finanziamenti sulle imprese tradizionali? Domande cruciali che richiedono una riflessione strategica sulle priorità delle politiche economiche delle regioni.
Dall’altro lato, un’impresa consolidata, magari un’azienda tradizionale, tenderà a privilegiare scelte più conservative. Politiche economiche focalizzate su incentivi orientati alla stabilità – come contributi per l’ammodernamento o riduzioni del cuneo fiscale – spesso spingono verso investimenti più sicuri ma meno trasformativi. Il rischio di un progetto fallito potrebbe tradursi in una perdita immediata di benefici o in sanzioni che scoraggiano iniziative più audaci.
Non è una questione di personalità, ma di incentivi. La stessa impresa, se inserita in un contesto in cui gli incentivi premiano la sperimentazione e il rischio calcolato, potrebbe adottare strategie completamente diverse. Questo è particolarmente rilevante per le regioni del Sud, dove il bilanciamento tra sostegno alla crescita e promozione di progetti innovativi è cruciale.
Vediamo questa dinamica in diverse aree delle politiche economiche regionali:
- Gli incentivi alla ricerca e sviluppo spingono le aziende a risolvere problemi con metriche chiare e obiettivi misurabili.
- I contributi per l’occupazione tendono a incentivare contratti a breve termine per massimizzare il ritorno immediato, trascurando talvolta strategie di sviluppo a lungo termine.
- I fondi per il turismo e la cultura spesso si concentrano su risultati tangibili e immediati, come eventi e flussi turistici, a discapito di investimenti strutturali per il brand territoriale.
Le regioni ottengono ciò che incentivano. Se vogliamo un Mezzogiorno più innovativo, aperto al rischio e capace di una crescita sostenibile, gli incentivi devono essere allineati agli obiettivi strategici di lungo termine. Non si tratta solo di distribuire risorse, ma di progettare strumenti che premiano l’innovazione, la resilienza e la capacità di pensare oltre il breve termine.
In definitiva, per comprendere l’efficacia delle politiche economiche nel Sud, dobbiamo porci una domanda chiave: “Quali comportamenti queste politiche stanno incentivando?”. La risposta è il primo passo per trasformare le intenzioni in risultati concreti.