Lupo solitario tra cinema e Gomorra. Gallo: Devo tutto a De Simone

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Gianfranco Gallo è tra i protagonisti del film “Indivisibili” di Edoardo De Angelis, in nomination nella sezione “Film drammatico” alla VIII edizione del Gala del Cinema e della Fiction in Campania  che si svolgerà dal  3 al  7 ottobre tra Castellammare di Stabia e Napoli.

Gianfranco Gallo nel ruolo di Don Salvatore in “Indivisibili”; ci racconti il personaggio.
E’ una figura strana, enigmatica, un prete assai calcolatore, cinico e senza scrupoli che vive nella zona disastrata di Castelvolturno. Per la verità De Angelis, il regista, lascia il dubbio fino al termine del film se il mio personaggio sia davvero un prete oppure no in quanto sfrutta la disperazione delle popolazioni extracomunitarie accampate in quelle zone abbandonate cercando di spillare soldi per la costruzione di una chiesa. La trama dell’intera pellicola si sviluppa tra il sacro ed il profano e don Salvatore è la testimonianza vivente di questa inquietante sinergia, che è anche il punto focale del film. Avendo instaurato un rapporto grottesco con la famiglia delle gemelle siamesi, già sfruttate come fenomeno di baraccone dallo stesso padre, il prete fa anch’egli la sua parte, nel senso che utilizza le povere siamesi per avere anche un suo tornaconto economico e quando le poverette capitano su una barca molto chiacchierata, per poterle continuare ad utilizzare come simbolo vivente di “miracolo”, induce il padre a ferire con un coltello i palmi delle mani delle ragazze così da sembrare stimmate.
Un lavoro che vuol essere uno spaccato della mostruosità dell’umanità?
Esattamente, e le siamesi sono solo un pretesto per evidenziare l’anormalità e la cattiveria del genere umano.
Lei spesso investe la parte del “cattivo”; perché?
Si tratta di protagonisti molto complessi non facili; probabilmente mi considerano un bravo professionista.
Quanto c’è di Gianfranco Gallo in questi personaggi?
C’è molto poiché io interpreto i miei ruoli in modo lucido, razionale. Nella mia vita privata ho fatto delle scelte che mi hanno indotto a condurre una vita da “lupo solitario”, immerso nella riflessione e nella stesura dei miei testi, considerando che oltre a fare l’attore sono ed amo essere autore. In questi spazi temporali, lavoro molto su me stesso, valutando tutto ciò che mi circonda, compreso gli affetti. Quando devi interpretare un ruolo, lo porti avanti forte di un grande lavoro introspettivo. Il cinema non è teatro, è fatto di pensieri ed il regista è bravo a carpire l’immagine, il pensiero dell’attore non il suo recitato. La recitazione al cinema è un semplice pensiero che si scorge negli occhi di chi interpreta. L’attore di teatro e di cinema sono due mestieri estremamente diversi.
Lei in quale di questi si identifica?
Io ho cominciato la mia carriera al cinema, a 16 anni con una parte in un film di Ciro Ippolito “Lo scugnizzo” in cui recitava anche Angela Luce. Ma la vera occasione artistica fu l’incontro con il maestro De Simone.
Come avvenne?
Io frequentavo l ‘Università per conseguire la laurea in Giurisprudenza ed avevo già fatto 11 esami; un giorno mi recai a vedere uno spettacolo al Maschio Angioino in cui recitava mio padre Nunzio Gallo. Il lavoro aveva per titolo “La Festa di Piedigrotta” di Raffaele Viviani ed era inscenato dal maestro De Simone. Rimasi talmente folgorato da De Simone che chiesi al direttore d’orchestra Gianni Desideri di fissarmi un provino con lui di nascosto a mio padre che voleva che io mi laureassi e facessi il giornalista. Ricordo la grande emozione che provai nell’andare a casa di De Simone che tastò subito il mio talento facendomi cantare una canzone e recitare un pezzo di Viviani. De Simone rimase molto soddisfatto e mi scritturò per un altro lavoro, ma il destino volle che si ammalasse un elemento della sua compagnia in cui c’era anche papà, per cui alla fine, accadde che involontariamente feci una tournée teatrale con mio padre.
Che ricordi ha di quella esperienza?
Papà proveniva dalla lirica, era uno stakanovista; da lui ho ereditato i trucchi di questo mestiere quali il rigore e la disciplina.
Cosa rappresenta per lei il maestro De Simone?
E’ il mio idolo! Lui mi ha insegnato ad essere un uomo, un artista libero da qualunque condizionamento. Lui faceva solo il “700, fregandosene delle mode, riempendo puntualmente tutti i teatri che toccava con i suoi spettacoli di cultura popolare.
Lei è un attore di successo anche in TV, nuovamente tra i protagonisti di “Gomorra-la Serie.
Sì a novembre gireremo fino ad aprile 2017 la terza serie di Gomorra TV; io interpreto Giuseppe Avitabile, suocero di Genny Savastano, un palazzinaro di Roma, che viene poi tradito dallo stesso e finisce in galera. La terza serie si dovrebbe aprire con l’uscita dal carcere di Avitabile che di certo si vendicherà di Savastano.
Il teatro?
Dal 27 ottobre al 4 novembre rappresentiamo in replica “Quartieri Spagnoli”, ispirato alla Lisistrata di Aristofane; è una guerra non tra ateniesi e spartani ma tra clan camorristici che fa piangere e ridere secondo il mio abituale cliché.