Giovedì 23 gennaio presso l’incubatore Campania NewSteel, all’interno della rassegna Hyde Park, sarà presentato il libro di Lucio Iaccarino “Agricoltura digitale. Sfide tecnologiche per una campagna sostenibile”, edito da Carocci nel 2024. Pur presentandosi come un saggio scientifico, il libro presenta molti aspetti di interesse generale che vanno oltre la cerchia degli addetti ai lavori.
Lucio Iaccarino, a chi si rivolge esattamente il libro?
Effettivamente è un testo che può essere letto da pubblici molto diversi. Mi riferisco alla comunità professionalità che opera tra i campi, imprenditori agricoli, agronomi, chimici, geologi, allevatori, veterinari e consulenti commerciali di prodotti e strumenti per la terra che troveranno tantissimi spunti tecnici tra quelli raccontati dai loro colleghi, intervistati nel libro. Stesso discorso vale per la comunità dei consulenti e innovatori che ruotano attorno alle campagne, dagli esperti di blockchain, al leasing, fino alla comunicazione e al marketing. È inoltre un libro che sfrutta la trasversalità delle scienze sociali per analizzare l’agricoltura da più punti di vista, sociologico, politologico, antropologico, oltre che economico. Ma il libro si rivolge soprattutto ai giovani, sia ai figli degli agricoltori sia ai ragazzi in generale poiché il binomio Agricoltura e digitale è sinonimo di incontro tra generazioni differenti, tra agricoltori di una volta e giovani alfabetizzati digitali.
Agricoltura digitale si apre con una prima parte bucolica, legata ai ricordi della sua infanzia vissuti alle falde del Vesuvio, tra rituali felici della vendemmia e della raccolta tra gli agrumeti. Perché ha scelto di aprire il libro con le pagine di un diario?
Sono ricordi tanto positivi che avrebbero potuto viziare la mia capacità di interpretare il mondo agricolo negli aspetti più problematici. Così per scoprire quali fossero i conflitti in agricoltura e in che modo possano creare barriere all’utilizzo del digitale, ho voluto subito esplicitare, prima a me stesso e poi al lettore, quanto deformante possa essere una lettura meramente nostalgica. Si tratta di un escamotage metodologico, a cui ricorrono gli etnografi proprio per evitare che il proprio punto di vista possa minare l’osservazione dei fenomeni che provano a comprendere. Questa tecnica si chiama proprio “diario etnografico”. Ma tutto il libro è scritto in prima persona ed è strutturato come il racconto di una ricerca scientifica condotta all’interno delle innovazioni che stanno investendo l’agricoltura.
Lei che ha insegnato Management Case Histories all’Università di Catanzaro Magna Graecia considera il suo testo lo studio di caso della Campania digitalizzata o da digitalizzare? E cosa può raccontare oggi la Campania all’Italia e all’Europa?
È certamente uno studio che indaga la propagazione del digitale nel mondo agricolo italiano ed europeo e che problematizza due aspetti determinanti: vale a dire di essere stato scritto all’interno di una serie di aziende e che a loro volta risiedono in Campania. Il racconto della ricerca tiene conto di questi due aspetti, svelando quali siano gli interessi economici sottesi e come influiscano nella determinazione dei problemi e degli ambiti da analizzare. La Campania diventa poi terreno di sperimentazione scientifica: partendo dallo studio di caso della Campania, Agricoltura digitale porta all’attenzione della comunità scientifica una serie di nuovi indicatori statistici per valutare le performance comunicative del settore agricolo, mentre sul versante della produzione digitalizzata sviluppa e una tipologia sociologica delle barriere culturali che frenano lo sviluppo tecnologico in agricoltura.
Nel libro è analizzato anche il movimento dei trattori del 2024 e le istanze che ha rappresentato, non sempre in modo pacifico a Bruxelles definendo i confini di una questione agraria quantomeno complessa. In che senso il digitale incrocia il mondo delle proteste agricole?
Le proteste agricole sono strettamente connesse alle sfide imposte dalla sostenibilità ambientale che tradotto in termini di policy europea significa riduzione del ricorso ai pesticidi e ampliamento della superficie coltivata a biologico, risparmio idrico ed energetico, riduzione dell’immissione di gas nocivi in atmosfera, riduzione degli antibiotici al mondo animale, etichettatura per informare in modo trasparente i consumatori, ecc. Si tratta in gran parte di obiettivi che possono essere perseguiti ricorrendo a tecnologie di agricoltura 4.0, robotica e droni, secondo un approccio di agricoltura di iper precisione, in grado di produrre una mole crescente di dati in tempo reale, attraverso sensori e sonde, da elaborare con l’Ai per avere indicazioni operative, oltre che per connettersi ad altra banche dati e incrociare informazioni differenti come quelle derivanti dalle piante e dal terreno con quelle sul meteo.
In che misura il marketing e la comunicazione possono aiutare l’agricoltura a digitalizzarsi?
Il marketing può migliorare certamente talune distorsioni della filiera specie nella dotazione di modelli di business che sono in grado di accorciarla a beneficio degli imprenditori agricoli più piccoli. Se da un lato sono le nuove tecnologie digitali che intervengono nella produzione e che rendono l’agricoltura una frontiera da attraversare digitalmente, dall’altro si tratta di cambiamenti che possono avere luogo prevalentemente nella media e nella grande industria agricola. Troppo risicati sono i margini per i piccoli agricoltori per presentarsi da soli sul mercato e la creazione di modelli di business ibridi a metà strada tra il turismo enogastronomico in presenza, il consumo a Km 0 e la fidelizzazione e la moltiplicazione dei clienti attraverso l’online e l’e-commerce, in molti casi diventano delle vere e proprie ancore di salvezza.
La prossima presentazione che si terrà il 23 gennaio presso l’incubatore Campania NewSteel, Napoli all’interno della rassegna Hyde Park, ha un sottotitolo molto accattivante: un amore difficile ma non impossibile. Come mai questa scelta?
Con il professor Marco Tregua, associato di Economia e Gestione delle Imprese alla Federico II, abbiamo deciso di sfruttare una metafora a cui sono ricorso spesso per enfatizzare gli elementi di unicità della strana coppia Agricoltura e Digitale. Lei, l’agricoltura, quando vuole, sa essere bellissima, armoniosa, salubre, accogliente, generosa, capace di valorizzare le tradizioni, eterna, a meno che non si riesca ad immaginare un mondo che le sopravvive. Lui, il digitale, è sexy, smart, sempre giovane, unico fenomeno destinato a non invecchiare mai ma sempre pronto a reinventarsi, capace di entrare nella vita quotidiana di tutti e forse anche infedele, considerando la sua forma mentis estremamente aperta. Sicuramente, quindi, si tratta di una coppia bene assortita e che il destino sembra voler unire a tutti i costi. Con il professore Tregua capiremo se la legge degli opposti che si attraggono in amore riuscirà a suggellare l’unione tra Agricoltura e digitale.