Londra e Roma, il nuovo che avanza. Buona fortuna a Sunak e Meloni, ne hanno bisogno

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in foto il nuovo primo ministro britannico Rishi Sunak (Imagoeconomica)

Saranno diverse nel mondo quelle persone che commenteranno quanto è accaduto lunedì a Londra, nonché i personaggi e interpreti della vicenda, con la puzza sotto il naso mal nascosta. Non potrebbe essere diversamente per chi ha ancora un nitido ricordo di quello che fu l’impero inglese e oggi teme per la tenuta del Regno Unito. Il fatto. I sudditi di Re Carlo III erano ancora frastornati per quanto accaduto con la Premier Truss, campionessa di durata (breve) del suo governo. Dopo poche ore le stesse persone avranno aggrottato le sopracciglia, quando hanno dovuto prendere atto che sulla poltrona dove sedeva Sir Winston Churchill, ora siede un premier, Rishi Sunak, inglese di nascita, indiano di origine, induista per religione. Niente da dire sul personaggio: quarantenne, quindi di età giusta per lo svolgimento dell’importante incarico, giusta preparazione scolastica e professionale e via elencando. Come lavoro fa il finanziere e lo sa fare in maniera egregia, stante la notevole ricchezza sua e di sua moglie. Anche i genitori, entrambi professionisti, appartengono alla Middle Class o borghesia benestante che definire la si voglia, pertanto hanno potuto far si che il giovane Rishi studiasse nelle migliori scuole, in Inghilterra e fuori di essa. Lo stringato profilo appena tracciato dà già l’idea di una certa affinità del Dottor Sunak con il Professor Draghi, e l’augurio che si può fare a quel premier che si e insediato ufficialmente martedì al n°10 di Downing Street è di trovare lungo il suo percorso lavorativo un numero minore di ostacoli rispetto a quelli incontrati e per la maggior parte superati dal suo pendant italiano. Fosse stato eletto qualche giorno prima, probabilmente The Economist avrebbe risparmiato ai suoi lettori la più che discutibile copertina che raffigura l’Italia e l’ Inghilterra accomunate per negatività con elementi di folklore spicciolo, triti, ritriti e abusati. Ritornando con la mente Oltremanica, c’è da aggiungere un breve ripasso di quanto sta accadendo oltre quel canale che stacca l’isola dall’Europa continentale, attualmente anche dal punto di vista economico e sociale. Dall’inizio dell’anno si sono succeduti tre cambi della guardia nell’incarico di Primo Ministro. Boris Jonson, persona di buona cultura con qualche dubbio per quella economica, si è dovuto dimettere dopo aver creato un disordine nei mercati di ogni genere nel suo paese e in tutto il Regno Unito, là dove sono presenti già da tempo aneliti di secessione. La sterlina, in un lasso di tempo decisamente breve, ha lasciato nel recinto della borsa di Londra circa il 10% del suo valore. Gli osservatori e chiunque interessato all’argomento, hanno tratto auspici negativi per gli investimenti di ogni genere in programma da quelle parti. Si è così messo in moto un processo che porterà, se non lo ha già fatto, l’economia dell’intero Regno Unito in recessione. Boris Johnson si è dimesso durante l’estate. Si è spesso dichiarato un viscerale ammiratore di Sir Winston Churchill fino al punto di essere convinto di operare proseguendo quanto iniziato all’epoca da quello statista. Si dice che non bisogna mai contrariare chi ha qualche problema mentale, pertanto il discorso è chiuso. Quindi lo stesso ha ceduto il passo alla Signora Liz Truss, che è stata prossima a dare il colpo di grazia all’assetto socioeconomico del suo paese. Per far ciò ha concentrato la sua operatività sul sistema fiscale e sono bastati i suoi primi provvedimenti, per lo più concernenti la defiscalizzazione, per spaventare ancor più gli operatori economici nazionali e esteri. È rimasta al timone del suo paese solo per 45 giorni e, con il senno di poi, si può affermare meno male. Senza voler credere che il Premier Sunak risolverà la crisi in cui è venuta a trovarsi la Gran Bretagna con la bacchetta magica, c’è da ribadire che il panno e le forbici occorrenti per riportare Albione à la page li ha già in mano. I suoi contatti con gli operatori economici e finanziari della City sono più che consolidati e la sua stessa professionalità in quel settore è più che provata, non occasionalmente ma dal tempo piuttosto lungo trascorso nell’ ambiente prima di formazione e poi di lavoro. Nel villaggio si dice che ” i soldi portano i soldi e la miseria il più delle volte attira altra miseria”. Il giovane Sunak conosce una giovane dalle sue stesse origini durante un corso di specializzazione e la sposa. Lei è figlia di un miliardario indiano e come connotazione del personaggio tanto basta e avanza. Sunak è un conservatore di vecchia militanza e ha buon uso della macchina dello stato. Per i rapporti con l’estero il neo premier non dovrebbe avere soverchi problemi, avendo soggiornato in più paesi per motivi di studio e viaggiato per lavoro.
Una constatazione fuori campo, scritta solo per colore: in un lasso di tempo decisamente breve, Londra, oltre a altri inconvenienti di minore valenza, ha assistito, alla Brexit, madre degli attuali suoi disagi e attriti socioeconomici, alla fine del Principe Filippo, alla scomparsa della Regina madre, per la precisione di Re Carlo che le è succeduto. Per lui non è il caso di fare raffronti con la felice memoria di Elisabetta II°, anche perché è sul trono da poco. Completano la serie infausta, almeno per ora, i cambi della guardia al n° 10 di Downing Street, che mai sono stati frequenti come nell’ultimo periodo.Cosa c’è da aspettarsi allora da una situazione del genere? Osservata dal resto del mondo non è possibile fare previsioni perché la risposta più scontata sarebbe che peggio di come sta andando non sarebbe facile andare… Coro fuori campo: “Al peggio non c’è limite”. Dall’Italia si può azzardare qualcosa di più. I due neo eletti hanno difatto diversi punti di contatto. Sono quasi coetanei, quindi hanno appreso entrambi dalla cronaca e non dalla storia i fatti salienti dall’inizio del millennio. Stante la collimanza della loro fede politica, dovrebbero “prendersi”, come adattano nei campi il verbo “intendersi”. Probabilmente è il dato oggettivo, cioè la situazione socioeconomica nonché finanziaria dei due stati di cui capeggiano i governi, che rendono assimilabili le loro posizioni. Entrambe le realtà sono messe male nel senso più ampio dell’espressione. Per l’ Inghilterra la situazione potrebbe essere ancora più complicata per due ordini di motivi: uno è la Brexit, che ha tolto all’isola un robusto ombrello protettivo da ogni genere di avversità fornito dalla EU. Il secondo è la considerazione e i rapporti intrattenuti con gli altri paesi che un tempo erano sotto l’ala protettiva della Corona e della regina che la portava. Meglio fare al momento un ampio respiro e augurare ai debuttanti: “largo ai giovani e in bocca al lupo”, aggiungendo “good luck” per chi opera a Londra. L’importante è non smettere di credere che, comunque andrà il tutto, sarà un successo. Almeno questo è l’augurio.