L’oncologo Ascierto diventa vignaiolo: Una passione che mi ha trasmesso mio nonno

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in foto l'oncologo Paolo Ascierto (Imagoeconomica)

”Mi chiamo Paolo come mio nonno, che mi ha trasmesso anche la passione per il vino, la vendemmia e i vigneti che frequento da quando avevo 6 anni. Con mio fratello Mario abbiamo firmato la nostra prima Falanghina del Sannio ‘fratelli Ascierto’, ma so bene che l’alcol crea dipendenza, causa patologie del fegato e tumori. Tuttavia, un bicchiere di vino al giorno, come dicono gli americani ‘di riflessione’, e soprattutto di buona qualità, fa bene perché contiene il resveratrolo, sostanza dagli indubbi benefici apportati al nostro organismo”. Paola di oncologo. Paolo Ascierto, 59 anni, tra i massimi esperti di melanoma al mondo e direttore dell’Unità di oncologia Melanoma, Immunoterapia oncologica e Terapie innovative dell’Istituto tumori Fondazione Pascale di Napoli, racconta all’Adnkronos Salute la sua passione per il nettare di Bacco, che nasce da bambino, quando con il nonno andava a curare la vigna a Solopaca, nel Beneventano, dove è nato. ”Terra di grandi vini – afferma Ascierto – non a caso l’economia di questa zona si regge essenzialmente sulla vendemmia”. Riprendendo un sogno di bambino, il luminare ha deciso, insieme al fratello Mario, di riprendere in mano la vigna del nonno dove andava d’estate: “con lui trascorrevo lì interi pomeriggi. Mi ha insegnato cosa significa per un vigneto ricevere troppa pioggia o, al contrario, troppo poca. Mi ha fatto capire l’importanza dei tempi e i modi per l’utilizzo del ramato in vigna”, che rappresenta un ottimo alleato per scacciare batteri e micosi. ”Se mio fratello sbaglia qualcosa in questa fase lo bacchetto”, ride l’oncologo raggiunto al telefono, ma subito dopo aggiunge: ”Scherzo, senza mio fratello non ce l’avrei fatta. È lui che si occupa della cura della vigna. Io ci vado quando il lavoro me lo consente”. Ascierto non pensa, al momento, di lasciare il camice bianco per fare il vignaiolo a tempo pieno. “Ho ancora troppi progetti di ricerca da portare avanti e i pazienti riempiono la mia vita. Ma tra una decina di anni, chissà. Magari quando andrò in pensione”.