Lo sviluppo umano e il processo di modernizzazione

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In foto l'uomo vitruviano di Leonardo da Vinci

È dal 1989 che viene ripetuta sempre la stessa domanda: «E allora? La fine della storia?… Francis Fukuyama non smentisce forse la sua tesi?». Il Professore afferma che può essere un evento della politica internazionale, come un colpo di Stato o gli attentati come dell’11 settembre, oppure una crisi finanziaria a Wall Street. Di solito, la domanda proviene da chi non ha capito il senso di fine della storia e che non ha letto il libro di Fukuyama.
Scopo del presente articolo è esaminare questa ipotesi, spiegare quello che intende, analizzare come il suo pensiero si sia evoluto da allora, essendo sempre più convinti che il concetto rimane essenzialmente valido, anche se indubbiamente la fase della politica mondiale non è più la stessa.
Sarebbe strano che quasi trent’anni non avessero modificato il modo di pensare il mondo.
Cominciamo dal titolo della fine della storia, pubblicato dalla rivista statunitense «The National Interest» e in francese da «Commentare» nell’estate del 1989. Vi si utilizzano altri termini per descrivere il fenomeno che oggi sarebbe piuttosto definito “sviluppo” o “modernizzazione”. La “fine” della storia indicava lo scopo o l’obiettivo, più che non la sua conclusione; la “fine della storia” poneva quindi la questione della finalità o del punto terminale dello sviluppo umano o del processo di modernizzazione.
L’espressione “la fine della storia” era stata originariamente utilizzata dal grande filosofo tedesco Georg Wilhelm Friedrich Hegel, il quale è stato il primo filosofo della storia, nel senso che non credeva possibile penetrare il pensiero o le società umane senza comprendere il contesto storico in cui esse s’inscrivono e il processo evolutivo che le ha prodotte. Karl Marx, autore della versione più celebre della fine della storia, ha ripreso lo stesso quadro storico. Sosteneva che le società si modernizzano, evolvendo da uno stadio primitivo verso il capitalismo borghese passando per il feudalesimo. Per Marx, la fine della storia era lo stadio finale di tale processo, un’utopia comunista. Fukuyama si accontenta di sostenere, nel 1989, che non sembrava che saremmo un giorno pervenuti allo stadio finale del comunismo. Mikhail Gorbaciov, che aveva lanciato la perestrojka e la glasnost, stava trasformando l’Unione Sovietica in qualcosa di sempre più simile a una democrazia. In conseguenza, se fine della storia doveva esserci, sarebbe stata piuttosto simile a una democrazia liberale collegata a un’economia di mercato.
L’idea di fine della storia dovrebbe peraltro essere familiare al pubblico francese più che al mondo anglofono, visto che era stata ripresa negli anni Trenta e Quaranta dal grande filosofo franco-russo Alexandre Kojève. Costui dirigeva uno dei corsi più influenti della metà del XX secolo, dedicato alla lettura di Hegel e con la partecipazione di molti tra i maggiori intellettuali del tempo: Raymond Queneau, Georges Bataille, Maurice Merleau-Ponty, Jacques Lacan, Éric Weil e Raymond Aron.
“In un mondo dove tutto è cambiato, dove si vive di social, dove si comunica ormai solo con i social dove si ricorda di diminuzione delle nascite, Il famoso politologo il professor Francis Fukujama  classe 1952, ha scritto “The end of History and The last man” la fine della storia dove narra e sostiene la diffusione delle democrazie liberali del capitalismo e lo stile di vita occidentale ed attuale.
Nacque a Chicago con Dna 100% giapponese; suo nonno lasciò il Giappone nel 1905 a causa dei conflitti tra Russia e Giappone; il padre Yoshi, sacerdote, ottenne una cattedra in sociologia all’Università di Chicago. Da parte materna ancora tanto Dna giapponese da Kyoto; Toshiko Kawata era figlia di un importantissimo professore univeritario.
Francis entrò in contatto con la cultura, la storia e la lingua giapponese in modo molto marginale ma, buon sangue non mente, riuscì a piazzarsi nelle migliori cattedre Universitarie americane.
Da Yale ad Harvard, da Stanford a Washington. Un esempio unico di dedizione allo studio ed all’apprendimento dello sviluppo socioculturale dell’umanità’.
Nel 1992 scrive la Fine della storia e l’ultimo uomo.. dove narra la storia di tutto il genere umano. Nel libro si parla di Fascismo, comunismo, liberalismo e di democrazia finendo con la teoria dell’evoluzione universale e socio politica.
Egli sostiene che l’evoluzione non è un fatto casuale ma che è scaturita da una serie di eventi concatenanti.
Riesce ad anticipare le problematiche dei giorni d’oggi e parla di società basata sull’innovazione telematica e dei mezzi di comunicazione come gli attuali social.. Facebook – twitter- Instagram etc……
Questo comporterà secondo Fukuyama molti danni, con i relativi problemi come: cambiamento dei rapporti sociali ed interpersonali, aumento della disoccupazione, della criminalità, diminuzione delle nascite, deterioramento della morale ed infine diminuzione del capitale sociale.
Egli però sostiene pure che ogni società è in possesso di auto-organizzazione, la quale permetterà di superare il passaggio traumatico da un era all’altra.
Nel corso del XX secolo abbiamo assistito al passaggio dall’era industriale a quella post-industriale che comunemente possiamo chiamare dell’informazione a causa della quale i valori culturali di riferimento si sono notevolmente modificati, ma tutta ia oggi è in atto un processo di ricostruzione del sociale dovuto anche al fatto che l’essere umano è per natura socievole e che tende a ripristinare l’ordine non potendo appunto vivere diversamente.
Se da un lato Francis ci descrive un futuro incerto, dall’altro lato mi sento di dire ed affermare che il futuro è nostro e non dobbiamo rinunciare e desiderare un mondo migliore vero, equo e giusto.