Lo spread continua a calare, ma i miracoli non c’entrano

È iniziata la prima settimana d’estate, puntuale come poche altre volte al consueto appuntamento astrale. In più, i meteorologi prevedono che durerà almeno fino alla fine di settembre. La bella stagione parte bene, perché l’agricoltura sitibonda sembra aver avuto qualche ristoro dalle piogge che sono scese, anche troppo abbondanti, un pò dovunque sulla penisola. Quindi la prima considerazione che viene alla mente è che a buona ragione anche il turismo dovrebbe giovarsi di questa situazione. Ancora una volta saranno le variabili esterne, cioè non dipendenti dal comportamento umano, la cosiddetta congiuntura, nel caso specifico positiva, che faranno la differenza. Prima di provare a cercare più in profondità le cause del disagio del Paese, può risultare utile soffermarsi su un indice che da un bel pò di tempo viene utilizzato come un indicatore attendibile dello stato di salute dell’ Italia. È un termometro sui generis, che evidenzia risultati per comparazione di altri dello stesso genere, di paesi diversi. Tuttavia al momento lo stesso indicatore non conserva la validità originaria, cioè la descrizione di uno degli aspetti del bilancio del Paese. Nella fattispecie concerne la tenuta del suo sistema finanziario, quindi è usato da investitori stranieri come test preliminare dovendo decidere dove investire. Esso viene confrontato con quello di un paese che per anni è stato punto di riferimento indiscusso per molti altri di essi. È facile dedurne che il costo del debito pubblico italiano e le modalità di investimento del risparmio dipendano molto da esso. È il cosiddetto spread, il differenziale tra il rendimento dei titoli pubblici a scadenza decennale italiani e quelli con le stesse caratteristiche tedeschi. Negli ultimi mesi tale indicatore è andato ridimensionandosi: da circa 200 punti base nello scorso marzo ai poco più di 150 attuali, tanti i punti che differenziano i due debiti appena citati. Miracolo finanziario? Tutt’altro, aggiungendo che tanto non è dovuto solo al fatto che la locomotiva – leggi sistema produttivo – tedesca arranchi. La Germania in poco più di un mese ha messo un piede nello stato di recessione, seppure tecnica. Eppure di tanto si ha notizia diffusa con toni quasi sussurrati. Tutt’altro atteggiamento si manifesta quando la situazione va in senso opposto e è difficile tentare di decifrarne le motivazioni. Ciò che apre il cuore, meglio ne socchiude l’ uscio, alla speranza, sono i diversi segnali di ripresa che sta dando il Bel Paese. Seppure non seguendo una rotta lineare, la nave Italia va, e mette a bordo risultati tangibili. È la vendita della sua stessa immagine, l’italianità, più correttamente dei frutti dell’ingegno e della capacità di fare tricolore, il propulsore che fa più di ogni altra dotazione la differenza tra l’ Italia e il resto del mondo. Allo stato dei fatti, mentre a parole tutti gli italiani dichiarano di essere orgogliosi della propria origine mediterranea, molti altri continuano a comportarsi come il protagonista del film Pane e cioccolato, interpretato da Nino Manfredi. È passato circa mezzo secolo da quando fu girata quella pellicola e c’è chi ancora trova normale assumere il tipo di comportamento descritto nello stesso, credendo che sia uno dei mezzi distintivi che fanno convergere comunque l’attenzione sull’ Italia. C’è ancora dell’altro, cioè che, a tutt’ oggi, rende la situazione italiana sui generis e non nel senso positivo del termine. Giorno dopo giorno, il distacco tra maggioranza e opposizione compie un passo avanti, purtroppo non in discesa, bensì in salita, su una strada più che ripida e piena di buche. Attualmente, in seno al Governo e alle sue dirette emanazioni, sono in corso duelli verbali e anche qualcos’ altro, al calor bianco, di cui al momento nessuno avvertiva, tanto meno gli italiani, assolutamente la mancanza. Si perde in tal modo tempo prezioso, tentando di prendere scorciatoie che alla fine si dimostrano per ciò che in realtà sono, dei vicoli ciechi. Continuano a venir fornite assicurazioni dalla EU che la terza rata del PNRR è in dirittura di arrivo e sarà accreditata sul conto del Tesoro dell’Italia a fine mese. Accanto comincia a farsi strada la notizia che non si prospetta niente di simile per la quarta assegnazione entro la fine dell’anno. Non sarà mai sufficiente ripetere che, così facendo, la politica mette in gioco, oltre al Paese, anche se stessa in toto. Tanto perché dopo, se malauguratamente dovesse verificarsi il fallimento di quel piano, sarebbero riversate su di essa a quintali le accuse e gli addebiti di colpe. Nè è di grande aiuto il modo di agire del potere giudiziario in questa vicenda. Purtroppo non è una novità quella che frappone una frizione tra quei due poteri dello Stato. Infine, se si invoca il cessate il fuoco tra Russia e Ucraina, non si vede nessun ostacolo insormontabile perché le due mani dell’Amministrazione Pubblica, stringendosi anche se pro tempore le mani, facciano lo stesso. Dopo, a ricominciare daccapo, ci sara tempo più che a sufficienza. Per ora l’ importante è arrivarci, al dopo.