La giustizia tributaria italiana, attualmente, si trova in una condizione di fragilità strutturale, come evidenziato dal costante incremento delle dimissioni volontarie dei giudici e da un arretrato di oltre 250.000 casi pendenti, che richiede un intervento legislativo urgente e mirato. Sebbene la legge 130/2022 fosse stata concepita per razionalizzare e professionalizzare il sistema, essa ha paradossalmente amplificato le tensioni tra categorie di giudici, penalizzando in particolare coloro che provengono da ambiti professionali (quali avvocati e commercialisti). Tale squilibrio non rappresenta solo un’ingiustizia sistemica, ma compromette anche l’efficienza dell’intero sistema tributario.
“È inaccettabile che i giudici tributari part-time siano costretti a gestire mediamente 80-90 sentenze all’anno, un carico di lavoro che supera ampiamente gli standard internazionali. Questa pressione non trova corrispondenza in compensi adeguati o in tutele previdenziali, segnando un grave disallineamento tra le responsabilità assunte e i riconoscimenti ricevuti”, dichiara il Comitato Giudici Tributari contro la discriminazione.
Le disposizioni introdotte dalla legge 130, come l’obbligatorietà del concorso pubblico per i giudici provenienti da contesti professionali, non tengono in sufficiente considerazione l’esperienza acquisita sul campo da questi operatori, creando ritardi nei procedimenti e compromettendo la possibilità di beneficiare di competenze già consolidate nel sistema. Questa scelta ha accentuato le disparità, ostacolando la coesione interna della categoria e rallentando ulteriormente i procedimenti.
“La giustizia tributaria è un elemento cardine del sistema fiscale e del rapporto tra contribuenti e Stato. Tuttavia, il crescente numero di dimissioni e rimessioni degli interpelli da parte dei giudici rappresenta un segnale d’allarme che non può essere ignorato. L’eventuale paralisi del sistema avrebbe gravi ripercussioni per contribuenti e imprese”, avverte il Comitato.
Le soluzioni proposte nella Legge di Bilancio 2025, come l’incremento dei posti per il concorso e la proroga del decalage, appaiono interventi di natura temporanea che non affrontano le problematiche strutturali, come l’assenza di un piano per la riduzione del carico di lavoro, l’introduzione di retribuzioni proporzionate alla complessità del ruolo e la creazione di percorsi di formazione specifici per valorizzare le competenze dei giudici. “Riteniamo essenziale attuare riforme più incisive, capaci di garantire retribuzioni e tutele previdenziali adeguate per tutti i giudici tributari, indipendentemente dalla loro provenienza professionale”, sottolinea il Comitato.
Tra le proposte avanzate per assicurare una giustizia tributaria equa e sostenibile emergono:
La promozione dell’equità tra le diverse categorie di giudici, riconoscendo il valore dell’esperienza pregressa.
La revisione dei carichi di lavoro per allinearli agli standard internazionali;
L’introduzione di retribuzioni proporzionate alla complessità del ruolo e di adeguate tutele previdenziali;
Investimenti significativi in formazione continua e nella valorizzazione delle risorse umane;
L’adozione di strumenti di digitalizzazione per ottimizzare la gestione dei procedimenti.
“È indispensabile che si avvii un dialogo proficuo tra governo, giudici e operatori del settore per superare questa fase di stallo e per costruire una giustizia tributaria che sia non solo efficiente, ma anche rispettosa dei principi di equità e valorizzazione professionale. Proponiamo l’istituzione immediata di un tavolo tecnico permanente, in cui vengano discusse soluzioni strutturali e operative per affrontare le criticità evidenziate”, conclude il Comitato Giudici Tributari contro la discriminazione.