L’Italia è fiacca, si è buscata il virus della Selezione Avversa

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Il Paese è in stagnazione. Il Sud più del Nord. E nella palude dell’economia rafferma ci finiscono anche le regioni del Centro tradizionalmente rappresentative di un’Italia dinamica e vincente. I giovani meridionali emigrano a tutta forza. Anche i meno giovani. Negli ultimi 15 anni – dati Svimez – hanno abbandonato i comuni di origine 2 milioni di persone.
Diminuiscono le ore lavorate anche se aumentano le persone che lavorano. Segno che il lavoro cambia di consistenza: gli impieghi si fanno sempre meno solidi o, se vogliamo, diventano sempre più liquidi. Com’è stato notato, siamo entrati nell’era dei minijobs – dei lavoretti – senza quasi accorgercene e proprio mentre la retorica governativa assicurava il contrario.
Giuseppe De Rita, sempre vigile e acuto nonostante l’età, osserva su Repubblica che il Paese ha perso lo spirito vitale del Dopoguerra: il Paese e i suoi abitanti. Cittadini di ogni ordine e grado: la cosiddetta élite che è stata spazzata via anche semplicemente come concetto e il cosiddetto popolo che sarebbe arrivato alle leve del potere per accorgersi che non sa usarle.
Se siamo arrivati a questo è principalmente per il dilagare di un virus letale che risponde al nome di Selezione Avversa. Un male che si impossessa dei processi decisionali per corromperne il funzionamento fino a ottenere il risultato di premiare le persone, le scelte e i comportamenti peggiori. Relegando ai margini della comunità, per differenza, quello che si presenta come il meglio.
La Selezione Avversa è micidiale. S’impossessa progressivamente di tutti i gangli di una società promuovendo quello che andrebbe bocciato e bocciando quello che andrebbe promosso. Le eccezioni non mancano, certo, ma sono appunto eccezioni e dunque non fanno altro che confermare la regola. La spirale negativa si avvita sempre di più e venirne fuori diventa un problema serio.
I figli degli imprenditori non vogliono più fare impresa. Troppo rischioso e faticoso. E poco gratificante in un Paese con una cultura antindustriale che fa a pugni con la sua vocazione manifatturiera. Una contraddizione mai risolta che mette alla berlina i protagonisti del suo successo, del suo essere la settima potenza economica del mondo nonostante sia priva di materia prime e fonti energetiche.
I figli dei professionisti non vogliono più ereditare gli studi professionali dei padri. Troppo impegnativo e poco remunerativo. Meglio trasformare gli uffici in Bed & Breakfast per tentare la strada di guadagni facili. La ricerca della rendita, del quieto vivere, della scorciatoia, prende il posto dello sforzo che occorre mettere in ogni attività davvero competitiva. Perché dannarsi il corpo e l’anima?
In politica e nelle pubbliche amministrazioni si affacciano i più spregiudicati. O quelli che non hanno niente da perdere. O quelli che sommano le due caratteristiche diventando imbattibili. Una situazione sotto gli occhi di tutti resa possibile anche per l’atteggiamento (quanto involontario? quanto inconsapevole?) di una certa magistratura che scambia il diritto con la morale.
Perché meravigliarsi, allora, se le cose vanno storte? Anzi, considerate le premesse le cose vanno esattamente nella direzione in cui devono: dalla parte opposta a quella che ci vorrebbe per tornare a essere il grande Paese che siamo stati. E che potremmo continuare a essere se ci liberassimo dal virus della Selezione Avversa.