L’Italia è bloccata

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In foto Giovanni Tria

“Il dato era atteso e riflette in larga parte il rallentamento in atto nell’economia dell’eurozona”. Fanno riflettere le parole del ministro dell’economia Tria, proprio il giorno in cui l’Istat certifica crescita zero e conferma come l’Italia sia in stagnazione ormai da un anno. E prosegue “la previsione di crescita contenuta nel Def è ancora raggiungibile”. Perché viene da chiedersi quale sia la stima di crescita inserita nel Def che possa far ben sperare per una crescita del Paese nell’anno in corso.
+0,2% è la stima di crescita per l’Italia che permette al governo di usare toni rassicuranti. Nonostante le cifre diffuse dall’istituto di statistica dicano che la variazione acquisita per tutto il 2019, quindi la crescita che si avrebbe in caso di variazione nulla negli ultimi due trimestri, risulti al momento pari a zero. È inutile dirlo, il pil è fermo, per recuperare i livelli precrisi ci vorranno anni. Zero o zero virgola cambia di poco.
Perché, oltre alla crescita, il lavoro è l’altra faccia della medaglia. Tuttavia i dati più recenti sono senz’altro positivi: la disoccupazione segna la quarta flessione consecutiva, scendendo a giugno al 9,7% – dato più basso da sette anni a questa parte -; scende anche quella giovanile. E allo stesso tempo il tasso di occupazione per i 15-64enni sale al 59,2% segnando un nuovo massimo storico dal 1977. Salgono gli occupati dipendenti e cala il lavoro autonomo, con buona pace della “mini” flat-tax di Salvini.
Ma il motivo per cui l’occupazione non si riflette positivamente sul pil ce la dà il capoeconomista di Confindustria, Andrea Montanino: “Considero interessanti i dati
sull’occupazione, perché sono positivi – ha detto -, ma forse stiamo creando occupazione a basso valore aggiunto. La sensazione è che sia occupazione in servizi a basso valore”. Così “stiamo trasformando la nostra economia da manifatturiera, che crea valore aggiunto, a servizi a basso valore”.
Questa spiegazione trova sostegno anche nel fatto che tra i settori l’unico che vede un aumento del suo valore aggiunto è proprio quello dei servizi, diversamente da quello dell’industria che continua a calare.
La soluzione sembra univoca e riconosciuta da più parti nella società: lo Stato deve rilanciare un piano di investimenti pubblici, cui si uniranno magari quelli privati, e attivare riforme coraggiose come l’abbattimento del cuneo fiscale a vantaggio dei lavoratori. La prossima finanziaria è cruciale, tanto attesa e dibattuta proprio per questo.