L’imprenditorialità per un nuovo umanesimo rinascimentale

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in foto Peter Drucker, economista

La gestione del business ha messo al palo la creazione di imprese imprenditoriali, generatrici di produttività sostenibile nel tempo e promotrici di ricchezza diffusa a vantaggio del bene comune. Preso il sopravvento sull’imprenditorialità, la cultura manageriale – si rammaricava Peter Drucker, uno dei suoi padri fondatori – tanta parte ha avuto nel rendere difficile il lavoro alle persone. Le restrizioni imposte dal business all’imprenditorialità hanno accresciuto la concentrazione di potere e ricchezza nelle mani del top management e della finanza. È così che il business rispecchiandosi nella classe facoltosa che ostenta consumi vistosi e fissa gli standard dell’agire umano riproduce l’età dell’oro, un’epoca di gravi problemi sociali mascherata da una sottile doratura aurea. La memoria va alla Gilded Age americana tra gli anni settanta dell’Ottocento e il 1900 circa, e alla satira cui il sociologo americano Thorstein Veblen espose quel ceto nel suo saggio La teoria della classe agiata.

Ponendo la persona al centro dell’azione e affermando la sua dignità e autonomia, l’imprenditorialità è protagonista di un nuovo umanesimo rinascimentale nella società ancor prima che nell’economia. L’attività imprenditoriale diventa materia viva e incandescente rispetto alle fredde pratiche del business perseguite nell’impresa manageriale per assicurarsi accuratezza, diligenza, scrupolo, zelo ed efficienza degli addetti. Investendo anzitutto sul valore dell’autonomia creativa dell’uomo, l’impresa imprenditoriale punta sulla dinamicità dei co-creatori e degli intraprenditori piuttosto che sulla staticità dei posti di lavoro occupati da esecutori passivi di compiti. Gli intraprenditori sono professionisti della conoscenza che abbandonano le opportunità conformi alle abitudini prevalenti per navigare nel mare dell’incertezza alla scoperta di qualcosa che ancora non esiste. Coesistenza e conflitti cognitivi tra i diversi talenti intraprenditoriali rendono l’impresa imprenditoriale un luogo vivace dove il confronto di opinioni opposte apre le porte su opportunità da valorizzare.

Affrancatasi dall’autorità del management, l’imprenditorialità acquista quell’autonomia critica necessaria per tradurre intuizioni e scoperte scientifiche in esperienze imprenditoriali innovative nel senso che coniugano la crescita economica con il benessere e la felicità. Vista sotto questa luce, l’imprenditorialità è un movimento culturale non individualista. Ad essere imprenditoriale è la comunità, e il fine ultimo dell’imprenditorialità è la soddisfazione dei bisogni comunitari. L’appagamento delle esigenze del singolo individuo è solo un traguardo intermedio.

piero.formica@gmail.com