LGBT+. L’asessualità e il lavoro di Carrodibuoi

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di Rosina Musella

La comunità LGBT+, spesso confusa con la comunità gay, si fa in realtà portavoce di tutti gli orientamenti sessuali e le espressioni di genere che non coincidono con quella eterosessuale cisgender. Negli ultimi anni si è intensificata sempre più l’informazione relativa all’asessualità, orientamento tra i meno noti tra i vari inclusi nell’ombrello della comunità LGBT+, ma che documenti storici riportano come esistente almeno dagli anni ’70 del secolo scorso.

Per spiegare l’asessualità è anzitutto fondamentale distinguere due principali tipi di attrazione esperiti dagli esseri umani: attrazione sessuale e attrazione romantica. La prima, come indica il nome, rappresenta il desiderio che si ha di fare sesso con una determinata persona: ad esempio, una persona omo-sessuale prova attrazione sessuale verso persone dello stesso sesso. L’attrazione romantica, invece, indica di chi ci si innamori: ad esempio, una persona che si innamora sia di uomini che di donne verrà definita bi-romantica. Le persone asessuali non provano attrazione sessuale, quindi non sono attratte sessualmente da alcun sesso, ma possono provare altri tipi di attrazione, per cui potrebbero voler intraprendere una relazione romantica, convivere, formare una famiglia.
Lo scorso mese, dal 20 al 26 ottobre, è stata celebrata in tutto il mondo la Settimana per la visibilità asessuale, volta a sensibilizzare e informare i cittadini su questo orientamento sessuale troppo spesso poco analizzato. Per l’occasione, abbiamo intervistato Alessandro Garzi, tra i fondatori del collettivo toscano Carrodibuoi, una delle realtà italiane più attive in questo campo.

Cos’è Carrodibuoi?
«Carrodibuoi è un’associazione nata tre anni fa per approfondire i temi legati all’asessualità, poiché notammo la scarsa presenza di risorse sul tema, talvolta anche inesatte. Esisteva, ed esiste ancora oggi, AVEN, forum internazionale sull’asessualità, purtroppo però poco utilizzato, perché nessuno più frequenta i forum. Conoscemmo l’Arcigay Milano e iniziammo ad organizzare raduni, diventando anche amici. Era anche un modo per non sentirsi più soli. Quando notammo di essere diversi toscani, decidemmo di realizzare un gruppo regionale e nacque così Carrodibuoi, diventata poi un’associazione indipendente che, ad oggi, raccoglie iscritti da tutta Italia. Il primo Pride italiano a cui abbia partecipato la comunità asessuale fu quello di Milano del 2014, in Toscana quello del 2017 e dal 2018 siamo tra gli organizzatori dell’evento.»

Perché “carro di buoi”?
«Per il famoso proverbio: sia per giocare un po’ sulla battuta, perché siamo quelli che preferiscono il carro di buoi, ma anche per andare contro la mascolinità tossica imperante ancora oggi.»

Quali sono gli obiettivi della settimana per la visibilità asessuale?
«Di solito si organizzano incontri, tavoli informativi e anche campagne online. Quest’estate abbiamo fatto un piccolo sondaggio sui nostri gruppi social, nulla di scientifico, ma abbiamo ricevuto circa 400 risposte, che per la comunità sono tante. È venuto fuori che gli uomini e le donne asessuali, ma eteroromantici, ovvero che vorrebbero una relazione romantica, sono una minoranza, rappresentando circa il 20%; una parte degli asessuali è poliamorosa, mentre il 70% è single. Inoltre, la dottoressa polacca Ela Przybylo, nel suo libro “Asexual Erotics: Intimate Readings of Compulsory Sexuality”, riporta che circa un terzo della comunità è costituito da persone non cisgender. Talvolta, quando veniamo invitati a rappresentare la comunità in qualche programma, viene richiesto un portavoce cisgender, ma così andiamo a sottorappresentare la comunità. Quindi quando si racconta della comunità asessuale bisognerebbe raccontare di un mondo abbastanza variegato. Di solito, invece, se ne racconta solo un pezzetto, perché è quello che dà “meno noia”, è meno scomodo. Per questo, è fondamentale fare informazione nel modo corretto.»

Come avviene il coming out asessuale?
«Il coming out asessuale presenta una differenza dal coming out per un altro orientamento sessuale. Ad esempio, se una ragazza dice alla madre di essere lesbica, la madre sa cosa significhi, se invece le dice di essere asessuale, la madre non lo sa. La prima cosa che consigliamo a chi è pronto a fare coming out è sapere bene di cosa sta parlando, perché potrebbe arrivare il furbacchione di turno, lo psicologo che dirà “io ti posso riparare il figlio”. Inoltre, andrebbe fatto coming out anche col proprio partner e spesso questa cosa non viene presa in considerazione.»

La comunità è sufficientemente rappresentata dai media?
«C’è stato il coming out di Todd di BoJack Horseman (celebre serie animata Netflix – ndr), che ha fatto saltare dal divano anche me, che son grande e grosso, perché ho visto per la prima volta il nostro mondo rappresentato. Poi c’è il personaggio di Jughead Jones in Riverdale, nel fumetto asessuale aromantico, ma “normalizzato” nella serie tv; stanno nascendo, soprattutto nel mondo anglosassone, romanzi con protagonisti asessuali. A livello mediatico la rappresentazione è sempre abbastanza scarsa e ho paura che venga fuori una specie di stereotipo. A livello di informazione si sta muovendo qualcosa, ma prendiamo sempre le interviste con le molle, perché bisogna sempre tener presente il ragazzo o l’adulto che non si sia ancora dichiarato e che deve sentirsi a suo agio con la rappresentazione di sé riportata dai media.»