Leticia Mandragora e il murale omaggio al poeta Michele Sovente

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in foto il murale dedicato a Michele Sovente

L’Occhio di Leone, ideato dall’artista Giuseppe Leone, è un osservatorio sull’arte visiva che, attraverso gli scritti di critici ed operatori culturali, vuole offrire una lettura di quel che accade nel mondo dell’arte, in Italia e all’estero, avanzando proposte e svolgendo indagini e analisi di rilievo nazionale e internazionale.

di Chiara Fucci 

«A Cappella, in via Petrara, io vivo/sempre qui ho vissuto in casa dei miei/dove respiro e tesso ombre di corvi che si intrecciano con leggende di famiglia», così scriveva il letterato e poeta Michele Sovente nella sua ultima raccolta di poesie, “Carbones”. E proprio a Cappella, frazione di Monte di Procida, è stato reso omaggio a Sovente tramite un murale realizzato dalla graffiti artist Leticia Mandragora su commissione del comune, progetto che rientra anche nelle manifestazioni legate a Procida capitale della cultura. Michele Sovente è nato a Cappella nel 1948 e lì ha vissuto fino alla sua morte, avvenuta nel 2011; figura di spicco del panorama letterario italiano, ha insegnato antropologia culturale all’Accademia di Belle Arti di Napoli ed è stato uno dei maggiori esponenti della poesia contemporanea neodialettale napoletana. Michele Sovente infatti con i suoi scritti ha contribuito, tra le altre cose, all’arricchimento della memoria linguistica, ha composto poesie in tre lingue: italiano, cappellese e latino, portando alla luce le origini, sia quelle collettive che quelle sue e dei suoi concittadini. E se, seguendo il principio di Sapir e Whorf, a ogni lingua corrisponde un diverso modo di guardare il mondo, molteplici sono le visioni che Michele Sovente ha offerto, lingue-visioni che non si pongono in contrapposizione fra loro ma in un rapporto complementare, come se le une fossero necessarie alle altre al fine di costituire un’unità. Il ricordo di Michele Sovente, vivo nelle sue poesia e nelle sue parole, è ora impresso anche nel murale realizzato da Leticia Mandragora. Il volto del poeta spicca su uno sfondo blu, a ispirare le nuove generazioni al recupero delle origini e a rappresentare l’omaggio a un importante uomo di cultura, la cui poesia e le cui parole sono state collocate da Leticia Mandragora nello spazio-tempo del surreale, mentre una cornice aperta lascia che il potere della lingua superi i confini e il tempo. Questo e tanto altro ci ha raccontato Leticia Mandragora, una delle più importanti rappresentanti della street art in Italia e non solo, con un’universalità di pensiero che sembra accomunare la graffiti artist e il poeta Michele Sovente.

Hai avuto modo di rendere omaggio a Michele Sovente tramite un tuo murale. Come ti sei approcciata alla rappresentazione di un poeta italiano così importante per letteratura, lingua e tradizione?
Una delle motivazioni per cui mi piace fare questo lavoro è la possibilità di arricchire la mia cultura scoprendo personaggi di diversi territori. In questo caso ho avuto modo di scoprire  Michele Sovente e mi ha fatto piacer poter esporre e presentare la figura del poeta, mestiere che oggi sta andando un po’ a dileguarsi nel tempo. Sono stata omaggiata di un suo libro di poesie e sono rimasta molto colpita dal suo modo di scrivere, ho scoperto che era un cultore delle origini della letteratura e del dialetto del suo posto, il cappellese, e anche della letteratura antica, del latino e del greco. Mi ha fatto molto piacere rappresentare Michele Sovente sia per il suo ruolo sia per la possibilità di lasciare un messaggio alle prossime generazioni, quello di riprendere le origini.

in foto Leticia Mandragora

Il tratto distintivo dei tuoi murales è il blu, colore caratteristico anche di alcune opere di artisti quali Picasso – che utilizzandolo ha voluto velare i suoi dipinti di un’atmosfera malinconica – e Matisse. Per te il blu cosa simboleggia?
Negli ultimi anni sto realizzando un percorso artistico focalizzato al femminile, sulla donna come spirito legato a valori primitivi relativi alla femminilità, come la fertilità e la natura, per i quali scelgo la colorazione blu. Il murale di Sovente non è collocato in questo percorso e quindi non ho utilizzato il blu nel suo ritratto ma l’ho inserito nello sfondo. Riprendendo le pitture di Matisse con lo sfondo blu mi è venuto spontaneo vedere la poesia di Sovente nello spazio-tempo del surreale. Se infatti penso al mondo delle parole e alla poesia, le situo in uno spazio-tempo non definito, quasi surreale, ho voluto quindi scegliere il blu per lo sfondo in modo da rendere l’impressione che avevo avuto leggendo gli scritti di Sovente. Ho poi realizzato una specie di cornice aperta da un lato, come la lingua che varca i confini e il tempo.

Hai alle spalle un percorso universitario di tipo scientifico, apparentemente distante da ciò che fai oggi, come e quando sei approdata alla street art?
Ho portato avanti già dal liceo studi scientifici che poi ho completato all’università studiando biotecnologie farmaceutiche, che comunque aveva a che fare con l’immagine, il blu infatti lo ritrovavo già quando facevo le colorazioni di cellule, quello che vedevo al microscopio era blu. Ma in parallelo agli studi scientifici ho portato avanti fin da piccola anche gli studi artistici, ho partecipato a gare di pittura, ho creato sculture in cartapesta, ho avuto collaborazioni con diversi teatri per la realizzazione di abiti sartoriali. Ho iniziato a bazzicare nell’ambiente underground appena mi sono trasferita in Italia, frequentando la scuola scientifica cercavo vie dell’arte alternative che non fossero quelle accademiche. Mi è sempre piaciuto vedere lo studio dell’arte come studio di bottega, di sperimentazione piuttosto che come studio mnemonico del libro, e mi piace vedere l’immagine dell’artista come un ricercatore che si serve della conoscenza della realtà per poi dare una propria interpretazione o studiare, io quando dipingo penso di essere in continuo studio. È stato bello iniziare a vivere questa scena underground di Napoli anche perché c’era questa volontà di libertà, di espressione all’esterno, un contrasto tra la produzione ai fini della galleria o ai fini di un uso privato e un’arte che non ha scopi economici o di soddisfazione privata del committente ma diventa un’arte più libera. Ho poi iniziato a sperimentare la tecnica della bomboletta e dell’aerosol, la trovavo molto interessante perché legata anche alla ricerca, immaginavo lo spruzzo come le microparticelle che si mischiano.

Rappresenti spesso figure femminili, com’è essere una graffiti artist in una realtà culturale – quella dell’underground e dell’hip hop – che nell’immaginario comune sembra essere ancora di dominio principalmente maschile?
Purtroppo a Napoli e in Italia è abbastanza frustrante, la donna è molto penalizzata e anche se spesso a parole si esprimono cose diverse, di fatto ciò che fa la donna non è allo stesso livello di ciò che fa l’uomo. I murales sono un ibrido tra edilizia e graffiti, e nell’immaginario collettivo di entrambi i contesti non c’è la donna, spesso infatti mi confondono con un uomo e capita che mentre sto lavorando se c’è con me un collaboratore e qualcuno si ferma a chiedere informazioni, si rivolgono prima a lui che a me. Così anche per quanto riguarda eventi della scena underground, è difficile che ci sia la partecipazione di donne, sono poche. Mi fa però piacere, soprattutto nelle periferie, spezzare questo ideale collettivo con i fatti, far vedere ai bambini una donna sull’impalcatura, cose che non si vedono a scuola. Si parla infatti spesso degli errori del passato, ma di fatto nei libri di arte contemporanea in cui è inserita la disciplina della street art ci sono solo esempi di artisti maschili. È importante nel 2022 che anche il sistema educativo cambi e che alle parole seguano i fatti.

Per concludere, ci regaleresti una tua frase che racchiude il tuo pensiero sulla street art?
Io vorrei fare un invito alla riflessione, a valutare bene cos’è la libertà di pensiero. In riferimento alla differenza tra l’accademismo e la necessità di esprimersi al di fuori di determinati canoni o al di fuori di determinate possibilità economiche, spero tanto che in futuro non si perda mai lo spirito di utilizzare i muri non solo per eseguire una commissione, ma che si mantenga sempre la libertà di pensiero, che ci sia una street art libera.