di Arturo Artom
ROMA (ITALPRESS) – Dopo i consensi ricevuti all’appello fatto insieme a Roberto Burioni per la creazione di un Covid Call Center nazionale, vengo contattato da parecchi medici ed inizio il confronto con molte realtà sul territorio. Scopro, come spesso succede in Italia, una serie di esperienze eccellenti che però non si parlano tra loro e che in molti casi non riescono a decollare perchè bloccate dalle pastoie della burocrazia.
Oggi desidero sottolineare una vera e propria eccellenza della sanità italiana incredibilmente ancora sconosciuta, la USCA.
Come la maggior parte di noi non avevo mai sentito parlare di questo acronimo, mai. Alla terza volta che esce in una delle svariate conference call mi permetto di chiedere ‘scusatemi ma cosa sono le Usca?’.
Bene, scopro che il 9 marzo, a sole 2 settimane dall’inizio dell’emergenza Covid, il Governo ha avuto un’eccellente intuizione istituendo col Dl 14 le Unità speciali di continuità assistenziali (USCA): unità fatte di giovani medici attrezzati di tutto punto che possano andare a casa dei pazienti soprattutto sintomatici fare i tamponi e fornire le cure necessarie in modo da non intasare gli ospedali.
Bisogna riconoscere come all’inizio dell’emergenza si sia capito esattamente, e ripeto esattamente, quelle che sarebbe stato in realtà necessario organizzare per affrontare una seconda ondata come quella che stiamo vivendo drammaticamente ora. Le Usca, quindi in estrema sintesi l’anello mancante tra gli ospedali ed i medici di base.
Copio la descrizione per evidenziarne la lucidità di progettazione: ‘sono composte da un medico e un infermiere e hanno lo specifico compito di valutare, su segnalazione del medico di famiglia o del pediatra, i pazienti Covid positivi o sospetti, che sono a domicilio, nelle strutture territoriali, dimessi dal pronto soccorso o dal reparto. E’ sempre il medico del team USCA che decide, anche consultando i colleghi specialisti pneumologi, se il paziente ha la necessità di effettuare un tampone, in questo caso sarà eseguito immediatamente, oppure se necessità di ricovero, attivando il 118. Le USCA, che hanno sede negli ambulatori delle guardie mediche, verranno attivate prioritariamente tenendo conto della situazione epidemiologica dei diversi territori. I medici che fanno parte del progetto comprendono le guardie mediche o i loro sostituti, coloro che stanno frequentando il corso di formazione per medici di famiglia o i laureati che hanno superato l’esame di abilitazione alla professionè.
Bene a 8 mesi di distanza dove sono stati attivate rappresentano una vera eccellenza italiana: è una realtà a macchia di leopardo, soprattutto per iniziative di singoli dirigenti locali, che si coordina perfettamente con le guardie mediche ed i medici di base realizzandone in particolare nelle province una perfetta integrazione. Usca dovrebbe essere ormai un acronimo conosciuto da tutti gli italiani, orgogliosi di un’attività che risponde proprio alle esigenze della popolazione. Invece, al di fuori degli addetti ai lavori, nessuno le conosce.
Sono state attivate solo in un 15-20% del territorio italiano: è la soluzione giusta per affrontare al meglio questa drammatica seconda ondata. Potenziamole, facciamole arrivare capillarmente in ogni provincia e diventiamo tutti orgogliosi delle nostre USCA.
(ITALPRESS).