Nel Bazar delle Follie c’è di tutto, tranne la libertà di scoprire, la libertà di inventare e la libertà di innovare. Eppure, queste libertà sono tre cariche energetiche che conducono l’umanità verso nuove mete: quelle che il Bazar evita accuratamente. Le libertà di scoprire, inventare e innovare favoriscono la nascita spontanea di laboratori di sperimentazione dove, per tentativi ed errori, dalla reazione tra scoperta, invenzione e innovazione si produce un succo creativo che alimenta l’imprenditorialità fondatrice di nuovi mercati. Nel caso in cui le tre libertà fossero conculcate, nuove idee, innovazione e l’imprenditorialità che ne consegue diverrebbero risorse scarse nell’età della conoscenza con le sue infrastrutture di tecnologie digitali. Un punto di vista questo non ancora sufficientemente apprezzato e quindi preso in considerazione da un buon numero di leader politici che continuano a pensare che risorse scarse siano ancora il lavoro (“lavoratori”) e il capitale ordinario (“investitiori”) che, al contrario, si vanno trasformando in merci a seguito delle prestazioni offerte dalle tecnologie digitali. Accade così che i decisori politici intacchino le tre libertà. Ciò che all’avvio della reazione suddetta e nelle sue prime fasi è un vuoto cambia progressivamente in un pieno di regolamentazione. La comparsa di nuove idee offre ai decisori politici l’opportunità di allargare il proprio campo d’intervento. Promuovere, negoziare, sovrintendere, controllare sono queste le quattro modalità d’intervento in un ordine sequenziale dettato dalle circostanze in cui le tre libertà si manifestano. Per esempio, nei paesi mediterranei gravati come sono da una sempre crescente montagna di documenti di orientamento normativo e di pareri scritti, il cuore dell’intervento pubblico sta nella creazione, il più delle volte avvalendosi di fondi messi a disposizione dell’Unione Europea, di sovrastrutture. Nel corso dell’ultimo trentennio nella regione del Mediterraneo c’è stata una mobilitazione straordinaria da parte delle istituzioni per costruire parchi scientifici e tecnologici, centri d’innovazione e incubatori d’impresa su cui l’autorità pubblica sovrintende e detiene il controllo societario, al fine di promuovere l’innovazione e negoziare i risultati con i soggetti privati. Queste sovrastrutture sono associate ad appesantimenti burocratici, mancanza di trasparenza, cattiva allocazione delle risorse e inefficacia. Questi sono i fattori che hanno rimpicciolito la libertà degli innovatori di creare un’impresa secondo i propri intendimenti, di entrare e uscire liberamente dal mercato e di attirare capitali privati con la calamita delle loro prestazioni.