Le sentinelle dell’export vogliono contare di più

47

Il sistema camerale italiano vuole imprimere un segno nuovo nella promozione dell’export italiano. Non a caso il forum convocato domani ad Ancona nell’ambito della Il sistema camerale italiano vuole imprimere un segno nuovo nella promozione dell’export italiano. Non a caso il forum convocato domani ad Ancona nell’ambito della 23a Convention Mondiale delle Camere di commercio italiane all’estero (vedi il programma in pagina), ha per titolo “Globalizzazione, Imprese e Reti: il Sistema Camerale Italiano e Italiano all’estero per una promozione diversa”. L’obiettivo, spiegano gli organizzatori, non è soltanto fare il punto sulle prospettive dell’internazionalizzazione (mettendo a confronto rappresentanti del sistema economico, soggetti della promozione e istituzioni), ma ridefinire il ruolo dei territori e delle Camere di commercio (italiane e italiane all’estero) “per affiancare, in maniera innovativa, le imprese sui mercati esteri”. Dal dibattito emergeranno spunti e indicazioni utili a formulare un documento che metta al centro la funzione “che il sistema camerale, nel suo complesso, può svolgere nel quadro di una rinnovata e più moderna policy di supporto all’internazionalizzazione delle Pmi”. Ne parliamo con il direttore generale di Assocamerestero, Gaetano Fausto Esposito. Dottor Esposito, che cosa c’è che non va, oggi, nel modo in cui viene promosso l’export? Perché e come deve cambiare il modo di sostenere le aziende italiane all’estero? Il fatto è che quando oggi si parla di aiuti all’export si pensa ancora a una promozione tutta orientata alla crescita dei beni venduti all’estero. Si vede il problema solo in termini quantitativi. E invece? Si tratta di un’impostazione inadeguata al livello di complessità delle attività di commercializzazione nel mondo. La crescita delle nostre imprese all’estero, oggi, non può che passare attraverso accordi produttivi più larghi, che talvolta implicano la necessità di triangolazioni internazionali. Il rapporto Paese-Paese ha sempre meno importanza. In che senso? Nel senso che può capitare, e anzi capita sempre più spesso, che il Paese di destinazione di un dato prodotto funzioni da piattaforma commerciale per penetrare in altre aree. E’ per questo che parlo di triangolazioni. E da tutto ciò si può capire, come dicevo, quanto siano diventati complessi i flussi commerciali internazionali. E poi c’è dell’altro… Cioè? Vede, quando si parla di promozione, oggi, si ha in mente soprattutto il sostegno all’export. Ma questo è solo un aspetto del problema. Si dimentica che l’import è altrettanto importante, e va curato allo stesso modo. Deve essere sostenuto e promosso quanto l’export. Insomma, occorre una visione di sistema. Per questo il ruolo della camere di commercio all’estero è così importante? Certo. Ormai è evidente che il modo in cui finora si è lavorato a fianco delle pmi per aiutarle a imporsi all’estero è insufficiente. Il sostegno da parte di un soggetto istituzionale è importante ma non basta. Il commercio estero va promosso e sostenuto tenendo a mente il contesto, la rete. E svolgendo una politica che favorisca il radicamento – tramite accordi multilaterali – sul territorio. Insomma: trattare il mondo dell’import-export come un sistema unitario? Certo. Si consideri che in Italia abbiamo 200 mila imprese che esportano e quasi altrettante che importano prodotti. E che accanto a queste ne abbiamo censite 70 mila pronte a internazionalizzarsi: che ne avrebbero le potenzialità eppure non riescono a farlo. Sono imprese disseminate sul territorio italiano: un mondo che va preso in cura nel suo insieme. In che modo? Da un lato rendendo sempre più fitta la rete delle camere di commercio italiane all’estero: le quali svolgono il compito di accogliere queste imprese e accompagnarle nel loro percorso di affermazione nel mondo. Dall’altro allargando e approfondendo l’ interazione con l’altra rete, quella delle camere di commercio italiane (di cui va rafforzata la competenza sull’internazionalizzazione). Ecco cosa intendo quando parlo di una promozione diversa. Un solo blocco al servizio dell’export, insomma? Sì. In passato ci sono state troppe sovrapposizioni. Ma i tempi sono cambiati. Le risorse sono scarse. I compiti di ognuno vanno razionalizzati e coordinati meglio. Al soggetto pubblico spetta solo il compito di organizzare la cornice: occuparsi delle grandi manifestazioni, dell’apertura di nuovi mercati, della missione paese, delle grandi campagne di immagine, delle attività, diciamo così, all’ingrosso, dell’internazionalizzazione di scala. Alle Camere, invece, spetta il lavoro al dettaglio: quello di cucitura con le singole imprese che vanno coordinate all’interno di una strategia globale.


Le Camere italiane all’estero I NUMERI • 81 Camere di Commercio Italiane all’Estero presenti in 55 Paesi • 140 punti di assistenza nel mondo • 25.000 associati (70 per cento aziende locali) • 300.000 imprese CHE COSA SONO • Associazioni di imprenditori e professionisti, le Ccie sono uno dei soggetti di riferimento del Sistema italiano di promozione dell’internazionalizzazione (assieme all’Agenzia Ice e all’Enit) CHE COSA FANNO • 2.000 iniziative per un investimento complessivo di circa 50 milioni di euro: questo l’impegno che, in media, ogni anno vede le Camere di commercio italiane all’estero coinvolte in attivita?e azioni di assistenza mirata, che mettono a disposizione delle imprese il patrimonio di conoscenze ed esperienze delle Ccie e valorizzano la loro capacita?di aggregazione di imprese e territori per promuovere l’interesse del business italiano all’estero • L’80%circa delle risorse e? dedicato ad iniziative per favorire partnership e collaborazioni tra aziende italiane ed estere e al tempo stesso ad un’assistenza costante e personalizzata alle imprese, attraverso l’organizzazione di missioni imprenditoriali, incontri BtoB, la partecipazione alle principali manifestazioni fieristiche in Italia e all’estero, seminari, workshop, informazioni di mercato, studi di fattibilita?, assistenza legale, fiscale, finanziaria.