Xi Jinping ha chiarito, fin da febbraio 2014, in un suo ormai famoso discorso, che la Cina deve diventare rapidamente una cyber-potenza.
Ovvero, che le Forze Armate devono, come il resto del popolo cinese e delle sue organizzazioni, arrivare e superare lo standard tecnologico definito attualmente dall’Occidente.
Se l’URSS voleva “superare” l’Occidente, ma mantenendo i propri squilibri strutturali, la Cina vuole invece trasformare il suo peculiare socialismo, quello che Xi Jinping definisce sempre “con caratteristiche cinesi” senza modificare lo stile socialista ma adeguando i propri meccanismi sociali all’evoluzione della tecnica e della scienza.
E’ una sfida straordinaria, ma merita di giocarsela.
L’informatica, dice Xi, è strategica per tutta la Cina e occorre che il Paese sia, oltre che bene informatizzato, come già è, anche capace di innovazione autonoma.
E qui c’è il ruolo specifico delle Forze Armate, che devono riunire i ruoli, civili-militari, della ricerca IT e della sicurezza informatica; e che devono controllare la rete per tutta l’estensione del territorio cinese e, in questo caso, anche oltre.
Vi è qui proprio il nucleo del pensiero militare di Xi Jinping: il ruolo essenziale delle FF.AA. nella costruzione del “socialismo con caratteristiche cinesi”, un tema che riguarda sia la politica interna che quella estera, sia il civile che il militare.
Per il mondo, secondo Xi, le FF.AA. cinesi devono costruire ed esercitare il ruolo di una Cina che è grande potenza al pari delle altre, e che anzi tende ad egemonizzare, intanto, l’Asia del Sud-Est poi, in concordia discorde con la Russia, lo Hearthland terrestre centro-asiatico.
Se, prima, le FF.AA. cinesi erano tradizionalmente le protettrici della stabilità politica interna e dei confini, oggi le strutture militari di Pechino sono lo strumento primario dell’espansione del potere di influenza cinese fuori dai confini, pur mantenendo ancora, insieme alla Polizia del Popolo, il ruolo di controllo politico interno.
“Avere la coscienza del pericolo” e “vigilare anche in tempo di pace”, ecco il motivo, di ascendenza maoista, per cui Xi conferisce alle FF.AA. un ruolo della massima, direi della più elevata, importanza.
Pensare il PCC senza le sue Forze Armate è quindi impossibile, fin dall’inizio della Lunga marcia.
Infatti, da questo punto di vista è molto importante la decisione, intrapresa durante il 18° Comitato Centrale del PCC, nel 2012, che istituisce una Commissione per la Sicurezza Nazionale.
Una sicurezza, dice Xi, fortemente centralizzata, adatta alle nuove sfide, efficiente e autorevole.
La politica, anche quella interna, della Cina è definita dalla sua logica strategica e dai suoi meccanismi di sicurezza, esterna e interna.
Anche sul piano dell’economia.
La piramide creata dal Presidente Xi quindi, in questo caso, ha come obiettivo numero 1 la sicurezza del popolo, come presupposto (2) la sicurezza politica, poi, alla base, (3) la sicurezza economica e, come garanzia finale ma essenziale, la sicurezza militare, culturale e sociale.
A contorno di tutto ciò, la sicurezza internazionale.
Da taoista esperto, anche se il sistema politico cinese è sempre più modellato sulla sapienza confuciana, Xi Jinping pensa qui a unire la sicurezza tradizionale con quella “obliqua”.
La sicurezza, oggi, è simultaneamente (e questo è un concetto estraneo al pensiero strategico attuale occidentale) politica, territoriale, militare, economica, culturale, sociale, scientifico-tecnologica, informatica, ecologica, delle risorse e, infine, nucleare.
Questo elenco lo ha scritto Xi Jinping.
La Commissione suddetta funziona con i criteri che già hanno garantito il successo dello sviluppo socialista con “caratteristiche cinesi”, ma senza l’imitazione pericolosa del meccanismo sovietico: il centralismo, la pianificazione scientifica, la sintesi di accentramento e decentramento, l’elevatissima efficienza.
Un dato essenziale, oggi, per le FF.AA. cinesi, è anche la lotta contro il terrorismo.
Per Xi, la guerra al terrorismo riguarda la difesa dello sviluppo interno cinese e delle grandi riforme presenti e future.
Se, in occidente, la lotta anti-terroristica è soprattutto una guerra alle “anomalie” dell’Islam, vere o presunte, e ai singoli “soggetti” magari devianti e folli; per la Cina la guerra al Terrore è invece essenziale per costituire la capacità del popolo cinese di “porre all’esterno” tutta la minaccia terroristica, che è essenzialmente, in questo caso, “separatismo”.
Ovvero il separatismo vero e proprio dello Xingkiang, che ha già posto, da molto tempo, minacce terroristiche all’interno del territorio cinese, e non del solo Xingkiang, e ha esportato il suo jihadismo in Afghanistan e altrove in Medio Oriente, fino alla Siria.
Per Xi, la lotta al terrorismo è anche un progetto di nuova armonia sociale, di ricomposizione dei contrasti economici e sociali, per uno sviluppo armonico e sostenibile.
E’ un progetto che vale per lo Xingkiang ma anche per il resto della Cina.
Da qui, deriva la difesa dei diritti e degli interessi personali legittimi.
Se, agli inizi della Repubblica Popolare Cinese, il collettivo era primario, e talvolta l’unico dato, rispetto al soggettivo, la teoria di Xi presuppone uno spazio per la soggettività e i suoi diritti che interrompe davvero una lunghissima tradizione politica cinese.
Detto tra parentesi, temo che anche la Cina, come l’Occidente, tenda a ridurre il “terrorismo” ad azione di soli gruppi.
Ma il terrorismo è proprio quello che, impropriamente, si definisce “guerra santa”, ovvero jihad.
Che è una trasformazione politica, antropologica, teologica, che riguarda tutto l’Islam, “moderato” o “estremista”.
Ma Pechino sa controllare bene gli effetti del commercio e, magari, dell’alleanza politica regionale con i Paesi che, storicamente, fomentano e finanziano il terrorismo islamico.
Mentre l’occidente, oggi più “materialista volgare” dei paesi nati dalle rivoluzioni marxiste-leniniste, pensa solo agli affari e accetta ingenuamente le parole di circostanza di alcuni paesi arabi e islamici.
Per Xi Jinping, tutto l’ambito della sicurezza nazionale copre una grande varietà di settori: dalla scienza e dalla tecnica fino alle tradizioni culturali, dalle infrastrutture alle telecomunicazioni, dall’informazione di massa alla finanza.
Tutto ha una faccia che guarda la sicurezza nazionale, che si esplica in tutti i grandi settori della vita e dell’economia cinese.
Non c’è, nella dottrina cinese attuale, una separazione netta e assoluta tra civile e militare.
Sempre secondo Xi Jinping, i militari cinesi devono, proprio per adattarsi a questo nuovo ambiente di sicurezza globale, approfondire il marxismo-leninismo, la Teoria di Deng Xiaoping, il Pensiero di Mao, la Teoria delle Tre Rappresentazioni, l’analisi scientifica dello sviluppo futuro, e seguire ogni giorno la più stretta disciplina di partito.
Un approccio strettamente confuciano alla gerarchia.
Il Partito si basa esplicitamente, oggi come ieri, sulle Forze Armate, ma non per la repressione, che è oggi quasi inesistente e inutile, ma per la sua disciplina interna e per la sua stessa azione politica.
Di converso, il Partito chiede alle FF.AA. di essere strettamente legate alla linea, alle direttive e all’organizzazione del Partito stesso.
Senza le forze armate, il Partito è impotente, senza il Partito le strutture militari cinesi sono del tutto incapaci di agire.
Ma non perché prive di comandi, ma soprattutto in quanto ormai prive di consistenza organizzativa e di finalità operativa.
“la direzione del Partito è la stessa di quella del lavoro politico delle FF.AA.”, come dice Xi, e il fine del PCC è quello, afferma sempre Xi Jinping, di “costruire” le FF.AA.
In primo luogo, si richiede oggi alle forze armate cinesi di rafforzare la propria leadership interna ed esterna.
Senza una capacità di guidare i cuori e le menti, senza una particolare forza di convincere della giustezza e della bontà dei propri ideali, non vi è forza militare che possa vincere.
Questo, Xi Jinping lo sa benissimo.
Al cuore dell’Esercito del Popolo vi è sempre la capacità di diffondere e rendere accettabile un mito, nel senso di Pareto, che è lo stesso di quello del Partito.
Rafforzare gli ideali è parte dell’educazione di tutto il popolo cinese, e quindi, in particolare, dei soldati.
Nulla è più idealistico, quindi, di un movimento rivoluzionario che si richiama al “materialismo storico e dialettico”.
Quindi, aumentare la professionalità e anche l’”idealismo” per così dire, degli ufficiali superiori, in primo luogo, poi di tutta la catena gerarchica. Altro obiettivo attuale dell’ELP.
In secondo luogo, lo dice ancora Xi Jinping, le FF.AA. dovrebbero acquisire lo spirito del Partito e i suoi principi fondamentali.
Le forza armate cinesi devono, alla fine del loro sviluppo attuale, “essere” il Partito.
Come dice un antico proverbio cinese, “eseguire gli ordini fa la maestà del militare”, e Xi ritiene che ci debbano essere regole molto chiare su cosa fare e non fare, in tutti gli ambiti del sistema militare cinese.
Ed che è il Partito che le definisce.
Poi, le FF.AA. della Cina Popolare devono, sempre secondo Xi Jinping, mantenere e migliorare costantemente una già elevata capacità di combattimento.
La capacità effettiva di combattimento è l’unico standard che il Partito analizza per stabilire l’efficacia reale delle sue FF.AA.
Combattere per vincere, solo per vincere.
Ma il lavoro politico è essenziale anche per migliorare la capacità di combattere.
E’ la linea del Partito n.1.
Il lavoro politico, nelle FF.AA., serve soprattutto per chiarire gli interessi nazionali da difendere sempre e comunque; e per sostenere poi l’obiettivo specifico dello sviluppo economico.
Quindi, è un pressante obiettivo, per l’attuale dirigenza politica cinese, è quello di ristabilire l’autorità e il prestigio del lavoro politico all’interno delle FF.AA.
E, in questo caso, come è sempre accaduto nella storia dell’Armata Rossa cinese, il valore assoluto è quello del fare, non del dire.
Ma c’è anche, all’orizzonte di tutte queste questioni sul rapporto politico tra Esercito Popolare di Liberazione e Partito Comunista Cinese, il tema della grande riforma delle FF.AA. cinesi.
Per Xi, la situazione attuale della trasformazione delle forze armate ricorda quella dei primi momenti della Repubblica Popolare cinese.
Se prima, come dice il Presidente Xi, la Cina era solo una grande nazione, ora essa è grande ancora, certamente, ma soprattutto molto potente.
Ma, per definire la Grande Riforma delle FF.AA. di Pechino, occorre porre la questione nell’ambito delle grandi trasformazioni internazionali.
Per la Riforma militare, qui occorre ripetere la serie di “dottrine” necessarie, secondo il Partito, a creare la riforma stessa: il marxismo-leninismo, il pensiero di Mao Zedong, la Teoria di Deng Xiaoping, la teoria delle Tre Rappresentazioni, e infine il Disegno Scientifico per lo Sviluppo.
Le “teorie” sopraccitate non sono semplice retorica o ideologia nel senso classico.
Sono in effetti i fondamenti astratti e, soprattutto, le giustificazioni, per cambiare le strutture, le gerarchie, le attività delle FF. AA. dall’interno.
Secondo la Commissione Militare Centrale, che è insieme uno dei vertici del Partito e il vertice definitivo della organizzazione militare cinese, il lavoro politico, riguardante le forze armate cinesi, si occupa soprattutto della standardizzazione degli armamenti e dell’organizzazione, del coordinamento tra le Forze, del rapporto positivo tra l’organizzazione militare cinese e lo sviluppo economico del Paese, infine della creazione di nuove strategie, per operare all’interno del Nuovo Ordine Mondiale.
La riforma oggi programmata serve, secondo il PCC, a organizzare meglio le suddette strategie di settore e a moltiplicare, quindi, il potere militare (e politico) dell’Esercito di Liberazione Nazionale.
E’ in questo contesto che la Commissione Militare Centrale prende su di sé tutta la amministrazione dell’ELP, della Polizia Armata del Popolo, della milizia, delle Forze della Riserva.
E’ questo, evidentemente, il modo scelto da Xi per accelerare la riforma delle FF.AA. e, soprattutto, per controllarne e razionalizzarne i costi.
E, naturalmente, questo è il modo specifico in cui il Partito riafferma il suo pieno e assoluto controllo sulle FF.AA. cinesi.
Vi sarà poi un “Comando CMC” per le forze di teatro, e un comando CMC per le truppe di servizio, mentre i comandi regionali sono trasformati in comandi di Teatro e vi è un nuovo joint command delle forze da battaglia per ogni comando di Teatro, già regionale, mentre il tutto sarà rafforzato dalla joint command organization della CMC.
Per eliminare la corruzione, la rete dei controlli disciplinari sarà separata e autonoma rispetto alla gerarchia di comando.
Nessun militare, di nessun grado, può oggi conferire direttamente servizi al pubblico.
Entro il 2020 sarà poi realizzata la riforma dei gradi e delle gerarchie, e sarà anche realizzata l’integrazione di settore tra civili e militari.
Un’area chiave questa, del futuro militare cinese, come sostiene Xi Jinping: l’integrazione civile-militare sarà essenziale proprio per lo sviluppo delle infrastrutture, nella scienza, nella tecnologia, nell’industria, nella costruzione e progettazione delle armi, nell’outsourcing della logistica, nelle tecniche comunicative per la mobilitazione di massa.
Poi non dimentichiamo la cibernetica, l’oceanografia, lo spazio interstellare, la biologia e tutte le scienze oggi di avanguardia.
Tutte arre in cui i civili avranno ruoli notevoli.
La direzione di tutto ciò, ovviamente, sarà sempre nelle mani della CMC.
E’ proprio per rafforzare le FF.AA., quindi, che la dirigenza cinese riafferma duramente la piena e assoluta preminenza del PCC sulle Forze Armate.
Integrità politica delle FF.AA., quindi, e derivante centralizzazione dei comandi presso la CMC.
Primo obiettivo della leadership del Partito: la combat readiness, con la relativa costruzione di una élite militare che si sia esercitata a combattere in ogni tempo e luogo e sotto ogni circostanza, quando ciò venga richiesto.
Secondo obiettivo: preparazione costante per la guerra. La guerra vera.
Certo, il popolo cinese e i suoi dirigenti vogliono e desiderano appassionatamente la pace, ma vogliono anche eliminare rapidamente qualsiasi aggressore.
Più aumenta la combat readiness, maggiore è la paura, da parte di qualsiasi avversario, a iniziare lo scontro.
Qui, si intuisce come lavoro politico e attività professionale siano strettamente uniti, nel mondo militare cinese.
Poi, ancora, è centrale, per Xi e la dirigenza attuale del Partito, il rafforzamento delle strategie militari cinesi con la scienza e la tecnologia, il che è appunto quello che i dirigenti chiamano l’”innovazione”.
E, di nuovo, una forte integrazione civile-militare.
Che abbatte i costi e offre le migliori tecnologie, a patto che vi sia correttezza e affidabilità da entrambe le parti.
Nel White Paper 2019, vi è poi la richiesta di “lottare contro l’egemonismo statunitense”, ma anche l’adattamento cinese, almeno iniziale, al nuovo panorama strategico globale.
Nell’era di Xi Jinping, le FF.AA. cinesi aumentano fortemente il loro grado di preparazione, lo abbiamo visto, con la PLA che vuole trasformarsi in una forza “di livello mondiale” verso la metà di questo secolo.
Esplicito è anche l’impegno del PLA verso “la pace mondiale”, ma obiettivo esplicito, nei testi dottrinali e strategici cinesi attuali, è sempre “l’egemonismo USA” e le Forze Armate statunitensi.
Il PLA, afferma il documento, si specializzerà nell’armamento a lungo raggio, di precisione, nella tecnologia stealth e nei vettori privi di guida umana.
La “guerra futura”, per le FF.AA. cinesi, sarà legata soprattutto all’Intelligenza Artificiale, all’informazione quantica, ai big data, al cloud computing, all’Internet delle Cose.
La forma della guerra si sta accelerando, nella sua evoluzione tecnologica, verso la guerra informatizzata e la guerra “intelligentizzata” (nel senso tecnologico del termine).
E’ questa la “linea di base” del PCC cinese oggi.
E’ tutto questo, evidentemente, un adattamento al sistema cinese della vecchia linea della Revolution in Military Affairs, la RMA USA del 1991 circa, nata a partire, paradosso della storia, proprio da un vecchio progetto del generale sovietico Ogarkov.
E proprio qui, la Cina esplicita la massima volontà di rimuovere ogni ostacolo alla ricostruzione della RMA “con caratteristiche cinesi”, anche modificando temporaneamente i progetti oggi in attuazione delle stesse FF.AA.
E’, inoltre, la Third Offset Strategy statunitense che interessa molto, oggi, i cinesi.
La 3OS è un insieme di nuovi concetti operativi e innovazioni tecnologiche, per garantire agli Stati Uniti la superiorità strategica e tattica contro gli avversari attuali. Ovvero, in primo luogo, la Cina.
Tutta la geopolitica della 3OS è pensata oggi per il Sud-Est asiatico e per la Cina, guarda caso.
L’idea centrale della 3OS è oggi quella delle access/area denial, una difesa a strati delle aree primarie Usa, contro un avversario di pari evoluzione tecnologica.
Si tratta di difendere le basi Usa più vicine alla Cina, quelle delle isole, da un attacco evoluto da parte di un grande nemico.
Sempre in questo quadro teorico, nel Libro Bianco 2019 cinese vi è una forte sottolineatura del ruolo della Forza di Supporto Strategico della PLA, che si occupa di Spazio, di Cyber, e di guerra elettronica, un nuovo strumento militare unificato per le operazioni da RMA.
La PLA si occupa oggi, soprattutto, di riparare il proprio technology gap e quindi di evitare alla radice il rischio di una “sorpresa tecnologica”.
Da global class, quindi, a first-global class, sarà questa la futura e rapida evoluzione tecnologica e dottrinale dell’ELP.
E’ uno sforzo notevole, ma siamo certi che l’Esercito di Liberazione Popolare ne sarà pienamente capace.
E immaginiamo qui il nuovo equilibrio globale delle forze: gli Usa bloccati tra l’Oceano Indiano e quello del Sud Est Pacifico, la riduzione del legame tra Tokyo e Washington, la probabile concentrazione delle Forze Usa tra Medio Oriente e Africa, il controllo cinese dell’Asia Centrale.