Le Amate Terre di Anna Rosati ad Art City Bologna

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Courtesy Anna Rosati, Bologna 2023

L’Occhio di Leone, ideato dall’artista Giuseppe Leone, è un osservatorio sull’arte visiva che, attraverso gli scritti di critici ed operatori culturali, vuole offrire una lettura di quel che accade nel mondo dell’arte, in Italia e all’estero, avanzando proposte e svolgendo indagini e analisi di rilievo nazionale e internazionale.

L’Occhio di Leone torna a Bologna dove, dal 2 al 5 febbraio torna Artefiera. Anche quest’anno la più longeva fiera dell’arte italiana e non solo, si apre alla città con l’undicesima edizione del progetto Art City Bologna, il progetto di alleanza culturale nato dalla collaborazione tra Comune di Bologna e BolognaFiere per affiancare con mostre, eventi e iniziative speciali l’annuale svolgimento di Artefiera e proporre un’originale esplorazione di musei, gallerie e luoghi d’arte in città. Ed è proprio nell’ambito di Art City 2023 che un’artista che questa rubrica conosce molto bene sarà protagonista con Amate Terre, il progetto site specific, fotografico e installativo di Anna Rosati, con montaggio video di Agnese Mattanò, a cura di Azzurra Immediato. Progetto che incontrerà gli spazi e la storia di una antica chiesa felsinea, Santa Maria e San Valentino della Grada, afferente alla Parrocchia Samac e guidata dal giovane e lungimirante Don Davide Baraldi, affatto nuovo alle incursione nell’arte contemporanea. Il progetto, che sarà visitabile nei soli giorni che vanno dal 2 al 5 febbraio 2023, racconta una storia per immagini che affonda nelle profondità della memoria. Scrive la curatrice Azzurra Immediato nel testo critico che accompagna Amate Terre: ”Esiste un tempo passato che non può più tornare e che pure, tuttavia, ha la capacità di farsi forma altra mediante una sospensione, una quiete che reca con sé moti dell’animo cristallizzati in una immagine, sia essa ricordo, visione, sogno. Il tempo, dunque, ormai perduto, tenta di agguantare il presente servendosi della fotografia, precaria sosta che chiede, così, di ritrovare e rimandare quanto non più qui.” Ed è in una proiezione onirica che si inserisce Amate Terre, portando ad emersione – video e fotografica – luoghi e istanti lontani da noi. A raccontare ancor più il concept del progetto è la stessa artista Anna Rosati, quando afferma: “Il paesaggio in sé non esiste più, diventa solo un ricordo vissuto, privato, una geografia inconscia che mi rispecchia e sfugge da ogni parte, come un sogno in cui riconosco, infine, le amate terre di mio padre.” In tal maniera, perciò, seguendo quanto suggerito dalla Rosati, sembra che il suo lavoro e le opere in mostra traducano “mediante geografie inconsce, simbolismi attoriali, memorie familiari, stratificazioni architettoniche e paesaggi che sfiorano la superficie, giustapposizioni di reminiscenze, spazi, istantanee altrimenti sfuggenti, come fossero frammenti di sogni, ancorati, tuttavia, alla materia, che si fissa nella fotografia e riprende movimento nel video, offrendo, nella sua brevità, il ruolo di ricongiunzione tra cielo e terra, tra il qui e l’allora, prospettiva privilegiata, accadente laddove tutto ha capacità di ricomporsi, in una dimensione che è ben oltre il reale e il visibile.” All’interno di tale ricerca, poi, la Chiesa di S. Valentino si pone, dunque, in questo viaggio ai confini del tempo, quale privilegiata ‘casa’, ove amore e collettività, sacro ed esistenziale si legano in una tensione intimamente soggettiva e profonda, in cui scorgere, nella nostalgia del passato, segnali d’edificazione per nuovi ricordi. Ed infatti, accogliendo nuovamente dinamiche artistiche ed antropologiche, S. Valentino, la cui storia da secoli rinnova il dialogo tra anime, riconosce in Amate Terre di Anna Rosati il racconto di un innamoramento per un tempo che pur appartenendo al passato, torna in vortici immaginifici, svela trame di un ancestrale legame filiale e che, astrattamente, trova un parallelo nel paesaggio marchigiano delle origini, quelle terre amate che raccontano la volubilità della vita, la sua mappatura interiore, la scoperta di ininterrotti tragitti che tornano percorribili, per pochi istanti, trovando nuovo riparo. Un racconto che si sviluppa a Bologna, terra di vita dell’artista e terra d’adozione della regista Agnese Mattanò, che, senza dubbio, sapranno tracciare una preziosa ed inedita mappatura.  

In foto dettagli da Amate Terre