L’Italia, con l’ENI, risponde a volo all’ invito di Bruxelles a incrementare la collaborazione tra i paesi della area nord e quella sud. Conquista così il suo spazio operativo nel mare del Nord, uno dei suoi assi nella… Manica. Altrettanto l’ ENI sta facendo in Africa, in Angola per la precisione. Là si è conquistata un nuovo posto al sole, ben diverso da quello ambito nella prima metà del secolo scorso da altri paesi proprio a quelle latitudini. Ancora una volta è l’economia a fare da sherpa alla politica internazionale.
Molti anni fa fu il prototipo di una azione simile a quella espressa in rima da Alessandro Manzoni che descrisse in versi il compendio del Cinque Maggio. In particolare, con l’espressione “dalle Alpi alle Piramidi”, per indicare la portata dell’impresa di Napoleone nella campagna d’Egitto. Qualcosa del genere era stata spunto di celebrazione di quanto avvenne oltre la Manica un paio di secoli dopo l’inizio dell’era cristiana. Furono diverse e di ogni genere le opere realizzate dai protagonisti delle diverse arti per rappresentare e consegnare alle generazioni future testimonianze di cosa fosse stato fatto, regnante l’imperatore romano dell’ epoca Adriano. Per citarne solo uno, la costruzione del cosiddetto muro che ancora oggi fa da confine tra l’Inghilterra e la Scozia.Da quelle parti è ancora definito Adrian Wall, mentre dagli italiani e dalle altre popolazioni che orbitano nel bacino del Mar Mediterrano lo conoscono come Vallo di Adriano. Compiendo un salto con la mente da allora a oggi, ci si accorge, dopo poche battute, che l’Inghilterra ha da quel di chiuso in cantina il proposito di altre conquiste e si è specializzato nella realizzazione di opere dell’ ingegno adatte a far vivere l’ umanità in condizioni almeno dignitose e lavorando meglio con maggior sicurezza. È per tale stato delle cose che la compagnia petrolifera di stato italiana è riuscita a insediarsi nel capitale sociale della Hytaca Ltd, azienda operante nel mare del Nord e dintorni per la conservazione dell’ambiente, specialmente per quello che consegue all’ estrazione di idrocarburi.Prima di tutto il controllo della immissione nell’atmosfera di anidride carbonica, gas inquinante. Lo stesso commento è valido per la joint venture dell’ ENI con la Azule in Somalia, anch’essa operante nel settore del GPL e della messa in sicurezza dei residui della lavorazione dello stesso, anch’essi inquinanti. Come abbia fatto il leone a sei zampe a dominare l’istinto predatore del drago inglese,
si può spiegare, in modo ancora più comprensibile, almeno per buona parte di quanti cercano di capire cosa stia succedendo realmente. É la specializzazione che la lupa italiana è riuscita a conquistare nel tempo che la eleva. Per di più il Paese non si è mai distratto dallo stare dietro di essa a inseguire traguardi non di stretta attinenza con il suo oggetto sociale. Proprio pertanto In Africa l’ENI sta dimostrando che il sogno di Enrico Mattei, che la sua creatura arrivasse a competere ad armi pari con quelle che furono le Sette Sorelle- le grandi compagnie petrolifere- si sta avverando.Quelle stesse iniziarono, oltre un secolo fa, a trivellare il pianeta dovunque si sentissero i miasmi degli idrocarburi. Oggi il numero di quelle stesse big company è arrivato a più del raddoppio di quello iniziale. Un solo aspetto della vicenda lascia perplessi anche gli avventori di qualche Pub di Londra. I soldi per tale operazione, almeno in parte, non sarebbero potuti essere spesi meglio, utilizzandoli nella transizione green? Al di là delle belle parole di chi è addetto a portare voce, il dies a quo l’umanità sarà tenuta fuori dagli effetti degli inquinanti non è intravedibile, nemmeno con un buon telescopio. Appena pronunciata quella domanda che potrà essere considerata da alcuni banale, sarà come se si fosse acceso un faro di quelli usati negli impianti sportivi. Sono tanti gli handicap che ostacolano la transizione ecologica. Come finirà? Ai posteri l’ardua sentenza, ritornando così da dove ha preso il via quel gioco di società fuori ordinanza.