L’arte e la forma secondo Luca Coser

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L’occhio di Leone, ideato dall’artista Giuseppe Leone, è un osservatorio sull’arte visiva che, attraverso gli scritti di critici ed operatori culturali, vuole offrire una lettura di quel che accade nel mondo dell’arte avanzando proposte e svolgendo indagini e analisi di rilievo nazionale e internazionale.
di Redazione

L’Occhio di Leone dalla sua postazione di ‘osservatorio sull’arte visiva’ continua il suo ciclo di indagine e seguita a dialogare con gli artisti di una mostra che ha sfidato la seconda ondata della pandemia, a Milano: ‘Oltre la Forma’, negli spazi di Area 35 Art Gallery di Giacomo Marco Valerio, a cura di Azzurra Immediato. Oggi le nostre 3 domande raggiungono Luca Coser, artista e docente a Brera, tra i protagonisti della mostra insieme con Pietro Finelli, Paolo Manazza e i maestri del Novecento Mario Schifano, Tano Festa e Mimmo Rotella. Anche a Luca Coser abbiamo chiesto di riflettere sul momento attuale e di raccogliere le sue impressioni per i lettori, in un periodo di grande altalenanza ed incertezza in cui l’Arte sembra, in un certo qual modo, restituire il campo di ponderazione e costruttiva analisi storica, senza gli eccessi della politica, del sistema mainstream e dell’improvvisazione inutile e sterile. A partire dalla mostra milanese il ragionamento di Coser ha preso altre strade per diramarsi in un interessante e valido flusso di pensiero che riguarda il mondo dell’arte, in generale, e questo nostro tempo.

Luca Coser, per Lei, cos’è l’Arte?
Un viandante pigro, indolente, che registra e restituisce a suo modo un paesaggio.

L’ultima mostra italiana di cui è protagonista, Oltre la Forma, a Milano, racconta del rapporto tra sei artisti e della loro traduzione del reale in pittura. Il titolo lascia intendere alcune concezioni ma, la Forma cosa rappresenta nella sua esperienza artistica?
Nelle dinamiche del mio lavoro la forma corrisponde al suo negarsi, all’affermarsi attraverso la sua sottrazione. Per come la concepisco in arte, la forma è il risultato di un processo che ha a che fare con l’idea di soglia, di “tra”, uno spazio intermedio che include sia il dentro che il fuori. La forma raggiunta a seguito di un percorso conoscitivo per me non è mai un punto di arrivo ma di partenza, in questo senso è soglia, soglia instabile.

Cosa prospetta il panorama artistico oggi, secondo Lei e cosa, invece, si aspetta dalle istituzioni,pubbliche e private, all’indomani dell’emergenza Covid19 che ha travolto anche l’Arte?
Il panorama artistico oggi credo sfugga a ogni definizione soddisfacente, non possiede aspetti teorici fermi e credibili in quanto troppo legato alle dinamiche della comunicazione, a sua volta gestita da logiche economiche. È un panorama mutevole, portato a soddisfare se stesso e al contempo ciò che rispetto a se stesso è contrapposto, di conseguenza propone di continuo e con efficacia sempre nuovi luoghi del pensiero e assieme zone di mercato, giustifica tutto, non impone (al contrario di quello che può sembrare), semplicemente accompagna lo spirito del tempo e colpisce al momento giusto secondo tecnicismi che con l’arte hanno poco a che fare. Non ha dei prediletti, scommette su possibili vincenti, qualsiasi vincente. Da questo punto di vista il territorio italiano è poco attraente per l’arte contemporanea, è considerato vecchio, stanco e privo di un mercato significativo, invece continua a funzionare per la creatività del design (in senso lato) industriale e artigianale.
Dalle Istituzioni pubbliche italiane mi aspetto, sarebbe meglio dire mi auguro, a seguito del periodo difficile, un rinato interesse per la ricerca, per la ricostruzione di un’identità forte attraverso il sostegno dei “talenti collettivi”, quei contesti dai quali emergono i talenti individuali, questi contesti che fanno rete e che influenzano fette di società partendo dal basso, dai cortili, dai quartieri.
Dai privati non favoriti dagli investimenti pubblici non ci possiamo aspettare nulla se non, nella migliore delle ipotesi, entusiasmo e creatività imprenditoriale, dipendono troppo da un’economia di mercato sempre più esclusiva e selettiva che concentra capitali nelle mani di pochi a scapito delle realtà più piccole. Molte gallerie chiuderanno senza essere sostituite. Ma questo è un fenomeno che riguarda tutto e tutti, non solo il mondo dell’arte. L’ho già scritto qualche tempo fa, di certo nell’immediato aumenterà la contrapposizione tra potere e desiderio, i ricchi rimarranno ricchi e i poveri saranno più poveri, in mezzo svariate ansie. Spero di sbagliarmi.

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Luca Coser ci racconta di una forma che è tramite, varco, “soglia instabile” in universo già incerto che, forse, necessita di nuova negazione per trovare la giusta identità, nella sua pura essenza, troppe volte violata da meccanismi e processi che hanno modificato in malo modo i principi con cui l’Arte ha, da sempre, dialogato con la sfera esistenziale. Interessante è, senza dubbio, come Coser abbia definito il momento nel nostro Paese: “il territorio italiano è poco attraente per l’arte contemporanea, è considerato vecchio, stanco e privo di un mercato significativo” e questo 2020, teatro di trasformazioni non volute, improvvisate e riadattate ai bisogni di narcisistica narcosi e forse meno a quelli della ricerca intrinseca ha continuato a non sapersi innovare davvero, se non continuando ad emulare modelli altri e, probabilmente, già obsoleti a qualche mese di distanza. È in tal senso che l’appello alle istituzioni sortisce l’effetto di una vera chiamata a combattere lo status quo – non certo come accaduto sinora, ovvero con discutibili, quando non ridicole, ‘opportunità di visibilità’ – per rifondare una nuova e profonda ricerca, una indagine fattiva che sia in grado, in modo strategico ma anche storico di andare ‘oltre la forma’.
La mostra meneghina in cui Luca Coser è assieme agli artisti già citati, intende, nella sua veste di ricerca, porsi come soglia di indagine, visiva e concettuale, in cui le tracce del passato hanno segnato, in maniera colta e conscia, la forza di un mutamento straordinario di cui, oggi, l’eco sosta e si vivifica nelle opere dei tre contemporanei, il cui dialogo, prorogato in galleria e online, mostra e dimostra quanto il colloquio dell’arte possa essere sempre foriero di nuove imprescindibili prospettive.
‘Oltre la forma’ è visibile online, tramite viewing room a questo link.