Il 3 ottobre scorso si è tenuta a Sarajevo la commemorazione dell’italiano Gabriele Moreno Locatelli, ucciso il 3 ottobre 1993 mentre manifestava per l’interruzione dei combattimenti nella Capitale della Bosnia Erzegovina insieme ai volontari dell’associazione religiosa “Beati Costruttori di Pace”. La cerimonia – riporta l’Ambasciata – si è svolta presso il Ponte Olga e Suada di Vrbanja, luogo in cui l’attivista è stato colpito a morte dai cecchini. Alla presenza dei media locali e di molti rappresentanti dell’associazionismo e della cooperazione italiana in Bosnia Erzegovina, l’Ambasciatore Nicola Minasi ha posto una corona di fiori innanzi alla targa posta a memoria di un ragazzo, che ha sacrificato la propria vita per portare un messaggio di pace ed impegno civile che ha ispirato un’intera generazione di giovani adoperatisi per portare sollievo alle vittime del conflitto in ex Jugoslavia.
“Gabriele è stato la prima vittima civile italiana della guerra in Bosnia Erzegovina e l’Italia ha avuto vittime da parte di tutte le parti in lotta”, ha detto Minasi. “La loro testimonianza è stata fin dall’inizio di vicinanza alla popolazione civile e di richiamo alla pace ed alla convivenza pacifica, a difesa dei diritti umani e di un’autentica democrazia. È un impegno che dice tanto ancora oggi ai politici della Bosnia Erzegovina, alla società civile ed alla Comunità Internazionale”. L’Ambasciata, conclude la nota, “Ringrazia tutti coloro che si sono uniti a questo momento di raccoglimento che mantiene vivo il ricordo e l’insegnamento di Gabriele Moreno nell’impegno quotidiano di tutti noi”. Locatelli, entrato nell’associazione pacifista “Beati i costruttori di pace”, arrivò a Sarajevo per manifestare a favore di una soluzione pacifica della guerra civile fra etnie bosniache e serbe. Allora la vita civile nella città era completamente paralizzata dalla presenza di cecchini che sparavano su chiunque fosse a tiro. Il 3 Ottobre , con altri quattro pacifisti (Luigi Ceccato, padre Angelo Cavagna, Pier Luigi Ontanetti e Luca Berti), stava attraversando il ponte Vrbanja sul torrente Miljacka, che divide la città, per un’azione simbolica: deporre una corona di fiori sul luogo della prima vittima di quella guerra: la giovane SuadaDilberović uccisa nell’aprile 1992 durante le prime manifestazioni per la pace a Sarajevo, e quindi offrire del pane ai soldati bosniaci e a quelli serbi, che si fronteggiavano dalle sponde opposte del ponte. Ad un tratto venne raggiunto dalla direzione del ponte , dai colpi di un cecchino, e morì dopo due interventi chirurgici. Sono note le sue ultime parole : “Stanno tutti bene?”. È stato seppellito nel cimitero di Canzo il 7 ottobre 1993 e sulla sua tomba, in una teca di vetro, è esposta la sua bandiera della pace; al suo nome è stato intitolato il nuovo centro della Protezione civile del suo paese natale. All’ingresso della sua casa natale di Canzo è posta una frase del Cantico dei cantici: Forte come la morte è l’amore.