La transizione tecnologica è già iniziata da diversi anni

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di Ugo Calvaruso

“Per comprendere la nostra situazione”, scrive Nick Srnicek nel suo testo intitolato Capitalismo digitale (2017), “è necessario individuare come questa si leghi a ciò che l’ha preceduta”. L’autore individua 3 momenti come fondanti ed essenziali per lo sviluppo del capitalismo digitale, ossia: 1) la risposta alla recessione degli anni Settanta, 2) il boom e la recessione degli anni Novanta e, anche, 3) la risposta alla crisi del 2008. Questi momenti hanno “creato le condizioni per la nuova economia digitale”.
Con l’avvento della crisi pandemica questa “nuova” economia, soprattutto in Italia, ha avuto una forte accelerazione e impatti di un certo tipo. Innanzitutto, ha determinato l’emergere di nuovi temi, quali il ricorso alle piattaforme digitali per la maggior parte delle nostre attività quotidiane e l’uso del cosiddetto smart working (o definibile anche come lavoro ibrido), che si va distinto dalle forme di telelavoro degli anni Novanta. In secondo luogo, è sorta la necessità di ammodernare non solo le infrastrutture tecnologiche, come le dorsali in fibra e il 5G, ma anche di associare allo sviluppo industriale la questione della sostenibilità, definibile anche come “transizione ecologica”.
Quindi, da un lato, la transizione digitale implica una trasformazione sistemica dell’organizzazione sociale e aziendale, sostituendo o implementando così strumenti, tecniche e pratiche già esistenti; e, dall’altro, orientarsi su stili di vita e produttivi più sostenibili.
Con il diffondersi del Covid-19, la generale mission europea ha subito un forte ri-orientamento, poiché la transizione tecnologico-digitale è stata quella associata fortemente allo sviluppo e alla transizione ecologico-ambientale, ponendo in evidenza l’impatto che lo sviluppo tecnologico ha e continuerà ad avere sull’ambiente. Mission che, nei fatti, trova dinanzi a sé molti ostacoli e innumerevoli difficoltà in termini di attuazione. Anzi, con la guerra in Ucraina parte di queste missioni sono in corso di reindirizzamento.
Appare così chiaramente un’abitudine delle società “post-moderne”: si parla di mission che hanno, per l’appunto, una pianificazione di medio-breve periodo; quando dovremmo iniziare a costruire una nuova visione di medio-lungo periodo. Comprendere cosa aspettarsi e come costruire il “nuovo” mondo. Questo implicherebbe il superamento della logica dell’emergenza e del pressapochismo, per affrontare seriamente lo sviluppo di una nuova forma economica nascente, di cui già si parla da molti anni.