La Svimez: Il Sud può diventare protagonista della transizione ecologica

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Lo sviluppo delle energie rinnovabili è una delle finalità primarie assunte anche dall’Italia per partecipare agli obiettivi di decarbonizzazione al 2030 e 2050 posti dalle Nazioni Unite e dall’Unione Europea. In questo senso si orientano il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima approvato nel 2019, la definizione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e, non meno rilevante, la Proposta di piano per la transizione ecologica di luglio 2021 che proprio al PNRR è strettamente collegato. Il Mezzogiorno può e deve diventare l’area del Paese in cui sviluppare maggiormente quella parte della transizione ecologica che riguarda lo sviluppo delle energie rinnovabili, e in particolare del fotovoltaico e dell’eolico. Lo sostiene un Report della SVIMEZ redatto con la collaborazione scientifica di REF Ricerche e che ha avuto come sponsor Enel Green Power: “Le prospettive di sviluppo delle energie rinnovabili in Italia e nel Mezzogiorno. Stato dell’arte e valutazione di impatto degli investimenti nel settore eolico e fotovoltaico.” Il Rapporto evidenzia, infatti, che il Mezzogiorno può assumere un ruolo di guida, relativamente allo sviluppo del fotovoltaico e dell’eolico, ambiti nei quali si registra già un buon posizionamento dell’Italia in Europa e delle regioni meridionali rispetto al resto del Paese. Muovendo dall’analisi degli obiettivi indicati dal PNIEC e dagli altri più recenti documenti di programmazione, la SVIMEZ ha calcolato il costo necessario ad attivare i nuovi impianti eolici e fotovoltaici ‒ così da centrare gli obiettivi di decarbonizzazione ‒ e il conseguente volume di investimenti teoricamente necessario per la loro realizzazione. Allo stesso tempo, è stata effettuata una valutazione dell’impatto macroeconomico, nazionale e a livello di singole regioni, di tali potenziali investimenti, con orizzonte temporale al 2030. Nel complesso, sarebbero necessari investimenti per oltre 82 miliardi di euro a livello nazionale, la cui distribuzione privilegerebbe le regioni meridionali, verso le quali sarebbe necessario destinare circa 48 miliardi di investimenti, pari al 58,9% del totale. Questa mole di interventi genererebbe, su scala nazionale, un incremento nel valore della produzione ‒ al netto delle attività non market ‒ di 148 miliardi di euro; per ogni euro di investimento se ne creerebbero 1,8 nell’intero sistema economico. Il Valore aggiunto addizionale sarebbe pari a 55 miliardi di euro. L’impatto, in termini di incidenza del Valore aggiunto attivato sul Pil sarebbe pari al +3,1% sul 2019 a livello nazionale; anche in questo caso sarebbe maggiormente rilevante nelle regioni del Mezzogiorno (+5%) rispetto al CentroNord (+2%). L’incidenza sul Pil sarebbe particolarmente significativa in Basilicata (17,3%), Molise (10,3%), Puglia (8,0%) e Sardegna (5,8%). Gli investimenti complessivamente ipotizzati sarebbero tali da attivare, nell’intero periodo, 373 mila occupati aggiuntivi, di cui 156 mila nelle regioni meridionali e la parte restante, pari a 164 mila, in quelle del Centro-Nord. Le condizioni affinché ciò avvenga presuppongono lo sviluppo di una nuova capacità di produzione di energia da fonti rinnovabili, andando a rimuovere tutti gli ostacoli e le barriere che in qualche misura frenano tale processo. In particolare: 1) Bisogna ridurre e rendere certi i tempi degli iter autorizzativi. 2) Debbono essere individuate le aree che risultano idonee ad ospitare impianti per le rinnovabili coniugando esigenze produttive con la tutela dell’ambiente; il Report evidenzia come l’impatto sul consumo di suolo funzionale ad accrescere gli impianti sarebbe comunque estremamente contenuto. 3) È necessario che gli interventi assunti dal decisore pubblico siano affiancati da quelli dei principali operatori del mercato; 4) È indispensabile agevolare un’ampia accettazione politica e sociale degli impianti rinnovabili come fattore abilitante alla transizione energetica, favorendo il dialogo tra cittadini, Istituzioni e gli stakeholder interessati.