Con la sentenza 500/1999 la Corte di Cassazione ha ribaltato completamente l’orientamento giurisprudenziale in materia di risarcibilità del danno in ambito amministrativo, attenuando quella differenza netta che distingueva i diritti soggettivi dagli interessi legittimi.
Nel 1996 Giorgio Vitali conveniva davanti al Tribunale di Firenze il Comune di Fiesole per sentire condannarlo al risarcimento dei danni conseguenti al mancato inserimento, nel piano regolatore generale, tra le zone edificabili, dell’area di proprietà dell’istante oggetto di convenzione di lottizzazione stipulata con l’ente locale nel 1964. Il Consiglio di Stato aveva già annullato il detto P.R.G. nel 1990 per difetto di motivazione circa le ragioni che avevano indotto l’amministrazione a disattendere la convenzione. Il Comune di Fiesole adduceva tra le difese, oltre al difetto assoluto di giurisdizione, il mero interesse legittimo del signor Vitali, in attesa di realizzazione di iniziative edificatorie, e non un diritto soggettivo perfetto, sottolineando il fatto che la Pubblica Amministrazione possedesse altresì un potere potestativo di carattere pubblicistico circa l’assetto del territorio.
“La lesione di un interesse legittimo, al pari di quella di un diritto soggettivo o di altro interesse (non di mero fatto ma) giuridicamente rilevante, rientra nelle fattispecie della responsabilità aquiliana (ovvero responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c.) solo ai fini della qualificazione del danno come ingiusto. Ciò non equivale certamente ad affermare la indiscriminata risarcibilità degli interessi legittimi come categoria generale. Potrà infatti pervenirsi al risarcimento soltanto se l’attività illegittima della P.A. abbia determinato la lesione dell’interesse al bene della vita al quale l’interesse legittimo, secondo il concreto atteggiarsi del suo contenuto, effettivamente si collega, e che risulta meritevole di protezione alla stregua dell’ordinamento. In altri termini, la lesione dell’interesse legittimo è condizione necessaria, ma non sufficiente, per accedere alla tutela risarcitoria ex art. 2043 c.c., poiché occorre altresì che risulti leso, per effetto dell’attività illegittima (e colpevole) della P.A., l’interesse al bene della vita al quale l’interesse legittimo si correla, e che il detto interesse al bene risulti meritevole di tutela alla luce dell’ordinamento positivo”.
Questo lo storico principio statuito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che necessita di essere analizzato nel dettaglio per estrapolarne ogni singolo principio.
Innanzitutto, la responsabilità del danno per lesione di interesse legittimo corrisponde ad un modello di responsabilità extracontrattuale, disciplinato dall’articolo 2043 del codice civile, ma non tutti gli interessi legittimi sono meritevoli di tutela, risulta infatti necessario che sia leso l’interesse al bene della vita al quale l’interesse legittimo si collega.
Una volta individuati gli interessi legittimi oppositivi e gli interessi legittimi pretensivi, i primi sono volti a mantenere intatta una posizione di vantaggio, quindi il collegamento con il bene della vita è facilmente individuabile, mentre nel secondo caso, ovvero negli interessi legittimi pretensivi il bene della vita leso si ricollega al diniego illegittimo di un provvedimento richiesto, oppure dal ritardo ingiustificato di questo.
Di particolare rilievo, in questo caso, è il giudizio prognostico, volto a verificare nella singola fattispecie la fondatezza della pretesa meritevole di tutela, evitando così di emanare provvedimenti per meri interessi legittimi privi di cause fondate alle spalle. Il procedimento del giudizio prognostico tiene conto del campo di applicazione della discrezionalità dell’amministrazione, delle norme di settore, e al termine si statuisce se il soggetto richiedente si trova in una posizione di oggettivo affidamento, o se si trova di fronte ad una mera aspettativa non tutelabile.
Affinché sia accertata la responsabilità extracontrattuale dell’amministrazione non è necessario solo che si verifichi una lesione di un interesse legittimo, altresì è necessario che sia accertata la illegittimità dell’azione amministrativa, che non necessariamente però presuppone la colpa. Il giudice dunque verifica se l’illegittimità risulta lesiva degli interessi di buon andamento e imparzialità, nei limiti della discrezionalità.
La disciplina del Diritto Amministrativo vuole che la colpa non sia imputata al funzionario agente (al quale potranno essere irrogate sanzioni disciplinari interne), bensì all’apparato nel suo complesso. Per semplificare l’onere probatorio a carico del danneggiato, la giurisprudenza ha ammesso l’utilizzazione di un istituto di Diritto Privato, ovvero le presunzioni semplici, che devono essere gravi, precise e concordanti; inoltre, il danneggiato può addurre come prova la stessa illegittimità dell’azione come errore inescusabile, quindi spetterebbe all’amministrazione dimostrare il contrario, ovvero che si trattava di errore scusabile.
Il risarcimento del danno è commisurato alla perdita di chance, intesa come concreta ed effettiva occasione di conseguire un determinato bene o risultato.