La sonda Rosetta segna una svolta: il primo atterraggio su una cometa

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Un nuovo passo che segna una svolta nell’esplorazione dell’universo: per la prima volta in assoluto è stato pianificato l’accometaggio (atterraggio sulla superficie di una cometa) di un lander. Il grande annuncio Un nuovo passo che segna una svolta nell’esplorazione dell’universo: per la prima volta in assoluto è stato pianificato l’accometaggio (atterraggio sulla superficie di una cometa) di un lander. Il grande annuncio è arrivato oggi ed è stato svelato anche il luogo di accometaggio di Philae – questo il nome del lander – che sarà rilasciato dalla sonda Rosetta l’11 novembre sulla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko. “Quella di Philae è un’impresa mai tentata prima. È rischiosa, ma sarà un punto di svolta nelle attività di esplorazione dell’universo che resterà – ha dichiarato il prof. Roberto Battiston, presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana – come passo fondamentale che non dimenticheremo, per il quale abbiamo la soddisfazione di sottolineare il grande contributo messo in campo dall’Italia attraverso l’Agenzia Spaziale Italiana”. Il 6 agosto scorso Rosetta aveva perfettamente centrato l’obiettivo: il rendez-vous con la «sua» cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko, da cui la separavano solo 100 km. Da allora gli scienziati e gli ingegneri della missione hanno studiato attentamente i possibili siti di atterraggio per Philae. Nelle prime due settimane in orbita intorno alla cometa, la sonda ha collezionato informazioni preziose, mediante gli strumenti OSIRIS, VIRTIS, GIADA, MIRO, ALICE e ROSINA. Il Landing Site Selection Group, costituito da scienziati e tecnici responsabili per la gestione del lander Philae, ha così potuto selezionare cinque siti per l’atterraggio del lander Philae, che sono stati presentati lo scorso 25 agosto. Nel frattempo, la sonda Rosetta ha continuato ad osservare la cometa avvicinandosi a meno di 50 km dalla superficie, permettendo osservazioni più dettagliate dei siti selezionati. Nel corso di un meeting svoltosi tra il 13 e il 14 settembre, dalla rosa dei cinque è stato selezionato il luogo principale che verrà proposto allo SC di Philae e ad ESA come sito di atterraggio per Philae (l’adozione finale è prevista ad ottobre). Il sito identificato è noto al momento come Sito J. Cosa ha reso questo luogo «ideale» per il landing? “Il Sito J è quello che meglio tra tutti riesce a coniugare le esigenze degli scienziati con i vincoli di sistema e della dinamica di volo” – riferisce Mario Salatti, co-Project Manager per il lander Philae – “il tempo di discesa dal momento di distacco dall’orbiter all’atterraggio è di poco più di 7 ore e permette di svolgere le operazioni pianificate nella prima sequenza di investigazioni con l’energia a disposizione nelle batterie e con l’energia solare garantita dalle buone condizioni di illuminazione (circa 7 ore, seguite da 5 di buio) di questo sito. La visibilità dell’orbiter è adeguata perché tutti i dati raccolti vengano scaricati sul satellite, nonché per il successo dell’esperimento CONSERT (condiviso tra orbiter e lander). In base alle informazioni disponibili sulle asperità presenti, i cambi di inclinazione e le simulazioni del comportamento dell’apparato di atterraggio, il sito J fornisce migliori garanzie rispetto agli altri, ma si deve tenere bene a mente che l’atterraggio è un processo molto rischioso. Se si avrà successo, Philae e i suoi strumenti avranno l’opportunità di studiare la sostanza di cui le comete sono costituite nella sua struttura originaria, in quanto questo sito pare essere coperto meno di altri dal materiale ricaduto dalle fasi di attività precedenti”. Oltre al sito primario, è stato individuato un sito di back-up: il Sito C. “Il processo che ha portato all’annuncio odierno è un mirabile esempio di cooperazione internazionale e interdisciplinare” – continua Salatti – “in poco più di un mese dall’arrivo alla cometa, la miriade di dati raccolti da Rosetta è stata processata a tempo di record per permettere a tecnici e scienziati di operare una scelta così importante per Philae in maniera consapevole e condivisa”. Rosetta è una missione dell’ESA con contributi dei suoi stati membri e della NASA. Il lander Philae è stato sviluppato da un consorzio internazionale a guida di DLR, MPS, CNES e ASI. La partecipazione italiana alla missione consiste in tre strumenti scientifici a bordo dell’orbiter: VIRTIS (Visible InfraRed and Thermal Imaging Spectrometer) sotto la responsabilità scientifica dell’IAPS (INAF Roma), GIADA (Grain Impact Analyser and Dust Accumulator) sotto la responsabilità scientifica dell’Università Parthenope di Napoli, e la WAC (Wide Angle Camera) di OSIRIS (Optical Spectroscopic and Infrared Remote Imaging System) sotto la responsabilità scientifica dell’Università di Padova. A bordo del lander, è italiano il sistema di acquisizione e distribuzione dei campioni SD2 (Sampler Drill & Distribution), sotto la responsabilità scientifica del Politecnico di Milano, ed il sottosistema dei pannelli solari. La sinergia tra industria, ricerca e università ha permesso di mettere in campo una sinergia in grado di dare una impronta fondamentale alla missione. La componente industriale italiana ha visto impegnate le aziende Finmeccanica Selex ES, Telespazio e Thales Alenia Space, oltre al CISAS dell’Università di Padova, e si è distinta nella realizzazione degli strumenti scientifici, della Navigation camera, dei sensori stellari e dei pannelli solari della sonda, nonché nella integrazione dell’orbiter di Rosetta. Anche Napoli nella missione C’è anche Napoli nella missione stellare. Fa parte del progetto, infatti, c’è anche una macchina napoletana, si chiama Giada, supervisionata dai ricercatori dell’università Partenope. Scopo di Giada è decifrare i codici del linguaggio con sui è stato costruito l’universo. Come se non bastasse, oltre a dare indicazioni sulla nascita dell’universo, Giada servirà anche a darci qualche “dritta” sulla nascita della vita sulla Terra. Lanciata 10 ani fa a bordo della sonda Rosetta, Giada ha percorso sinora più di 6mila milioni di chilometri tra “fionde gravitazionali” (gravity assist) intorno a Marte e alla Terra, incontri ravvicinati (flyby) con gli asteroidi Steins e Lutetia, per atterrare finalmente sulla “sua” cometa: la 67P/Churyumov-Gerasimenko, dove Rosetta sgancerà il lander Philae. I nomi, ovviamente, non sono a caso: come la famosa Stele di Rosetta e l’obelisco di Philae ci hanno permesso di tradurre i misteriosi geroglifici egizi, la sonda europea ha il compito di svelare gli enigmi della nebulosa protoplanetaria che ha costruito i mattoni del Sistema Solare. E lo potrà fare grazie a undici strumenti (quanti sono i laboratori a bordo della sonda) che andranno a comporre altrettanti tasselli di un puzzle ancora tutto da scoprire. Un puzzle sì scientifico ma in buona parte anche filosofico. Tra gli interrogativi sul tavolo c’è, per esempio, quello sull’origine della vita sulla Terra, su cui è chiamata a dare della risposte proprio la macchina partenopea. Segugio di polvere di stelle Giada, realizzato da un consorzio italo-spagnolo sotto la supervisione scientifica della Parthenope, sta per “Grain Impact Analyser and Dust Accumulator” e, insieme a Virtis guidato dell’Istituto Nazionale di Astrofisica di Roma, a Osiris messo a punto dall’Università di Padova, e al sistema di acquisizione e distribuzione dei campioni Sd2 sviluppati dal Politecnico di Milano, rappresenta il “made in Italy” della missione. A svolgere un ruolo importante anche le aziende del gruppo Finmeccanica come Selex Es, Telespazio e Thales Alenia Space. “In particolare Giada – spiega Alessandra Rotundi, responsabile scientifico del progetto – è uno strumento in grado di analizzare piccoli grani di materiale presente nella chioma della cometa misurandone proprietà fisiche, dinamiche e velocità. La polvere intercettata è grande al massimo pochi centimentri ma in media non raggiunge neanche 50 micron”. Ma che informazioni potranno mai dare pezzettini così minuscoli di una cometa? “Le comete – osserva la scienziata – sono corpi molto particolari perché vengono dai margini del Sistema Solare, hanno vissuto lontano dal sole e quindi non hanno subito corruzione, è come se provenissero dal passato. In questo senso sono come una fotografia della nascita del sistema solare”. Il grande bombardamento Ma Giada potrà darci delle risposte anche sulla nascita della vita: 3,9 miliardi di anni c’è un grande bombardamento di comete sulla Terra, e “solo” un milione di anni dopo si registra il fiorire della vita. Gli studiosi vedono in questa coincidenza un nesso tra le comete e il sorgere del bìos. “Le comete sono viste – conclude Rotundi – come portatori di ingredienti come acqua e molecole organiche prebiotiche. Se è davvero così potremo scoprirlo presto anche grazie a Giada”.