In questa terza tappa del viaggio, i pochi ribelli del Bazar si misurano con l’ignoranza che si apprende, che è consapevole, genuina, piena di propositi, di motivazione, d’immaginazione, che è creativa. L’ignoranza creativa ha una lunga storia, da Socrate a Sant’Agostino a Niccolò Cusano, che scrissero di ignoranza che si apprende; al filosofo tedesco Fichte che disse che il non conoscere è un viaggio nell’infinito; al riformatore dell’istruzione negli Stati Uniti Dewey, che scrisse quanto è importante l’ignoranza genuina per cambiare l’istruzione. Ai giorni nostri, Hans Magnus Enzensberger, politologo tedesco ha scritto che l’ignoranza creativa viene da gesti di rifiuto delle mappe della conoscenza acquisita, e il professor Stuart Firestein, biologo della Columbia University, tiene un corso sull’ignoranza, ha scritto un libro dal titolo “Ignoranza” e dice ai suoi studenti, “abbiate la capacità negativa per abitare nel mistero, nello sconosciuto e nell’inesplorato”. In letteratura, scrittori come Sir Arthur Conan Doyle (si veda il suo “Uno studio in rosso”) hanno suggerito di non riempire a dismisura – e, quindi, di svuotare periodicamente – la soffitta della conoscenza.
È arduo il passaggio dall’edificio della conoscenza all’altro dell’ignoranza: ci vogliono le doti di un acrobata tanto esperto quanto sono forti i venti che soffiano contro. Sono i venti della scuola tradizionale e soprattutto in paesi, come il Bazar, di ordini professionali che fissano, come nel Medioevo, regole e standard che impediscono agli ignoranti creativi di tracciare sentieri inediti, estranei alle mappe della conoscenza. E a proposito di scuola tradizionale, è bene richiamare un intellettuale italiano dei primi del ‘900, Giovanni Papini. Papini intorno agli Anni ’10 del ‘900 scrisse che le scuole non dovevano più avere banchi e cattedre, che bisognava sostituire la lezione con dei laboratori di sperimentazione dove gli studenti, tra di loro e con i docenti, potessero dialogare intorno ai loro studi e alle loro ricerche, fino a dire a un collega, “guarda, io uso la tua idea nel campo in cui tu non la usi, in un campo diverso”. Inizia così un gioco che è nello stesso tempo di cooperazione e di competizione.
I veri Papini hanno avuto un seguito? Sì, ma purtroppo non nel Bazar. Il Presidente della Stanford University ha promosso lezioni e materiali di supporto gratuiti online. Il campus di Stanford è l’arena del dialogo tra studenti e professori. Mentre noi vogliamo riformare le nostre Università, nei mondi più avanzati le Università vengono ridefinite, non riformate.