La ricerca e il persuasore (non più) occulto

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20 giugno 2014: seconda partita della nazionale italiana ai mondiali in Brasile. Alla stessa ora di quel giorno, il rettore dell’Alma Mater di Bologna, Ivano Dionigi, alza la sua voce in una cerimonia pubblica per dire: “Cosa si pensa della ricerca nel nostro Paese? Riteniamo davvero che si dia futuro senza ricerca? Vogliamo continuare a credere e a fare credere nel 2014 che un calciatore valga di più un ricercatore?” È l’economia, stupido: questo direbbero al Rettore che è un latinista quanti sanno della triste scienza, come il saggista inglese Thomas Carlyle definì l’economia. Davvero sono dettati dal mercato gli emolumenti delle più o meno brillanti stelle del calcio, della canzone, dell’intrattenimento e dei talk show televisivi? Dietro la quinta della scena dove si recita la commedia sul mercato, a muovere le fila è il persuasore occulto (non più solo nascosto, come tra poco vedremo) del giornalista americano Vance Packard – un persuasore il cui nome è “pubblicitario”. È la pubblicità, bellezza: questa la risposta della gente di marketing al nostro latinista. Il quale, va detto, molto potrebbe loro raccontare sull’arte della pubblicità coltivata nell’impero romano. Basti dare uno sguardo ai muri esterni delle botteghe nella Pompei del tempo che fu. Dalla pubblicazione nel 1957 del libro di Vance sui persuasori occulti (“The Hidden Persuaders”, pubblicato l’anno dopo da Einaudi con lo stesso titolo in italiano) sono trascorsi poco meno di sessant’anni. Un tempo sufficientemente lungo per far nascere e crescere il persuasore non più nascosto, celato, dissimulato, ma il suo omonimo: scoperto, visibile, noto. In Italia, l’ha concepito e partorito mamma Rai. È cresciuto nella sua casa; nel frattempo, altri persuasori visibili sono entrati nel gioco del mercato grazie alla nascita della costellazione “Tv private”. All’unisono, pubblici e privati che siano, i nostri persuasori visibili hanno aperto un inedito vaso di Pandora, contenitore non dei mali del mondo ma del bene che c’è nel tifare per la gente dello spettacolo e nel sognare prima e proporsi poi come stella nascente gareggiando tra “Forte Forte Forte” della Rai e “X Factor” di Sky. “È il mercato, stupido” va allora corretto in “È il mercato doppato, purtroppo”. Tanto doppato che, a dispetto delle più nere previsioni dei mediologi, Sanremo 2015 ha fatto guadagnare alla Rai 6 milioni di euro. Se mai il lettore coltivi la fiducia che, grazie a un avanzo di tutto rispetto, la mano pubblica si ritragga giusto un poco dalla Rai per concedersi all’importanza del non sapere in recita ai festival della scienza di Genova e di Roma, lo consigliamo di lasciare la sua speranza alle porte dell’inferno dove Belzebù, il persuasore visibile, la fa da padrone.