La Questione Morale, in versione riveduta e corretta, per di più in trasferta 

in foto Donald Trump

Enrico Berlinguer, da dove si trova, sicuramente avrà approvato quanto ha deciso il procuratore di Manhattan nei confronti dell’ex presidente americano Trump. Erano gli anni ’70 quando il segretario del PCI parlò per la prima volta della Questione Morale. All’ inizio si riferiva all”invadenza dei partiti nelle istituzioni pubbliche, del resto le espressioni Manuale Cencelli e Sottogoverno risalgono al periodo immediatamente precedente quella stagione. Se quell’ uomo politico potesse riformulare il suo pensiero oggi con l’intento di ampliare e attualizzare quanto all’ epoca osservato e preso in considerazione, con molta probabilità si troverebbe di fronte a una scelta non facile sull’argomento dal quale iniziare. A quell’ epoca lo storico dirigente comunista si riferiva all’etica dei personaggi politici nella gestione della cosa pubblica. Si riferiva al problema dei mores dessoluti della classe politica e, più in generale, di chi era ai vari posti di comando del Paese, prendendo l’avvio dagli anni ’50.

Sarebbe inutile rievocare uno a uno i casi specifici, consigliando invece, soprattutto a chi è venuto al mondo qualche decina di anni dopo, di vedere o rivedere il film La dolce vita di Federico Fellini. Potrebbe avere così un quadro d’ insieme di come andassero le cose in un’ Italia fondamentalmente bigotta e bacchettona, quando ancora quanti erano dentro le Mura Vaticane influenzavano pesantemente le decisioni dei Governi italiani. I Patti Lateranensi, quelli stipulati tra il Regno d’ Italia e la Santa Sede, sortirono solo in minima parte la separazione concreta della gestione effettiva di quanto ritenuto sacro da quanto, al contrario, non. Tanto avveniva alla fine degli anni ’20, mente fu solo nel 1984 che, con la revisione parziale di quell’ accordo, le due realtá si riposizionarono con maggiore autonomia. Ieri, nella culla delle libertà e della democrazia, l’ America, si è celebrato un importante rito giuridico amministrativo, quindi con buona probabilità non necessariamente innescato da uno qualunque dei credo particolarmente tradizionalisti praticati al di là dell’oceano.

È per amor del vero che bisogna ricordare che la popolazione americana, non di ultima generazione, ha conservato una parte degli usi e costumi degli avi. Questi ultimi adottavano un modus vivendi castigato, badando a non tenere distinti in una persona l’aspetto pubblico da quello privato: per riscuotere il loro consenso, quella stessa doveva risultare integerrima sotto ogni punto di vista. Ci fu un’ eccezione vistosa a cavallo degli anni ’50 e ’60 per due dei fratelli Kennedy a causa dele loro relazioni particolari con attrici e attricette e, più recentemente, per Clinton con una stagista. Con Trump é andata in maniera del tutto diversa. La storia di aver comprato il silenzio di un’attrice di film pornografici perchè non rivelasse la loro relazione ai tempi della sua prima candidatura è stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Di conseguenza, quella storia, insieme a un’altra ventina di marachelle, hanno portato Donald il biondo sul banco degli imputati, di fronte a un giudice particolarmente attento anche alla vita privata di coloro che gestiscono la cosa pubblica. Quel procuratore gli ha contestato uno per uno quei capi di accusa e lo ha rinviato a giudizio.

Prescindendo da quanto accadrà in concreto a Washington, è doveroso verificare sulla distanza di poche ore come quel verdetto sia stato accolto pressoché dovunque nel mondo. Soprattutto la dove non si aspettava altro che accadesse qualcosa del genere per poterne fare uso e abuso per il proprio tornaconto. L’ informazione non ha mancato di rimarcare il particolare che, in quella nazione che ne ha viste di tutti i colori, una vicenda del genere mancava e non se ne avvertiva l’assenza. Il fatto è tanto più imbarazzante in un momento come l’ attuale, che vede impegnato quel paese a difendere la sua leadership mondiale, insidiata da vicino da Cina e Russia.

Risulta abbastanza evidente che per Trump si sia ripetuto quanto accadde ai pifferi di montagna: scesero a valle per suonare e furono suonati. Il fatto stesso di non accettare la vittoria di Biden, preceduto da episodi dimostrativi di non chiara e netta correttezza nell’ attuazione del mandato presidenziale, tanto in patria, quanto nel resto del mondo, aveva lasciato intendere anche a chi non avesse già avuto modo di valutarlo in profondità, di che panni vestisse il Biondo crinuto. La domanda che probabilmente sarà già emersa nella testa di non pochi osservatori, probabilmente si articolerà su come andrà a finire. Per certi versi si può azzardare che, per quanto riguarda il proposito di tentare un’ altra corsa per la conquista della Casa Bianca, Trump possa mettere lo stesso nel cassetto dei sogni di gloria e chiuderlo a doppia mandata. Dal punto di vista del generale sceso da cavallo e ritornato a vivere da comune mortale senza i privilegi goduti quale ex Capo di Stato, la vicenda si complica. Lascia intravedere anche l’ipotesi della riduzione della sua libertà. Da una conclusione del genere, agli avversari andrebbero vantaggi molto limitati, mentre la democrazia in generale subirebbe uno scossone decisamente inopportuno. Totò avrebbe concluso, come in uno dei suoi film, “poi dice che uno si butta a sinistra..!’