La preferenza del Banco per i campioni locali

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Il Banco di Napoli scommette sulla Campania e sul Mezzogiorno. Non tanto e non solo perché è qui che opera e quindi deve fare di necessità virtù quanto per il buon andamento di una gestione che nonostante le difficoltà di un’economia che non decolla consegna alla casa madre Intesa Sanpaolo alcune soddisfazioni.

L’utile netto, per esempio, cresce nel 2015 del 46,8 per cento sull’anno precedente (portandosi a 146,1 milioni). Migliorano gli impieghi (18 miliardi, più 5 per cento), i finanziamenti erogati alle imprese (5,5 miliardi contro 2,5), le attività finanziarie per conto della clientela (48,8 miliardi, più 2 per cento), il numero dei clienti (più 16.500 per un totale di 2 milioni 123mila posizioni aperte).

I crediti deteriorati, inoltre, sono in linea col sistema nazionale al 10,6 per cento e le sofferenze non superano il 5 per cento mostrando un tratto di virtù dovuto anche alla giovane età della banca, nata pochi anni fa sulle ceneri della vecchia, e dunque senza il peso di scomode eredità.

Ha dunque la bacchetta magica il neo direttore generale Francesco Guido, originario di Lecce, che ha illustrato alla stampa i dati della sua gestione? Più che altro, pare di capire, il capo di quella che fu la più potente e rispettata azienda del Sud ha puntato con decisione sui distretti e le filiere dove si annidano le imprese più dinamiche e aperte ai mercati internazionali.

È dunque a questa selezionata platea che il Banco si rivolge con preferenza apprestando strumenti – piattaforme B2B, formazione, consulenza, finanza straordinaria – in grado di esaltare le capacità competitive presenti nell’area e coltivando i campioni locali intorno ai quali far nascere e pascere il maggior numero possibile di attività di sana e robusta costituzione.

Andrà bene? Dipenderà certo anche da altri fattori che la politica, o almeno l’amministrazione della cosa pubblica, avranno il compito d’influenzare. La nuova stagione d’investimento (o di spesa) dei fondi europei e di quelli nazionali a rincalzo dovrà creare condizioni oggi inesistenti di profittabilità diffusa. E, naturalmente, restano da sciogliere i tanti nodi di una società con ostinazione ostile alle ragioni dell’intrapresa.