La guerra travolge tutti ma in particolar modo i bambini. Così nel 1944-45 sconvolse la mia vita

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(foto da Imagoeconomica)

di Maria Carla Tartarone Realfonzo

La guerra in Ucraina rimanda tutti indietro nel tempo. Dopo tanti anni mi sono rivista bambina, nei luoghi che mi piacevano molto finché visse mio padre, un elegante giovanotto che, arrivato a Dorio da Como, si toglieva la divisa da tenente e in pigiama si sdraiava sul letto, dove io mi precipitavo ad ascoltare le canzoni napoletane che mi cantava. Dopo i bombardamenti di Milano, che avevano distrutto una palazzina accanto alla nostra, il babbo ci aveva condotti a Dorio, un piccolo comune sul lago di Como, dove trascorremmo alcuni mesi, anche estivi, per cui spesso facevamo i bagni nel lago. La palazzina in cui abitavamo, al piano terra era occupata dalla scuola elementare che in una sala comprendeva tutte le classi. Anche io vi andavo, e imparai a scrivere. Mi piace ricordare Dorio ed i suoi dintorni. Di fronte casa una strada in discesa portava al centro del paese dove si incontravano vari negozi. Da lì si saliva alla Chiesa che aveva un ampio spazio davanti, dove gli abitanti si incontravano dopo la Messa nei giorni di festa. Ricordo che una signora mi disse, per essere gentile, dopo la morte di mio padre: “I buoni muoiono sempre prima”. Da quello spiazzo, ancora più su, si poteva raggiungere il cimitero ricco di piante. Nella palazzina abitavamo al secondo piano, sulla scuola, accanto ad una famigliola con due bambini il cui problema era una bicicletta sempre da accomodare. Di fronte, sulla strada, affacciava anche una famiglia di panettieri, tra cui la più giovane figlia, Imelda, aveva dieci anni e divenne mia amica anche se ci facevamo scherzi e dispetti, affacciandomi dal balcone. Dalla casa in cui abitavamo si poteva accedere anche ad un orto, salendo da una scala esterna dove per un periodo fu ospitata anche una pecora. Alle spalle del fabbricato erano sistemate diverse vasche dove delle donne andavano a lavare i loro panni. Io e Carlino, il mio secondo fratello, avevamo il permesso di gironzolare per il paese, Silvia e Massimo, che nacque a Bellano, no. Troppo piccoli. Zia Elena, una giovane sorella di nostra mamma, che già era stata con noi a Milano, ci faceva compagnia e spesso ci accompagnava sulla spiaggia del lago, nelle cui vicinanze scorreva la ferrovia. A zia Elena piaceva camminare e spesso, con altri giovani, saliva sulle montagne vicine, da cui tornava sempre con qualcosa da mangiucchiare per noi bambini. I luoghi tutto intorno erano belli da vedere: nelle vicinanze boschi, in lontananza monti colorati di verde i più vicini, e scuri quelli alti e lontani. Si scorgevano sempre paesini sporgenti sul lago. Purtroppo arrivò presto la notizia della morte di nostro padre, ricoverato nell’Ospedale Militare di Como, mentre i nonni, nel precipitarsi verso il figlio, lui un Generale Questore di Torino, furono ricoverati, per uno scontro, all’Ospedale Civile. Fu così che terminò quel periodo di guerra che travolse noi bambini ed iniziò la nostra infanzia da orfani. Rivedendo oggi spesso nei telegiornali molti bambini nei luoghi di guerra, rivivo quel tempo, quelle atmosfere intorno a noi e mi immedesimo nei problemi di queste famiglie sperando che tutto ciò finisca al più presto. La guerra travolge ognuno, soprattutto i bambini, oggi attraverso la televisione ne vediamo molte testimonianze e partecipiamo con tenerezza alla tragica realtà.