Se la Germania diventerà ingovernabile

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1.

“La questione tedesca” è solo agli inizi e gli sviluppi, non solo per la Germania, sono del tutto imprevedibili. Fino all’abbandono, temuto, di Angela Merkel, in caso di nuove elezioni. Sembra incredibile che un gigante, almeno come era vista da molti nel Mondo, alla fine si scopra con i piedi di argilla. Ci sarà tempo per parlare di lei. Del suo rapporto con Helmut Khol e della sia lealtà con lui, ritenuto il suo mentore. Così come della sua durezza “mercantile” con la Grecia, il cui passato di “Culla della Civiltà” non le ha determinato “sconti” di sorta. E la sofferenza di quel popolo non è stata di poco conto. Molti, dalle nostre parti, ricorderanno la sua frequentazione antica della “nostra” Sant’Angelo, ben da prima che diventasse Cancelliere. E ricorderanno il suo tratto di “normale civiltà”: dal mettersi in fila per fare il biglietto dell’aliscafo, alla passeggiata sul Molo di Sant’Angelo per acquistare pesce fresco. Ma è presto per commentare il suo percorso. Il leone è ferito, profondamente ferito. Ma non è morto. Eppure una lezione dalla Germania ci viene già: le “trattative” per formare il nuovo Governo, al netto del rifiuto del SPD di tornare alla “Grosse Koalition” sono fallite perché Liberali e Verdi, così come CDU e CSU, hanno tenuto duro sulle loro identità programmatiche. Così come la SPD aveva ritenuto la sua identità tanto appannata dalla esperienza di governo con la Merkel, da non volerla rinnovare nel futuro. Per adesso. Mi vien da dire: una bella sferzata alla melassa della politica italiana, in cui le uniche “identità” che si evidenziano sono quelle chiassose, si far per dire, di Lega e Movimento 5 Stelle. E mi vien da ridere al pensiero che gli “oltranzisti” di MDP, gli scissionisti del PD, che ora “riscoprono” l’art.18 dello Statuto dei Lavoratori, una conquista Socialista con il “nostro” Ministro Giacomo Brodolini (sempre opportuno ricordarlo!), in effetti, il Jobs Act lo avevano votato in Parlamento. Con questo Roberto Speranza addirittura Capogruppo del PD alla Camera. Ma allora, evidentemente, con la loro posizione remissiva, avevano ben altre speranze, in seguito deluse, da lucrare da Matteo Renzi. Nel mio piccolo, i miei sette fedeli lettori lo ricorderanno, da Socialista antico e per niente duttile, da subito denunciai che, con l’approvazione del Jobs Act, veniva un duro colpo alla identità riformista del PD. Come che sia, se la Germania diventerà ingovernabile, i paragoni con quella che sarà la situazione italiana che scaturirà dall’esito elettorale si sprecheranno. Al momento c’è solo preoccupazione per la temuta instabilità tedesca, fulcro fondamentale, quando non esprime pretese egemoniche, della traballante Unione Europea. Di cui anche la rocambolesca assegnazione dell’Agenzia per i Farmaci, per sorteggio (ma si può?!) ad Amsterdam, ai danni di Milano e dell’Italia, è una spia evidente.
2.
Ha avuto “cuore” Piero Fassino a presentare a Napoli, di questi tempi, il suo libro “PD davvero”, aiutato da un illuminato Biagio De Giovanni.
All’Istituto di Studi Filosofici, martedì 21 di novembre. Ha avuto “cuore” ma non abbastanza per riferirsi, almeno per un attimo, al “luogo”, Napoli, in cui la presentazione avveniva. Sarebbe bastato, invece di stare sulle nuvole, ancorchè qualificate, delle origini di quella formazione politica, e delle sue ragioni, or sono dieci anni, dire, semplicemente, che anche le migliori intenzioni, le migliori intuizioni, poi camminano sulle gambe degli uomini. E se quelle gambe sono fragili, per essere generosi, quelle buone idee politiche possono fare la fine che hanno fatto, e stanno facendo, a Napoli: ingloriosa e miserabile.
E possono interessare addirittura l’Autorità Giudiziaria, invece che la pubblica opinione. Sarebbe stato un salutare esercizio di verità, che il “nostro” non è riuscito a fare neppure sul piano storico. Ha iscritto, se ho capito bene, i comunisti fra i padri fondatori dell’Europeismo, insieme a De Gasperi ed ai Liberaldemocratici. Neppure un socialista italiano: né Pietro Nenni, né Giuseppe Saragat, solo per elencare. Per non dire di Bettino Craxi al tempo di Francois Mitterand. A mia memoria la prima volta che i comunisti cominciarono a parlare di Europeismo, con Enrico Berlinguer, lo qualificarono con una dizione ben precisa: “Eurocomunismo”. Continuo a pensare che in molti, anche fra i fondatori del PD, il Comunismo, inteso come formazione “filosofica” e di pensiero, tardi ad essere superato: per costoro la verità è sempre doppia e… rivoluzionaria. Comunque, di questo passo, e non me lo auguro, Piero Fassino sarà costretto a modificare il titolo del suo libro, aggiungendo un punto interrogativo “PD davvero?”