La fame nel mondo continua a crescere: occorre costruire nuove politiche del cibo

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Si riporta di seguito il testo integrale di Maddalena Binda della Redazione ASviS – Comitato Scientifico presieduto dal prof. Enrico Giovannini – di mercoledì 31 luglio 2024.

Gli ultimi rapporti suonano l’allarme: 582 milioni di persone potrebbero essere cronicamente denutrite nel 2030. L’Alleanza globale promossa da Lula è partita col piede giusto, ma la sfida si può affrontare solo con risorse adeguate.

Nel 2023 a livello globale circa 733 milioni di persone hanno sofferto la fame (una persona ogni 11), 152 milioni di persone in più rispetto al 2019. Il mondo è arretrato di 15 anni e i livelli di denutrizione sono tornati pari a quelli del 2008-2009. Il Goal 2 “Sconfiggere la fame” dell’Agenda 2030 è sempre più lontano: di questo passo nel 2030 582 milioni di persone (pari al 6,8% della popolazione mondiale) saranno cronicamente denutriti. Preoccupa in particolare la situazione in Africa, dove oggi una persona su cinque soffre la fame: nel 2030 il 53% delle persone denutrite vivrà nel continente africano. Sono le stime pubblicate nel rapporto State of food security and nutrition in the world 2024, realizzato dalla Fao, dal Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (Ifad), dall’Unicef, dal World food programme e dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). La maggior parte dei progressi nella lotta alla fame saranno raggiunti in Asia, dove la popolazione denutrita passerà, tra il 2023 e il 2030, da 385 milioni a 229 milioni di persone; in Africa, invece, nel 2030 dieci milioni di persone in più soffriranno a causa della fame cronica.

Nel 2023 2,3 miliardi di persone, pari al 28,9% della popolazione mondiale, si sono trovate in una situazione di insicurezza alimentare grave o moderata; tra questi oltre 864 milioni di persone sono state costrette a saltare uno o più pasti durante l’anno. A livello globale l’insicurezza alimentare colpisce maggiormente le donne e le persone che abitano nelle aree rurali, ad eccezioni dell’Europa e del Nord America dove la popolazione urbana è maggiormente esposta.

Secondo il rapporto Global report on food crises 2024, circa 282 milioni di persone in 59 Paesi o territori si sono trovati in situazioni di insicurezza alimentare grave nel 2023, un dato in costante aumento dal 2016 a oggi. Le cause principali per l’insicurezza alimentare grave sono i conflitti (134,5 milioni di persone), gli shock economici (75,2 milioni di persone) e gli eventi estremi (71,9 milioni). È il caso del Sudan, dove la guerra civile impedisce alle persone di coltivare i campi e allevare gli animali. 20,3 milioni di persone, il 42% della popolazione, hanno dovuto affrontare una situazione di grave insicurezza alimentare nel 2023. In Afghanistan, la siccità che ha colpito il Paese per il terzo anno consecutivo ha ridotto la produzione di grano del 30%-35% nel 2023, aggravando le conseguenze dell’instabilità politica ed economica interna.

Un’alleanza globale contro la fame e la povertà
Per rafforzare la collaborazione internazionale e contrastare la fame e la povertà, il 24 luglio, durante un incontro ministeriale a Rio de Janeiro nell’ambito del G20, sono stati approvati i documenti costitutivi dell’Alleanza globale per il contrasto alla fame e alla povertà, un’iniziativa avanzata già nel 2020 dal presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva. L’Alleanza, che costituisce una delle principali proposte della presidenza brasiliana del G20, mira a essere un punto di riferimento per il coordinamento di politiche e azioni innovative che riducano i costi delle transizioni, minimizzino i rischi e massimizzino la resa degli investimenti, e favoriscano la diffusione delle economie di scala.

“Sarà fondamentale per portare la conoscenza, l’esperienza e le pratiche di successo nelle aree del mondo dove sono maggiormente necessarie”, ha commentato Qu Dongyu, direttore generale della Fao. Anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in visita in Brasile per le celebrazioni del 150esimo anniversario dell’inizio dell’emigrazione italiana nel Paese, ha espresso il sostegno dell’Italia all’Alleanza: “Crisi climatica e conflitti hanno accentuato la piaga di centinaia di milioni di persone sull’orlo della morte per fame, o che non hanno accesso a un’alimentazione sana e completa”, ha detto, aprendo alla possibilità di collaborare con il Brasile per dare vita anche a iniziative trilaterali con i Paesi africani per costruire sistemi alimentari più sostenibili e produttivi. A seguito del lancio ufficiale, che avverrà a novembre del 2024, le attività dell’Alleanza saranno gestite da un segretariato con sede a Roma e a Brasilia e l’adesione sarà aperta a tutti i Paesi del mondo.

Un tema ineludibile, ha scritto Enrico Giovannini, direttore scientifico dell’ASviS, in un editoriale su Avvenire, è “l’insufficienza delle risorse, tanto più a fronte di un contemporaneo aumento delle spese in armamenti nei Paesi del G20.” Per questo il presidente brasiliano Lula ha proposto anche di tassare i super ricchi: “Senza una riforma profonda del sistema fiscale e finanziario internazionale sarà molto difficile affrontare con successo questa sfida, come le altre sfide dell’Agenda 2030, dall’educazione alla salute, dalla transizione ecologica all’eliminazione della povertà estrema, dalla riduzione delle disuguaglianze alla tutela dell’ambiente”. Su richiesta di Lula, l’Eu tax observatory ha elaborato un rapporto con la proposta di uno standard coordinato a livello internazionale capace di garantire una tassazione efficace dei patrimoni ultra elevati. La misura, che ha incassato il sì convinto di organizzazioni come Oxfam e Tax justice network, è stata inserita come punto di discussione anche nel documento finale del G20 Finanze del 24 e 25 luglio, ma trova resistenze in alcuni Paesi del G7.

Eppure l’inazione ha un costo, e anche caro: secondo il rapporto State of food security and nutrition in the world a livello globale pagheremo oltre 1.300mila miliardi di dollari annui entro il 2030 di spese sanitarie per la mortalità e per malattie non trasmissibili legate all’alimentazione. Gli investimenti in politiche alimentari e nutrizionali adeguati potrebbero comportare invece un consistente ritorno economico: per il Global nutrition report 2021 i vantaggi economici potrebbero raggiungere i 5.700 miliardi di dollari all’anno entro il 2030 e i 10mila miliardi di dollari entro il 2050.

Migliorare l’alimentazione
Oltre all’accesso al cibo sarà fondamentale garantire un’alimentazione sana per tutte e tutti: oggi un terzo della popolazione mondiale non può permettersi una dieta salutare, un dato che sale al 71,5% nei Paesi poveri e scende al 6,3% nei Paesi ad alto reddito. L’adozione di un’alimentazione sana è un problema crescente anche in Italia, sebbene la dieta mediterranea sia considerata da sempre una delle più salutari al mondo: come evidenzia il Rapporto ASviS 2023, tra il 2020 e il 2022 in Italia è calata la percentuale di persone che hanno un adeguato regime alimentare, ovvero che consumano quattro porzioni al giorno di frutta e/o verdura, passando dal 18,7% al 16,8%.

A livello globale, intanto, cresce la percentuale di persone adulte obese: dal 12,1% nel 2012 al 15,8% nel 2022. Di questo passo nel 2030 le persone adulte obese saranno più di 1,2 miliardi (il 19,8% della popolazione). Per l’Italia, invece, il Rapporto ASviS evidenzia una tendenza in lieve miglioramento: tra il 2020 e il 2022 la quota di persone obese o in sovrappeso è scesa dal 45,9% al 44,5% della popolazione.

Insomma, è chiaro che, per poter assicurare una alimentazione sana per le persone e sostenibile per il Pianeta, i sistemi alimentari dovranno trasformarsi. Il Cpi, un centro di innovazione tecnologica del Regno Unito, ha provato a tracciare la rotta con il rapporto Future food system 2050. Entro la metà del secolo la domanda per cibi più sani potrebbe ridurre il consumo di prodotti ultra-processati, alimenti lavorati e confezionati che contengono numerosi ingredienti aggiunti. Anche il modo di produrre questi alimenti cambierà: non solo i processi saranno automatizzati e ci sarà maggiore attenzione al loro impatto ambientale, ma si farà anche ampio uso della stampa 3D per poter integrare nutrienti e fibre in un determinato prodotto, minimizzando gli ingredienti più dannosi per la salute.

Nel 2050, inoltre, la produzione tradizionale di carne, pesce e derivati animali diminuirà drasticamente a causa del loro impatto sull’ambiente e sulla biodiversità. Si diffonderà il consumo di proteine alternative, inclusi tofu, soia e legumi, ma anche insetti, alghe e funghi.

Lo sviluppo della tecnologia inoltre permetterà di produrre carne coltivata su larga scala, diminuendo le emissioni di gas serra causate dal settore agroalimentare e riducendo del 96% l’uso di acqua dolce necessaria per la produzione di carne. Solo una parte della popolazione continuerà a consumare carne “vera” per motivi legati alle tradizioni, alla cultura e ai gusti personali.

Copertina: Thach Tran/Pexels