La dissimulazione non aiuta la fiducia

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Per fortuna mi passa C’è chi meglio degli altri realizza la sua vita. È tutto in ordine dentro e attorno a lui. Per ogni cosa ha metodi e risposte. È lesto a indovinare il chi il come il dove e a Per fortuna mi passa C’è chi meglio degli altri realizza la sua vita. È tutto in ordine dentro e attorno a lui. Per ogni cosa ha metodi e risposte. È lesto a indovinare il chi il come il dove e a quale scopo. Appone il timbro a verità assolute, getta i fatti superflui nel trita documenti, e le persone ignote dentro appositi schedari. Pensa quel tanto che serve,non un attimo in più,perché dietro quell’attimo sta in agguato il dubbio. E quando è licenziato dalla vita,lascia la postazione dalla porta prescritta. A volte un po’  lo invidio- per fortuna mi passa. Wislawa Szymborska


Sto parlando con un dirigente d’impresa, che ha anche ambizioni politiche. Sto chiedendogli come “gestisce” i comportamenti delle persone che lavorano con lui per fare sviluppo del capitale umano. Capisco che ha un’idea di se molto alta, ha appena terminato un corso di formazione sulla leadership e sa come vanno fatte queste cose. Afferma che lui deve gestire la complessità, difendendoli e tenendoli al riparo di come stanno davvero le cose: dicendo e non dicendo e in fondo comunicando quello che vogliono sentire. Se questo vuol dire “alterare un poco a fin di bene va bene” (sic). Quando proprio deve affrontare la realtà, allora cerca di elaborare spiegazioni convincenti e anche “terapeutiche” per convincerli. Sta, in pratica, dicendomi che li manipola ed è orgoglioso di questo. Afferma che in questo posto si dichiarano cose che non si fanno e si fanno cose che non si dichiarano e che questo è molto intelligente per gestire le persone. Allora gli chiedo che cosa accadrebbe se si chiedesse loro di fare un elenco delle cose che tutti pensano e nessuno dice e un altro delle cose che tutti dicono e nessuno pensa. Cosa accadrebbe se si giocasse alla “rivelazione del sommerso”a una sorta di gioco della verità? Mi guarda male e capisco che la sua valutazione nei miei confronti è diventata severa e che è chiaro che di gestione non ne capisco nulla. Risponde che la pratica della leadership esclude questo, ci sarebbe il caos, entrerebbero in ansia, tutto andrebbe a rotoli. Afferma che è faticoso e doloroso ma deve farsi carico di molte cose difenderli non coinvolgendoli più di tanto. Lo guardo e capisco che la cosa più grave di tutte è quella che lui è convinto di ciò che afferma. Capisco che i piani logico-operativi su cui, spesso, ci si muove sono confusi e si ostacolano tra loro. I “piani”ovvero le dimensioni logico/pratiche sulle quali si agisce sono: del dichiarato (quello che si afferma che si fa) dell’applicato, (quello che si fa davvero) dell’auspicabile (quello che si dovrebbe fare) e quello del possibile (quello che si potrebbe fare) quello del percepito (quello che credono si faccia). L’ambiguità logica è accettabile perchè dialettica e consente il confronto tra le posizioni, mentre l’ambiguità occulta pesa negativamente perché impedisce di rendere i piani visibili e in grado di toccarsi, trasformandosi in disordine creativo. Guardo il mio interlocutore che si crede molto furbo e capisco che lui quando pensa alla gestione delle risorse umane, pensa davvero a qualcosa che intreccia il meccanicistico con qualche tipo di paccottiglia emotiva, riempita di slogan ed effetti speciali, con sprazzi di suoi interventi ispirati, modello psicopeste. Capisco che esclude l’entrare in rapporto e stabilire relazioni perché proprio sono qualcosa di lontano dal suo modo di pensare. Non sa che lui è il principale autore della dissonanza, intesa come dissimulazione disonesta dell’ambivalenza. Beh d’altra parte il mio interlocutore ha ambizioni politiche. Certo è vero che aiutare le persone ad accettare l’incertezza è faticoso e richiede capacità significative, perché le persone fanno fatica ad accettare la pluralità (di posizioni, idee, valori, orientamenti, ecc.) e allora si cerca di giungere alla determinazione di piani dichiarati espliciti, condivisi, dissimulando quelli impliciti o contrari che quando però emergono per forza, allora producono conflitti spesso insanabili. Bisognerebbe intervenire nelle situazioni problematiche in tempo, prima che diventino irrisolvibili o più costose del vantaggio che si potrebbe ottenere intervenendo. Bisognerebbe aumentare i livelli di consapevolezza che tali giochi non possono portare a risultati di qualità, e che l’unica condizione per cambiare la realtà deve partire dalla conoscenza della stessa. Tale conoscenza dev’essere soprattutto quell’implicita che va fatta affiorare e inserita come parte fondamentale della vita non per eliminarla ma per far sì che quelli esplicita si arricchisca di consapevolezza. Fondamentale è l’accettazione che ci sarà sempre un implicito che sarà divergente rispetto all’esplicito, e che questa divergenza potrà avere una funzione creatrice se guidata dall’intelligenza. Bisognerebbe passare dall’invalidazione dei piani (ogni piano invalida l’altro se rimane implicito) a quella dell’estensione e contaminazione corretta decolpevolizzando la contraddizione creativa e colpevolizzando la coerenza ottusa, che usa la dissimulazione per mantenere lo status quo vantaggioso solo per i soliti.