La diplomazia resta in panchina

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Giornata sull’onda di sentimenti contrastanti, quella di di ieri. Di sicuro sarà stata vissuta in maniera differente in Europa, in particolare in Italia e nel resto del mondo. La differenza: in Italia si commemorava la strage di Marzabotto, nel resto del mondo serpeggiava l’apprensione per quanto sta accadendo in Libano, arrivata a un livello ormai insostenibile. Tale escalation è difficile da immaginare anche andando indietro nel tempo di sei mesi e forse meno. Prendendo spunto dalla paura, il sentimento che sta coinvolgendo in maniera diversa, ma con intensità sempre maggiore l’umanità, si va facendo sempre più diffusa la convinzione che il fuoco nemico è alle porte ormai dovunque. Il suo prossimo passo sarà con buona probabilità la messa in pratica di azioni di terrorismo dappertutto sul pianeta. Al momento il rischio di attentati è altissimo, anche in Italia, e è molto difficile pensare che possa venire completamente debellato: guai a illudersi! La diplomazia, con quanto ha fatto ufficialmente e ufficiosamente, al momento riesce a portare a casa poco più che il pane per i piccioni. I ferri sono roventi, ma difettano i fabbri, che non sono in grado di tirarli fuori dalla forgia e modellarli.
Ciò significa che, almeno per ora, la soluzione diplomatica resta in panchina. Per oggi è in agenda una riunione di urgenza dei ministri degli esteri della UE sull’argomento: sarà bene incrociare le dita. Domenica, per gli Italiani e esteso agli altri Europei, è stato uno dei vari giorni della memoria relativi alla seconda guerra mondiale, il ricordo della strage compiuta dai nazisti e dai fascisti a Marzabotto. Solo un cenno alla commemorazione del Presidente Mattarella: tra le tante espressioni usabili in occasioni del genere, il capo dello Stato ha scelto di pronunciare concetti che avessero riferimento con gli accadimenti attuali,che saranno stati certamente argomenti validi per chi è solito fare salotto durante i pomeriggi del di di festa. Cosa diversa è stato l’atto di dolore pronunciato dal Presidente tedesco Steinmeier, anche egli presente. Parlando in italiano comprensibile o poco meno, rivolto soprattutto ai pochi superstiti di quell’episodio disumano, ha chiesto scusa a nome del popolo tedesco per quanto era laccaduto per mano dell’esercito nazista insieme a quello fascista in quei luoghi il 29 settembre 1944. Oltre ai vari commenti sull’evoluzione dissennata del modo di governare in diversi paesi, le espressioni del presidente tedesco che avranno più colpito sona state quelle di “vergognarsi”, e di “chiedere scusa” agli italiani da parte del popolo tedesco. I destinatari di quelle parole sapranno senz’altro fare buon uso delle stesse e, in quanto “brava gente”, adoperarsi perché chi di dovere le usi per il verso giusto. Volendo così riaffermare che spesso il cosiddetto “passo indietro”, per gente di professione come i diplomatici, può essere la chiave giusta per aiutare a aprire la porta alla pace. Ogni riferimento a quanto sta accadendo negli ultimi anni in molte parti del pianeta, NON è, nel modo più assoluto, “puramente casuale”.