La delibera della Bce: poche luci e molte ombre

in foto la presidente della Banca Christine Lagarde (Imagoeconomica)

Non è stato un fulmine a ciel sereno la limatura apportata dalla Bce al tasso dell’euro. Negli ambienti che più sono interessati da quella variabile, ieri gli occhi, così come l’attenzione, sono stati puntati sulla presidente Christine Lagarde, pronti a recepire e a pesare con la bilancia di precisione ogni sua espressione ancor più di quanto stanno facendo ormai da circa un mese. Alla fine l’altro ieri, a metà giornata, da Francoforte è stato diramato il “nuntio vobis…”: il tasso dell’euro era stato ridotto di 25 punti. I mercati erano già preparati a tale mini ribasso, quindi le borse hanno chiuso, seppure in maniera positiva,  senza particolari impennate.

Il segnale più importante è venuto fuori dal commento che ha accompagnato l’annuncio del taglio dato dalla Signora Presidente. L’ impostazione dell’ argomento è stata essenziale, tanto che non è rimasto alcun dubbio sulla reale portata della decisione. Ridotto all’osso, essa vale: “Il ribasso del costo dell’euro deve essere considerato una misura spot: non è possibile stabilire se, come e quando continuerà”. Così dicendo, la Banchiera ha gelato il sorriso, già di per se solo accennato degli interessati alla vicenda. La chiave di lettura di quella dichiarazione è a doppia mandata: la prima, che conferma che la produzione e i consumi dei paesi della UE non sono risaliti almeno ai livelli ante pandemia.

La seconda, che può essere definita anche un ex aequo della precedente, è che l’inflazione non ha registrato il calo atteso, quindi le varie manovre precedenti sull’aumento dei tassi  finora è riuscita solo in parte. Senza dimenticare che, lontani ma non lontanissimi da Bruxelles, sono nel pieno delle loro potenze di fuoco i  combattimenti e, al momento, è impossibile ipotizzarne la durata e la portata. Guerra per guerra, ieri lo Studio Ambrosetti ha dato conto della grandezza dell’export agroalimentare del Paese e dei pesanti ceppi che ne limitano la crescita. Quella voce di bilancio, sebbene già allo stato sia rilevante – nel 2023 l’ export è ammontato a 62 miliardi -potrebbe lievitare al doppio se non oltre, stante in essere la volontà della UE di ampliare gli  incentivi mirati. L’ analisi della dinamica di quel settore è stata passata al setaccio dallo Studio prima citato, che ha attribuito la limitazione dello sviluppo della parte export dell’ agroalimentare italiano nel mondo alla crescita dell’ Italian Sounding. Tale espressione é applicabile ai prodotti da portare in tavola in tutto il mondo con qualcosa che, nella loro interezza, faccia riferimento al Made in Italy. Precisando inoltre  che quelle preparazioni sono in regola, anche se border line, con le leggi del paese da dove provengono e di quelli dove sono commercializzati.

Altra cosa sono i falsi e le imitazioni: poiché fuori legge, sono difficili da quantificare. La Coldiretti, alla fine del 2023, si è pronunciata in maniera più che circostanziata sul problema, rendendo visibili contraffazioni raccolte nelle varie parti del mondo. La documentazione fotografica è consultabile via internet e è accessibile a chiunque abbia interesse verso quel settore: su quattro prodotti agroalimentari che fanno riferimento al Made in Italy, uno solo è in regola. Se è vero che nell’ultimo periodo è stato il settore automotive a abusare di tale comportamento, quello agricolo merita tutela ancora superiore. Non è un caso che la sua originale denominazione sia Settore Primario.