La decisione della Fed: riflessioni a poche ore dalla sua adozione, a caldo e senza rete

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in foto Jerome Powell

Ieri è stato il day after del taglio del costo del dollaro stabilito dalla Fed. Si è avuta subito conferma di quanto era stato previsto, a livello internazionale, nei giorni che la hanno preceduta, dagli esperti del settore e dagli operatori economici.
Riassumendo con pochi cenni l’accaduto, alla riunione della Fed è passata, anche se con voto non unanime, la decisione di abbassare il costo del dollaro di mezzo punto percentuale, 0,50%, che gli esperti definiscono “maxi”.È prevalsa così la volontà di quei componenti del Consiglio dell’ Istituto di Emissione degli Usa, che avevano per tempo annunciato di voler osare fino al limite della validità, non solo tecnica ma anche politica, di una manovra del genere. Più precisamente, di voler optare per l’ipotesi di maggior peso al fine di portare alla dimensione fisiologica quel tasso. Gli stessi hanno motivato la loro decisione affermando che l’economia degli Usa è ormai nella condizione di venir fuori dall’occhio del ciclone, non senza notare che, all’incirca nello stesso periodo, la UE ha fatto di più e meglio, anche se in costanza di oneri finanziari di peso diverso da quelli di oltreoceano. Quello stesso fenomeno atmosferico sta colpendo, ormai da un bel pò di tempo, l’economia mondiale. I danni sono stati, e continuano a esserlo, di portata notevole oltre che di una certa gravità. A avviso di quei consiglieri intrepidi, se non si fosse intervenuto presto e con decisioni drastiche, la situazione sarebbe potuta finire fuori controllo a stretto giro. Intanto la Bce ha annunciato ufficialmente che per un ribasso del costo dell’ euro bisognerà attendere ancora, probabilmente dicembre, per cui, in Italia soprattutto, fino a quell’ epoca,ci si dovrà dare da fare con quanto potrà essere disponibile fino a allora. Per il momento, soprattutto nel Paese, quel numerario non offre molte possibilità di azione. Nel contado definiscono tale situazione: “non è acqua sufficiente a smorzare la sete”. Da quanto sin qui riportato viene fuori a chiare note un particolare di notevole interesse: la tendenza del costo del denaro, a livello mondiale, è palesemente in discesa, almeno fino all’anno prossimo. Con l’augurio che essa si protragga quanto meno fino al suo completamento.
Che la tendenza generale sia attualmente al ribasso e facendo voti che davvero duri il tempo previsto e appena indicato, è supportata concretamente. Subito dopo il taglio della Fed si sono adeguati a esso altri istituti centrali di grande importanza, tra questi la Banca di Cina, quella del Giappone e delle altre ‘tigri”, anche se in presenza di situazioni interne diverse. È bene fare quindi il punto della situazione in generale, anche se per sommi capi, soprattutto per quanto riguarda l’ Occidente.
Il pericolo di entrare in recessione si starebbe allontanando, soprattutto oltreoceano, e questo è un dato di fatto. Ciò non autorizza il Governo di Roma a sciogliere le briglie per mettere in cantiere opere di improbabile urgenza. Crea però certamente i presupposti per far fronte alle esigenze primarie con maggiore tranquillità. Gli Usa, oltre ai rilevanti vantaggi già messi in conto dagli operatori economici di una certa lungimiranza e che operano anche in zone offshore, ricominceranno a esportare le sementi della Produttività, quindi delle piante del Valore Aggiunto. Riprendendo le chiose fatte a margine del provvedimento della Fed da autorevoli commentatori, i suoi effetti dovrebbero risultare amplificati nel mondo, principalmente in Europa. Ne riceverebbe così, insieme agli altri paesi della UE, buoni vantaggi anche l’Italia, soprattutto se sarà ancora più coesa con gli altri membri. In altre parole bisognerà far voti affinchè ciò si avveri, perchè, dal ritorno dalle ferie, sembra che alcuni padroni del vapore e con essi un buon numero di coloro che sono stati deputati dal popolo per rappresentarlo in parlamento, abbiano dato a intendere in tutti i consessi dove hanno avuto l’opportunità di esprimersi, di avere scarsa conoscenza dello stato reale del Paese. Hanno dato l’impressione che, dichiarando di voler andare in montagna, in realtà stavano imboccando la strada per tornare al mare. A tal punto la sintesi è che l’ Italia appare sempre più
come un capo di vestiario double face. Ancora più appropriato è paragonarla a un insieme di colori che, messi insieme in un recipiente, non si mescolano. Eppure anche una democrazia relativamente giovane, quale è quella americana, tra le sue insegne ne contiene una di significato particolare, “E pluribus unum”, da tanti (stati) una sola confederazione. A quando qualcosa del genere anche di quà dall’ Atlantico?