La circolazione di talenti e l’età dell’irragionevolezza

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Nel Bazar delle Follie manca l’elettricità del Ventunesimo secolo: la knowledgefication, quella corrente di conoscenza che illumina il circuito dei talenti lungo il quale corre la creatività. Quest’ultima ha una seconda sorgente energetica nel coraggio che dà l’irragionevolezza a chi intende scoprire mondi ignoti. Dall’una e dall’altra fonte scaturiscono startup senza frontiere con forti aspettative di crescita. Da San Diego, negli Stati Uniti, le startup prendono il mare imbarcandosi sull’Unreasonable to Sea, la nave da crociera imprenditoriale dell’Unreasonable Institute di Bolder nel Colorado. Appunto: irragionevolezza. Giacché, come scriveva Charles Handy, acclamato esperto di management, “Stiamo entrando nell’età dell’irragionevolezza, un tempo in cui il futuro in così tante aree deve essere plasmato da noi e per noi; un tempo in cui la sola predizione che si rivelerà vera è che nessuna lo sarà; un tempo, perciò, per immaginazioni audaci sia nella vita privata che in quella pubblica; per pensare l’improbabile e fare cose irragionevoli” (The Age of Unreason, 1989). 
Decrescita e carenza di imprenditori innovativi di prima generazione sono due deficit gemelli che indeboliscono il corpo dell’economia del Bazar. Possono porvi rimedio una rinnovata energia creativa e un’accelerazione del metabolismo imprenditoriale. È al raggiungimento di questo duplice scopo che contribuisce la circolazione dei talenti.
Priva di quella corrente elettrica, il Bazar non può tendere alla crescita nutrita dall’irragionevolezza e plasmata dal sapere dei talenti che non fanno scalo nei porti del Bazar mancando un visto speciale per aspiranti e neo imprenditori internazionali. Il visto faciliterebbe anche la presenza del Bazar negli ecosistemi i cui campioni sono istituzioni d’élite. Ne sono coinvolti laboratori di ricerca, università e imprese mondiali. I talenti creativi circolano all’interno e transitano da un ecosistema a un altro. La concessione di visti speciali per extraeuropei, dotati di un dottorato, che siano dei potenziali imprenditori, rafforzerebbe quella che è tuttora un’esigua minoranza dell’immigrazione regolare nel Bazar. 
Potrebbero operare da facilitatori del flusso le mini-multinazionali del Bazar che si trovano in prossimità delle frontiere dell’innovazione e che operano nei territori a più alta intensità di circolazione dei talenti.  Shanghai, Tel Aviv, Bangalore, Berlino, Dublino e Helsinki sono noti centri di gravità per giovani creativi e imprenditori scientifici e tecnologici. Contribuendo a gettare dei ponti tra quelle città e le più innovative del Bazar, le mini-multinazionali agirebbero da architetti dell’alleanza tra talenti creativi, nativi e stranieri, nel duplice segno della conoscenza e dell’irragionevolezza.   •••