L’Italia fuori dal tunnel e il sud spinge il vagone

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Siamo fuori dal tunnel, forse. E, per una volta, invece di essere trainati siamo noi a spingere il vagone. Noi della Campania, intendo. Questo, almeno, è ciò che dice l’Istat, smentendo peraltro clamorosamente gli analoghi dati forniti qualche giorno prima dalla Banca d’Italia e per l’occasione accompagnati dalle solite frasi: crescita modesta, economia in affanno, sviluppo non esaltante. E invece no, così non è. L’Istituto nazionale di statistica, infatti, nel pubblicare i dati del Pil nazionale suddiviso per aree geografiche, dice non soltanto che il Mezzogiorno si è messo in moto (+0,9%), ma che la Campania, appunto, tra le regioni del sud, è anche quella che nel 2016 è cresciuta di più. Vale a dire, di almeno 2 punti percentuali rispetto all’anno prima.

Ovviamente, a crescere di più è stato il solito Nord Est (+1,2%). E però è la prima volta, da molti decenni a questa parte, che il Sud non è più il fanalino di coda. Anzi. Nella classifica il Mezzogiorno si ritrova, infatti, davanti al Centro (+0,7%) e finanche al Nord Ovest (+0,8%). E quello che più conta, forse, è sapere che a crescere non è soltanto l’export (nel quale c’è molta agricoltura, evidentemente) ma anche e soprattutto l’industria (+3,4%). Di più, il dato Istat è indicativo, se vogliamo, del buon vento che sembra finalmente tirare anche per due altre ragioni. E, cioè: a) il Paese appare muoversi in maniera omogenea; b) è il secondo anno consecutivo che il divario tra area ricca e area arretrata non soltanto non aumenta, ma si va riducendo.

E detta così la situazione ha del miracoloso, probabilmente. Il fatto è che non tutto è oro quello che luccica. Nel senso che le ferite lasciate aperte dalla lunga crisi, soprattutto con riferimento all’occupazione, sono ancora sanguinanti e ben lontane dall’essere rimarginate. Questo, almeno, emerge dalla fotografia scattata dall’Osservatorio statistico dei consulenti del lavoro. Nel rapporto “Il lavoro dove c’è” si legge, infatti, che dal 2008 al 2016 sono stati ben oltre 500 mila i connazionali che si sono cancellati dall’anagrafe per trasferirsi all’estero. E, tra questi, ci sono soprattutto i giovani. Tra le destinazioni dei nuovi emigrati italiani c’è, ovviamente, la Germania al primo posto seguita da Regno Unito e Francia. Il rapporto – notate il paradosso – è reso più drammatico anche da un altro dato. E cioè i quasi 300 mila stranieri, in particolare provenienti dai Paesi dell’Est, che in questi anni sono stati costretti a rimpatriare, non avendo trovato più opportunità in Italia. In tutto, quindi, si tratta di un esercito di quasi un milione di emigrati (800 mila persone).

E questo senza contare un altro aspetto del fenomeno, pure significativo, ma meno considerato: l’emigrazione interna. L’Italia resta infatti un paese con una situazione di disomogeneità tra le regioni che non ha pari in Europa. Tra il 2008 e il 2015 più di 380 mila italiani si sono trasferiti da una regione del Sud in un altro territorio del Centro del Nord Italia. E si tratta principalmente di lavoratori qualificati, che hanno visto nella fuga dal Mezzogiorno la via migliore per guadagnare di più. Il rapporto – se ve ne fosse bisogno – conferma anche le diverse dinamiche del mercato del lavoro all’interno delle province italiane, per cui si passa da un tasso di occupazione del 37% nella provincia di Reggio Calabria ad un tasso del 72% nella provincia di Bolzano.

I dati sull’emigrazione, poi, fanno inevitabilmente pendant anche con quello relativo al riconoscimento per l’accesso all’Ape sociale e al pensionamento anticipato per i lavoratori precoci, che infatti nel primo giorno di apertura dei termini ha fatto registrare oltre 8 mila domande. Per l’esattezza: 5.386 e 2.732 indicativi, evidentemente, di un dramma che non ha risparmiato i lavoratori, alcuni ancora giovani per andare in pensione, altri già anziani per continuare a lavorare. E che non tiene perciò del tutto conto dei disoccupati compresi tra i 50 e 60 anni.

Ma per continuare a parlare ancora del Sud non possono sottacersi almeno tre altre notizie. La prima riguarda la tanto agognata tariffa unica invocata dagli automobilisti virtuosi che pure qui ci sono. Ebbene, sotto la spinta delle potenti lobby assicurative la Camera ha bocciato la proposta. Inutile commentare. Inoltre, fa riflettere non poco la barricata sollevata contro un depuratore, in provincia di Taranto, tra Manduria e Sava. Una protesta all’incontrario, si direbbe, spalleggiata finanche da Romina Power e dall’ex marito Al Bano. Veramente strano. Infine, si parla ancora della ricostruzione (che non c’è), delle promesse mancate del post-terremoto e del ritardo degli interventi. E, dunque, di burocrazia. Occorrono undici passaggi per fare una gara, denuncia il sindaco di Visso, Giuliano Pazzaglini.

A pensarci vien da chiedere: ma davvero il Pil è tornato a crescere?