Kamel Daoud vince il premio Goncourt con “Houris”

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Roma, 4 nov. (askanews) – Oggi giurati del Goncourt riuniti come di consueto al ristorante Drouant di Parigi hanno annunciato il nome del vincitore del Premio Goncourt, il più prestigioso riconoscimento letterario francese. A conquistarlo, Kamel Daoud, con “Houris” che si è imposto al primo turno con sei voti.

Kamel Daoud o Gaël Faye? Solo pochi giorni fa, sulla base di voci insistenti, sembrava scontato che tra i due autori si sarebbe giocata la finale del Goncourt, tra successi di critica e di pubblico. Nessuno faceva i nomi di Sandrine Collette e Hélène Gaudy, anche se erano ancora in lizza. L’uno o l’altro era destinato a vincere il premio. Restava una domanda: quale dei due? Scegliendo di incoronare Kamel Daoud, la giuria ha compiuto innanzitutto un atto di coraggio politico. Ricordiamo i fatti: l’Algeria ha deciso di bandire la Fiera Internazionale del Libro di Algeri dalle Edizioni Gallimard a causa del romanzo dell’autore.

In Houris, Aube, sopravvissuta al decennio nero (1991-2002) in Algeria, incinta e mutilata, racconta alla bambina che aspetta, la tragica storia di questi anni sanguinosi. Ardente difensore della libertà di espressione, Atiq Rahimi ha poi scritto una lettera aperta, fornendo il massimo sostegno all’autore. Tuttavia, assegnandogli il Goncourt, la giuria ha affermato allo stesso modo, e senza fallo, la totale libertà dello scrittore. Uno scrittore abituato a disturbare.

Editorialista e giornalista, Kamel Daoud è nato nel 1970 a Mostaganem, Algeria. Un personaggio “balzachiano”, come dice lui, ha 20 anni negli anni ’90, un paesano che termina gli studi e arriva in città. Decise molto presto di lanciarsi nel giornalismo, aderendo al Quotidien d’Oran e indagando sui massacri commessi nel suo paese. Nonostante l’insonnia, l’indicibile che si imprime nella retina, Daoud scrive, modifica, testimonia. “Il giornalismo è essenziale ma non sarà mai sufficiente per raccontare una guerra. Dico spesso che un’offesa si misura attraverso il giornalismo e che si racconta attraverso la letteratura», confidò a Madame Figaro. All’alba degli anni 2000 comincia a pubblicare e a farsi notare come autore. Segnaliamo: Minotaure 504 (2011), selezionato per il premio per il racconto breve Goncourt e in particolare il suo romanzo Meursault, contre-investigation (Gallimard, 2014, “Il caso mersault”, La Nave di Teseo). Questa pubblicazione gli fece prendere di mira una fatwa quando era finalista al Goncourt: mancò di poco il premio e alla fine vinse il Goncourt per il primo romanzo.

Con Houris, (che significa “donna molto bella promessa dal Corano ai fedeli musulmani che accederanno al paradiso”), Daoud sapeva che sarebbe stato imbarazzante denunciando l’amnesia degli atti barbarici commessi dagli islamisti. Le sue parole sono incisive e implacabili. Ha scelto inoltre di evidenziare nel suo libro l’articolo 46 della legge stabilita dalle autorità algerine denominata “Carta per la pace e la riconciliazione nazionale del 2005”, che punisce “con la reclusione da tre a cinque anni e una multa da 250.000 dinari algerini a 500.000 dinari algerini chiunque, attraverso sue dichiarazioni, scritti o qualsiasi altro atto, utilizza o strumentalizza le ferite della tragedia nazionale, per minare le istituzioni della Repubblica democratica e popolare algerina, indebolire lo Stato, nuocere all’onore dei suoi agenti che lo hanno servito degnamente , o offuscare l’immagine dell’Algeria a livello internazionale (…) » Ma se Houris è un grido di denuncia, l’autore si è difeso a L’Obs, “scrivendo di una guerra” ho cercato di immaginare “come uscirne . Ecco perché ho chiamato il mio personaggio Dawn; è l’ora difficile, tra due mondi, dove il sole e la notte convivono, ma dove le cose ricominciano”.

La scelta quindi non è stata facile di fronte a Gaël Faye, eminentemente simpatico e popolare (ha già venduto più di 173.000 copie di Jacaranda). Inoltre, bisognava decidere tra due libri relativi ai massacri (Houris, come abbiamo detto, evoca la guerra civile degli anni Novanta in Algeria, Jacaranda, il genocidio ruandese) o almeno ai suoi sopravvissuti.